INTERVISTA al maestro Giampaolo Bisanti
Più orrendo d’ogni orrenda ingiuria dell’ingiuria è il sospetto»: secondo il maestro Giampaolo Bisanti, «la sintesi dell’Otello di Verdi è tutta in questa frase, che il protagonista rivolge al malvagio Jago. Tutto il resto è affidato al genio creativo del compositore ». Quarant’anni, milanese, Bisanti è stato invitato a dirigere il capolavoro del Cigno di Busseto che, inserito nell’ambito della tredicesima edizione del festival di Sant’Efisio, il 2 maggio darà il via alla stagione del teatro Lirico. «Lavorare a Cagliari è un piacere e un onore», commenta il giovane direttore. «Ho trovato un’eccellente organizzazione, persone preparate e molto competenti. Per la mia carriera si tratta senz’altro di una tappa importante. Per non parlare poi della città, splendida». QUESTIONE DI CARISMA Passione, preparazione e cura del dettaglio: questi, secondo il maestro, gli ingredienti necessari affinché si crei la chimica giusta tra un direttore e la sua orchestra. «I musicisti ci impiegano un attimo a capire se sei insicuro o impreparato. Un direttore d’orchestra non può permettersi distrazioni o cali di concentrazione, dal momento che da un suo gesto dipende la buona riuscita del lavoro di ottanta persone» spiega Bisanti, che aggiunge: «Anche il carisma personale non è un elemento secondario. Ci sono direttori dal gesto apparentemente disordinato o eccentrico, che però guidano i musicisti come fossero un sol uomo. Si tratta di una dote innata, dono di natura». Giampaolo Bisanti è ben lontano dallo stereotipo – in verità ormai datato – del direttore d’orchestra inarrivabile e dispotico. «Di solito, certi atteggiamenti aggressivi sono indice d’insicurezza», rivela. «Il nostro compito è quello di coordinare le operazioni, dobbiamo avere chiara in mente un’idea di lavoro che, però, va condivisa coi cantanti e coi musicisti. È sempre bene scambiare opinioni, la critica è ammessa purché costruttiva. Il gioco di squadra è fondamentale per la buona riuscita di un’opera lirica, e spetta al direttore farsi garante del raggiungimento del risultato».
S’illumina, Bisanti, quando parla della preparazione dell’Otel – lo cagliaritano: «Quest’opera segna l’anticipazione del Verismo da parte di Verdi, che la compose quando era già avanti con gli anni. Lo spartito prende vita lungo una linea di costante tensione, vuoi nella caratterizzazione dei personaggi, vuoi nella capacità impareggiabile di Verdi di tradurre in musica l’intera gamma delle emozioni degli uomini». Il personaggio chiave? «Probabilmente Jago, che incarna il puro male. Intelligente, o meglio, astuto, fino all’ultimo persegue i suoi piani senza avere mai un momento di ripensamento o di dubbio », risponde il maestro Bisanti. Otello, opera cara al giovane direttore milanese. «Già da tempo fa parte del mio repertorio. Mi trovo a mio agio con le tinte drammatiche, rientrano nelle mie corde». Chi sono i grandi direttori cui Giampaolo Bisanti si è ispirato agli inizi della carriera? «Nutro una grande stima per Riccardo Muti, per la sua profondissima conoscenza delle partiture e per la meticolosità. Ma attenzione, i grandi sono da studiare, non da scimmiottare. La trappola dell’emulazione può essere letale per un direttore agli esordi» ammonisce Bisanti. Che in conclusione rivela il segreto del successo di una recita: «Onorare lo spartito. Fare musica come il compositore avrebbe voluto. La vera innovazione sta nel rispettare le partiture originali». Buon ascolto a tutti. Fabio Marcello