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La baby T Tauri con la giacca a vento

Creato il 23 settembre 2014 da Media Inaf
Una riproduzione artistica di AS 205 N, una stella T Tauri parte di un sistema multiplo. Crediti: Image Credit: P. Marenfeld & NOAO/AURA/NSF

Una riproduzione artistica di AS 205 N, una stella T Tauri parte di un sistema multiplo. Crediti: Image Credit: P. Marenfeld & NOAO/AURA/NSF

Oggi è il primo giorno d’autunno e le giornate si fanno sempre più fresche e ventilate. Non pensate, però, che solo sulla Terra dovremo indossare cappotti e sciarpe. Un gruppo di ricercatori ha scoperto, infatti, segni evidenti di tempo “ventoso” attorno a una stella T Tauri, simile al nostro Sole ma decisamente più giovane. I dati raccolti con l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) potrebbero aiutare gli esperti a spiegare perché alcune stelle T Tauri hanno dischi che brillano in maniera bizzarra  e irregolare nella luce infrarossa mentre altre brillano in maniera standard.

Si tratta di una tipologia di protostelle che può essere paragonata a una versione “infantile” del Sole, alle prime fasi della sua evoluzione: circa 4,5 miliardi di anni fa, la nostra stella madre era una T Tauri. La prima è stata scoperta nel 1852: si trattava della terza stella nella costellazione del Toro la cui luminosità è risultata variare in modo irregolare.  Si tratta di stelle di taglia relativamente media circondate da materiale che in futuro servirà per formare pianeti rocciosi e gassosi. Nonostante siano quasi invisibili ai telescopi ottici, questi dischi protoplanetari possono essere osservati sia all’infrarosso che alle lunghezze d’onda millimetriche e sub-millimetriche.

Il team di ricercatori guidato da Colette Salyk, del National Optical Astronomical Observatory (NOAO) in Tucson (Arizona), ha osservato, nello specifico, la stella AS 205 N, localizzata a 407 anni luce ai confini di una regione di formazione stellare nella costellazione dell’Ofiuco. Questa stella sembra mostrare una strana emissione infrarossa che ha incuriosito gli astronomi. “Il materiale nel disco di una stella T Tauri, di solito ma non sempre, emette una radiazione infrarossa con una distribuzione che può essere prevista in anticipo”, ha spiegato Salyk, prima autrice dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal. “Ci sono però altre stelle T Tauri che si comportano in maniera non standard”.

Con la sensibilità e la capacità di risoluzione eccezionali di ALMA, i ricercatori sono stati in grado di studiare la distribuzione del monossido di carbonio intorno alla stella. Per gli esperti il monossido di carbonio è segno della presenza di quel particolare gas molecolare che dà origine alle stelle e ai loro dischi protoplanetari. Questi studi hanno confermato che c’è stata una fuga di gas in superficie dal disco, come ci si può aspettare in luoghi dove c’è vento. Tuttavia, le caratteristiche del vento non erano esattamente quelle che erano state previste. Questi venti, ipotizzati dagli studiosi ma mai chiaramente individuati, potrebbero avere importanti implicazioni per la formazione dei pianeti: potenzialmente possono privare il disco di una parte del gas necessario per la formazione di pianeti giganti simili a Giove, o possono mescolare il materiale nel disco e cambiare la posizione dei diversi oggetti in formazione.

Tra quello che era stato solo ipotizzato e ciò che poi è stato osservato con ALMA ci sono delle enormi differenze, forse perché AS 205 N è una stella binaria che appartiene a un sistema stellare multiplo (la compagna si chiama AS 205 S). Questo, però, ha suggerito agli esperti che il gas sta lasciando la superficie del disco perché è stato letteralmente spazzato via dalla stella compagna piuttosto che espulso dai venti stellari. Ed è qui che nasce il nuovo mistero per gli studiosi: “Stiamo guardando il vento o l’interazione tra due stelle appartenenti a un sistema binario?”, si è chiesta Salyk.

Per saperne di più:

Leggi lo studio pubblicato su Astrophysical Journal: “ALMA Observations of the T Tauri Binary System AS 205: Evidence for Molecular Winds and/or Binary Interactions”di Colette Salyk, Klaus Pontoppidan, Stuartt Corder, Diego Muñoz, Ke Zhang e Geoffrey A. Blake

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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