Bruno Landeschi, romanziere geniale e interpido combattente durante il primo conflitto mondiale, s’innamora della bionda Teresa detta Trillirì, un trillo umano, un fuoco di aurora, uno sguardo di velluto nuotante nel più bell’azzurro che mai acqua di lago abbia sognato, conosciuta a Milano in un caffè.
Trillirì è una donna bambola, infantile e capricciosa, ma è proprio per questo lato bambinesco che attrae Bruno: tra i due inizia una torbida relazione che nell’immaginazione dei due amanti arriva a sfiorare l’incesto. Trillirì diventa la bambola di Bruno, che le riserva una stanza dove la ragazza si circonda a sua volta di bambole e vezzi.
L’uomo che s’era fatto una missione di dare la scalata ai cieli più inaccessibili (…) che pareva nato per conquiste gigantesche e dominii sovraumani non può più vivere senza il suo giocattolo, plasmato a suo piacimento: non scrive più, non si vede più in società. Non saranno l’aborto di Trillirì nè la convocazione in tribunale per ratto di minorenne a rompere l’idillio, ma un avvenimento inatteso a scuotere Landeschi e ad incrinare le relazione con la donna bambola: Gabriele d’Annunzio comandante di tutti gli spiriti eroici e geniali ha occupato Fiume. Bruno, affascinato dall’impresa di uno spirito affine, abbandona l’inerte esistenza nell’alcova bambolesca, e parte per raggiungere il Comandante.
Anche se all’inizio Trillirì lo segue, conquistando le simpatie di tutti, ben presto la Città di vita assorbe completamente Bruno, lo rigenera dal vizio, e non sarà difficile prevedere l’epilogo…
L’interesse di questo romanzo, scritto da Mario Carli, che proprio a Fiume ne iniziò la stesura, non risiede tanto nella vicenda dei due protagonisti, anche se il lettore che apprezza le atmosfere decadenti ne sarà sicuramente incuriosito, quanto nella sua natura di testimonianza diretta e in parte autobiografica delle vicende e dei personaggi che fecero la storia di Fiume.
A fianco dell’immaginario Landeschi, scrittore-combattente exemplum di virilità post Grande Guerra, compaiono, tra gli altri, lo stesso d’Annunzio (che ovviamente non lesina complimenti alla vezzosa Trillirì), il capitano Host-Venturi, Ludovico Toeplitz, Ulisse Igliori, Léon Kochnitzky e l’Asso di Cuori Guido Keller (s’affacciò nella saletta una testa di fauno capelluto e peluto, con un pizzo acuminato e due occhi sbarrati che avevano dell’assassino e del veggente…).
Tra realtà e finzione, riviviamo “splendore e miseria di una ribellione”; gli entusiasmi e la noia dell’impresa fiumana, la folla galvanizzata dai discorsi dannunziani, la fiumana esaltata e quasi demoniaca dei cortei che univano donne e uomini di varie nazionalità.
Fiume avrebbe dovuto essere un’impresa di vita; e invece troppi legionarii vegetarono aspettando, e si dedicarono al giuco, alla cocaina, al pettegolezzo, al complottismo.
Mario Carli, Trillirì, AGA editrice
(Un’altra lettura consigliata agli interessati, Il Porto dell’amore )