“La bella società”

Creato il 16 agosto 2011 da Cinemaleo

2010: La bella società  di Gian Paolo Cugno

  uscita italia: 21 maggio 2010

Raramente si è vista una critica così compatta nel giudicare negativamente un’opera cinematografica…

“Se esistesse un premio al peggior film italiano della stagione, questo lavoro avrebbe molte possibilità di vincerlo” (il Morandini), “La regia enfatica, la musica invadente e la recitazione a briglia sciolta fanno perdere credibilità alla pellicola” (Il Sole 24 Ore),La bella società racconta una storia con una voluta e a tratti artificiosa purezza, che sconfina in ingenuità e nel superficiale recupero filologico-generazionale di musiche, look e affiche” (MyMovies), “…tutto risulta artefatto e melodrammatico” (Cineblog), “Un affresco corale sgraziato se non imbarazzante, affidato a un cast noto ma mai così deludente” (Film.tv.it), “…una sceneggiatura  degna di una soap opera… i momenti drammatici finiscono spesso per sfiorare il trash” (FilmUp), “Mamma mia, che fumettone… Troppa carne, bruciacchiata, al fuoco” (Il Giornale), “Un film da dimenticare” (Cinemadelsilenzio).

L’intreccio di storie individuali e di Storia collettiva non è cosa facile: è riuscito al Tornatore di Nuovo cinema Paradiso, è riuscito al Giordana di La meglio gioventù, ma non riesce al giovane Gian Paolo Cugno, qui alla sua seconda prova registica.

L’intento è offrire un affresco della storia italiana dalla fine degli anni ’50 all’inizio degli anni ’80 ma il risultato è, come scrive giustamente Stefano Coccia, “un minestrone in cui sembra esserci piovuto a casaccio un po’ di tutto”. Abbiamo così malamente mescolati tra loro un profluvio di temi ognuno dei quali meriterebbe una dissertazione a parte, un mix che non può non dare risultati banali e superficiali se non nelle mani di un grande autore: si parla della condizione della donna nel Meridione, delle gelosia e sopraffazioni che affliggono molte famiglie, dei sogni di riscatto economico e sociale, dei problemi di rimanere orfani e di quelli dell’emigrazione, dei conflitti tra forze dell’ordine e dimostranti, delle Brigate Rosse, della microcriminalità che affligge grandi e piccole città… e tanto altro ancora.

Ricco il cast, ma non bene utilizzato.

Troppe scene madri e troppa enfasi costringono gli attori (soprattutto i due protagonisti David Coco e Marco Bocci) a una esagitata recitazione sopra le righe che rendono il film ancora più improbabile, per non dire imbarazzante. Raoul Bova è poco plausibile con il suo accentuato dialetto romanesco, Maria Grazia Cucinotta è perfetta nel suo ruolo (…ma in ogni film è sempre la stessa), Enrico Lo Verso e i bentornati Antonella Lualdi e Franco Interlenghi sono passabili. Giancarlo Giannini non sembra impegnarsi molto ma col suo talento riesce a dominare sempre la scena.

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