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La Banca del Sud e l’FMI

Creato il 09 dicembre 2013 da Margheritapugliese
Evo Morales, Ernst Kirchner, Lula da Silva, Chavez, Bolivia, Argentina, Brasile, Venezuela. Istituzione del Banco do Sur

I festeggiamenti per la costituzione della Banca do Sur: fra i rappresentati delle Nazioni Morales, Kirchner, Lula, Chavez

L’argomento della crisi economica che investe l’Europa non è solo complesso, ma anche per molti versi oscuro. L’Unione Europea si è dotata di un’organizzazione che prevede organismi ai quali il Sud America, in un continuo processo politico ed economico di collaborazione, aveva guardato con interesse fino a qualche tempo fa. Fino a quando non ha visto crollare sotto il peso delle condizioni del Fondo Monetario Internazionale e delle agenzie di rating i conti pubblici di alcune nazioni (soprattutto dell’area mediterranea). Solo in quel momento si è cominciato a sospettare che la Banca Centrale Europea con l’ossessione dei pareggi di bilancio stesse proponendo una ricetta che vincolasse a tempo indeterminato alcuni Paesi (il caso della Grecia è stato preso a esempio da molte nazioni sudamericane) e di conseguenza costringesse a una politica di privatizzazioni che portasse i Paesi Europei con i conti in rosso a mettersi nelle mani di investitori esteri, spesso meglio dire speculatori.

In Grecia si stanno portando avanti le stesse politiche che il FMI ha proposto anni fa in America Latina e che sono fallite” – aveva sottolineato il presidente della Banca Centrale dell’Ecuador già nel 2010: “L’America Latina non può ripetere lo stesso sbaglio, quello che fanno è solo peggiorare la crisi, i problemi economici e sociali dei paesi (…) Quello che sta succedendo grazie agli impegni dei leader sudamericani avrà una grande eco anche in altri Paesi che oggi non sanno come uscire dalla crisi”. Per questo motivo il  9 dicembre 2007 Argentina, Brasile, Bolivia, Ecuador, Paraguay, Uruguay e Venezuela firmano l’atto costitutivo della Banca del Sud. Ha cominciato a funzionare a pieno regime già a fine 2010 e si propone come alternativa regionale alle Istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Interamericana per lo Sviluppo. La Banca del Sud è una delle recenti realtà latinoamericane che inaugurano una nuova era sempre più lontana da Washington.

Gli Stati Uniti storicamente avevano fatto dell’America del Sud un proprio bacino di interessi socio-economici, soprattutto grazie alla privatizzazione delle enormi risorse naturali e dell’imposizione degli scambi commerciali adottando il dollaro come moneta di riferimento.

Ma esperienze come quella Argentina del 2001 – dove i debiti e gli interessi accumulati proprio col FMI hanno causato la svendita dei settori strategici dello Stato ai privati – hanno contribuito a rendere sempre più impopolari queste istituzioni e hanno imposto ai governi locali di darsi da fare per costruire alternative valide. Del resto è emblematico che Paesi ricchi di risorse abbiano percentuali di popolazione che vivono al di sotto della soglia di povertà altissime.

Così ecco la nascita della Banca del Sud. Si tratta di una Banca per sostenere lo sviluppo, che opera in modo diverso. Secondo l’ex ministro delle finanze ecuadoriano Diego Borja, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale erano destinati ad appoggiare lo sviluppo però con la condizione che prima ci fosse il pagamento del debito estero, dimenticandosi la loro missione iniziale. “Di fatto si sono trasformati in agenzie di riscossione con condizioni impossibili da soddisfare che hanno comportato grossi problemi sociali nei nostri Paesi”.

La nascita di questa Istituzione bancaria transnazionale ha come obiettivi la ripresa dell’imprenditoria pubblica e privata, la lotta alla criminalità e al narcotraffico, il sostegno a iniziative legate alla tutela dell’ambiente, alla creazione di infrastrutture, all’incremento di professioni legate ai servizi sociali, insomma tutte quelle attività che, per ironia della sorte, vennero adottate anche negli Stati Uniti della Grande Crisi.

Il dato sconcertante è invece come l’Unione Europea continui tetragona a perseguire l’unico obiettivo del “bilancio zero” per le Nazioni membri. Il Presidente della comunità Europea Josè Barroso ricordava qualche giorno fa in una trasmissione televisiva italiana che l’Unione Europea prevede anche stanziamenti per le politiche nazionali, di cui 30 milioni di euro verranno assegnati alle politiche Italiane. C’è a questo punto da sperare che in un momento in cui pare si navighi a vista nell’economia italiana, venga applicato uno dei diritti della Carta Costituzionale Europea dei diritti: quello alla buona amministrazione.


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