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La bellezza è un pregiudizio – di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Creato il 25 febbraio 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

La bellezza è un pregiudizio – di Iannozzi Giuseppe aka King LearLa bellezza è un pregiudizio

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Per giorni la neve è venuta giù come dio comanda.
Ha imbiancato e seppellito tutto.
In tivù hanno parlato d’un’ondata di freddo siberiano.
In alcune zone del Piemonte si sono toccati i quaranta gradi sotto. Brutta bestia l’inverno. Molti i veci stecchiti subito seppelliti alla boia d’un giuda. Finito di nevicare è venuto il freddo.

Dopo due settimane dall’ultimo chicco di neve le strade accolgono ancora montagnole di ghiaccio.
La neve che s’è sciolta ha mostrato i suoi tesori: merde di cani. Sono rimaste per giorni e giorni congelate, ma il primo sole le ha fatte sbocciare a nuova vita. I marciapiedi ne sono pieni. Bisogna fare attenzione quando si cammina, il rischio è di scivolare. Ho già visto una virago sulla cinquantina, impellicciata e addobbata come una battona, dare una culata della madonna, e non uno che se la sia cagata. Per alzarsi da terra è stata costretta a sporcarsi le mani.

Mi stavo recando da quel pretaccio, che per comprarsi il Paradiso, di tanto in tanto fa un po’ di carità, coi soldi dei parrocchiani però, ai poveracci come me. Per poco non mi rompevo l’osso del collo, tutta colpa d’una copia d’un giallo gettato per terra. Le pagine spiaccicate sull’asfalto restituivano l’impressione d’una farfalla schiacciata da un rullo compressore. Le pagine erano già in via di decomposizione, anche se in copertina si riusciva ancora a leggere che la bellezza è un pregiudizio. Un libro macerato nell’acqua può diventare più insidioso di qualsiasi lastra di ghiaccio, roba da coma sicuro.

In parrocchia non ho trovato un cristo.
Ho urlato come un ossesso lungo tutta la navata.
Niente.
Persino la mia eco m’è tornata indietro ovattata dopo il tempo d’un’eternità.

Di nuovo all’addiaccio ho buttato l’occhio d’attorno: non un cane, neanche l’ombra d’un questuante. Ho abbordato il primo pischello che m’è capitato a tiro e gl’ho scroccato una sigaretta. Quello non ha fiatato, ha tirato fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto malconcio e m’ha fatto un cenno con il capo. Mi sono cacciato la Camel in bocca e gl’ho chiesto d’accendere. Non ha replicato e subito s’è squagliato lasciandomi da solo a fumare qualche magra boccata di morte.

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