Rosella Postorino, Il corpo docile, Einaudi *Einaudi. Stile libero big* (2013), 231 pagine, euro 17,50
Nella casa del padre la bambina fissava il latte caldo senza berlo. La nonna andava a sistemare il divano. Ogni mattina toglieva le coperte e il lenzuolo di sopra, li piegava e conservava nell’armadio della sala. Lasciava solo il lenzuolo di sotto, alzava e spingeva la rete, che si piegava ingurgitando il materassino. La bambina girava la tazza nel lavandino e la nonna stipava tutto dentro il divano, nascondeva il letto sotto i cuscini di velluto marrone. Le ciabatte nella scarpiera, e Milena non c’era mai stata.
Milena ha tre anni quando la separano dalla madre e la affidano alla nonna e al padre. Sembrerebbe una storia come tante altre, in cui la madre esce di scena per un motivo qualunque. E invece la storia di Milena è una storia speciale, come ancora ce ne sono tante e sempre troppo poco raccontate; è la storia di una bambina che è nata in carcere, è rimasta dietro le sbarre con la madre per tre anni e poi è stata liberata. Ma mai completamente.
Legata a quel breve periodo della sua vita, quello che segna il carattere e forse anche il futuro, aiuta con una associazione i figli che nascono in carcere.
Il suo corpo è docile, malleabile, si lascia amare da Eugenio, cresciuto anche lui in prigione, e viene strattonato, come per essere svegliato da un torpore che lo addomestica, da Lou Rizzi, giornalista dal nome improbabile e dal fare che la affascina. Nonostante tutto. Nonostante sia sfuggente, nonostante si sia impegnato come tanti a raccontare la storia dei bimbi nati in ospedale ma non lo faccia fino alla fine, nonostante si leghi a Milena che non accetta legami.
Il suo corpo è docile ma la sua anima scalpita. Dentro di lei la passione, la rabbia, il senso di abbandono, la voglia di libertà vera, di rivalsa su un passato in cui in carcere era una bimba rinchiusa e fuori era la figlia di un padre che tradiva la madre e una bambina che non lasciava traccia di sé in casa della nonna.
Se fossi una che sottolinea le frasi calzanti, che scavano dentro, nei romanzi, questo libro l’avrei sottolineato tutto. Ogni parola, ogni dialogo, ogni espressione sembra scelta con la massima cura e il massimo rispetto, prima di tutto della storia e poi, ma neanche con troppa distanza, del lettore. Il lettore si sente parte non solo della vicenda (interessante ed emotivamente intensa), ma dell’intero processo narrativo. Lo stile è diverso dal solito; fin dalle prime battute ti accorgi che sei davanti a una Scrittrice, che ha chiari gli strumenti del mestiere e non li utilizza per accattivarsi il favore dei lettori, ma per raccontare la sua storia.
Rosella Postorino è una editor bravissima (lo dicono gli scrittori che hanno avuto la fortuna di lavorare con lei); è abituata quindi a fare un lavoro, con le storie e con le parole, “di testa”, razionale: lei ascolta i libri, ne sente la voce e la modula dove tende a stonare.
Il corpo docile sembra un romanzo scritto di pancia, con la massima spinta al narrare con una voce profonda che tocca la parte più intima di chi la ascolta. E quando ti trovi a leggere le ultime pagine senti una fitta di malinconia perché sai già che questo pezzetto di mondo che lei racconta ti mancherà. E un po’ ti mancherà anche la bella e delicata voce narrante di Rosella. Fino al prossimo romanzo.