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C’è un posto dove il tempo sembra non faccia presa sul mondo. Come se il mondo iniziasse esattamente da lì. Un pugno di case, quasi sulla sommità del passo del Bocco. Faccio quella strada da quando sono nato. Terra di confine tra Liguria e Emilia. Per me è una landa fatata. Quando devo transitare per il Passo del Bocco cerco sempre di partire prima, per fermarmi qualche minuto su una panchina che sembra essere messa lì, apposta per guardare il vuoto. Una vecchia panchina di pietra.
L’altro giorno, alle sette di mattina, quella sedia di pietra era occupata da un anziano con la pipa. Solo, giaceva in una polla di acre silenzio. Tra la nebbia appenninica. Densa. Guardava l’ovvia bellezza della campagna. Mi sono seduto anch’io, dopo aver fatto un breve cenno con il capo. Mi sono rollato una sigaretta. In silenzio. Tutti e due avevamo uno sguardo vicario, despota, verso il panorama mozzafiato. La collina che declina, fino quasi a sfiorare un lembo di mare, giù in fondo. Guardavamo il nulla che, come ebbe a dire Monet, è il tutto, sorpreso in un momento di momentanea assenza.
Per me quel posto è come la piramide di Cheope o il Colosseo o un castello della Loira. È esattamente la stessa cosa, perché il valore - non immobiliare, ma paesaggistico, culturale, storico – del passo del Bocco è altrettanto inestimabile.
E allora dico: che cosa ci fanno quei pali della luce che sviliscono l’effetto? Mettereste una grondaia alla piramide di Cheope? E una antenna parabolica sulla facciata di un castello?
I pali della luce appartengono a una specialità tutta italiana: il nostro è il Paese dove non uno - dicasi uno - dei suoi innumerevoli stupendi paesaggi non sia segnato dal passaggio di un elettrodotto. Dove all'Enel non gliene frega niente della bellezza e men che meno della sua salvaguardia. Si dice che costa troppo interrare i cavi elettrici, ma cosa è “troppo”? Quale cifra è ”troppo” per conservare la piramide di Cheophe? Ma non ci sono enti, movimenti, autorità, partiti, che si sono dati l'impegno della tutela e dell'educazione ambientale e del contrasto alla deturpazione?
E mi sovviene che non ho mai visto un parlamentare dei Verdi, né un presidente di parco, né un segretario di associazione ambientalista incatenato a un traliccio, a digiunare sotto un elettrodotto. Magari funziona, no? E ho così la frustrante impressione che, qui da noi e solo qui da noi, i politici dell'ambiente, quelli che in suo nome prendono voti e incarichi, abbiano lo sguardo sempre più alto delle quotidiane brutture e delle locali nefandezze.
Immersi nell'empireo cielo delle grandi battaglie, quelle che non si vincono e non si perdono mai, quelle che garantiscono una rendita politica eterna...
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