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La barbarie del rating e la civiltà dell’ammazzacaffè

Creato il 21 giugno 2011 da Frankezze

Le agenzie di rating e la cultura dell'ammazzacaffè
C’è un clima adatto per le cazzate e non è questo. Oltre una certa temperatura le puttanate vanno a male e io ne soffro. Ma non sono il solo.

Prendi Christian, per esempio. E’ preoccupato perché Moody’s gli ha messo sotto osservazione la nonna. Se gliela declassano, chi lo sente.

L’anno scorso Standard & Poor’s ha abbassato il rating a mia zia. Adesso quando va dagli usurai le prestano i soldi con tassi d’interesse calcolati sui quarti d’ora. “Leggi qua sul Sole 24 ore: non sei affidabile”, le dicono. Poi vanno a investire sui derivati del traffico di midollo di bambino: le materie prime sono il trend del momento.

Finiremo tutti come la Grecia? No, vi dico io, già vicecampione regionale di cazzata a squadre nel lontano 1986.

Ogni volta che ci sediamo a tavola, tutti a parlare di ‘sto rischio greco. No, non finiremo come la Grecia perché noi quella abilità nel cucinare il montone ce la scordiamo. Per non parlare della cultura del latte caprino e dell’oliva languida e carnosa. Perché l’Ouzo è molto più forte della Sambuca o dell’anisetta e noi non reggiamo nemmeno quelli. Eppoi finito di mangiare noi ce ne andiamo a scorreggiare a casa, mentre questi rimangono a ballare e riaprono la partita a suon di ammazzacaffè.

E’ proprio vero che l’amaro alle erbe del vicino è sempre più Fernet. “Ma che colpa abbiamo noi, se beviamo più di voi”, cantava il mio amico Spiros. Alla fine la nostra è tutta invidia del rene.


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