Ci sono notti in cui non riesci a dormire.
Per il caldo, per i pensieri, per gli attacchi di panico improvvisi.
E ci sono libri che sanno accompagnarti fino all’alba di notti così.
La bellezza delle cose fragili è uno di questi libri. Un libro delicato, un romanzo forte e disordinato su una famiglia, come tante ma unica.
Storie che si intrecciano, padri con pesi troppo grandi, madri che non sanno come comportarsi, e figli riflesso inconsapevole dei genitori.
D’altra parte, lo diceva anche Tolstoj, tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.
La famiglia Sai è una famiglia felice, o forse no, è infelice in un modo completamente diverso, perché ci si aggiunge il fatto di essere immigrati, di non saper restare.
La storia inizia in Ghana, e intorno al Ghana e alla sua mancanza tutto si sviluppa.
Un intreccio a volte disordinato, confusionario, ma sempre lineare, mai difficile ritrovare il bandolo della matassa. Si segue il filo dei ricordi, degli avvenimenti presenti e passati. E si trova il punto d’arrivo. O forse, solo un nuovo punto di partenza.
La bellezza delle cose fragili finisce di diritto in cima ai libri belli.
Quei libri che ci mettono un po’ a conquistarti, ma quando lo fanno riescono a farti perdere tra le loro righe e le loro parole, fino a farti alzare gli occhi e vedere il cielo che si colora di rosa e azzurro, e ti fanno pensare di non aver perso per niente la notte e il tuo tempo.
La famiglia Sai non ti fa venir voglia di farne parte, ma ti fa pensare che, sul serio, tutto abbia un perché, tutto abbia una fine, e non sempre alcuni avvenimenti siano negativi, non completamente almeno.
È inutile amare con tanta forza, perché la forza non viaggia, non trattiene, non protegge, non va dove va chi amiamo, non fa da scudo – eppure, quale altro modo di amare è possibile?
Titolo: La bellezza delle cose fragili
Autore: Taiye Selasi
Traduttore: Federica Aceto
Edizione: Einaudi Super ET, 2015