C’è a Roma, al quartiere Montagnola, una simpatica compagnia di vecchietti, ultrasettantenni e ultraottantenni, alle prese giornalmente con gli abituali problemi di tutti i “comuni mortali”: la pensione che non basta mai per arrivare a fine mese; le auto blu che scorrazzano nelle corsie riservate; la burocrazia stupida e soffocante; la salute che deve fare i conti non soltanto con gli inevitabili acciacchi dell’età, ma anche – e soprattutto – con la disorganizzazione e la mancanza di risorse dello Stato.
Ma questo non è un gruppo di vecchietti qualunque: sono ex partigiani, un po’ (tanto) incazzati per le condizioni nelle quali è stato ridotto quello Stato per il quale a suo tempo hanno rischiato la vita.
E così, tra una partita a scopa, una fila alle poste, una litigata al centro anziani e una lotta per impostare il decoder, i nostri eroi decidono, nientepopodimenoche, di rapire il premier, il capo del governo, insomma, il Silvio Berlusconi in persona.
Non si tratta né di violenza, né di estorsione: l’obiettivo della banda è di tutt’altro tenore. I particolari del piano e l’obiettivo che si prefiggono i nostri eroi vengono svelati soltanto nelle ultime venti-trenta pagine del libro, in una sequenza di azioni rocambolesche che li porteranno faccia a faccia con il rapito.
L’azione – della quale ovviamente non svelo il finale – avrà comunque un effetto “liberatorio” su di loro: gli ex partigiani possono fare questo e altro.
Fabio Bartolomei ha dato vita a una storia gradevolmente satirica che si legge agevolmente. A volte le disavventure dei protagonisti lasciano un retrogusto amarognolo, ma senza mai venire eccessivamente appesantito; senza che si piangano addosso, insomma. La voce narrante, che è quella di uno dei partigiani, imprime alla storia un ritmo scorrevole e la scrittura è sobria e misurata, senza eccessi e senza parolacce.
Un bel libro, insomma, per quelli a cui piace l’umorismo e la satira.