Magazine Psicologia

La Bellezza nelle organizzazioni.

Da Anna
La Bellezza nelle organizzazioni.Storia di un umanesimo imprenditoriale
La bellezza, insieme all'amore, la verità e la giustizia, rappresenta un'autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici,, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltàAdriano Olivetti.
Solo per caso. Siccome sono convinta che il caso non esista, mi sono soffermata ad ascoltare un programma dedicato alla vita e alla visione di Adriano Olivetti.
Abituati a cercare fuori dal nostro Paese grandi leader e guru come lo è stato Steve Jobs, la nostra memoria si è dimenticata di una figura illuminata, come lo è stato Olivetti e il suo “umanesimo imprenditoriale”.
La sua esperienza fu un esperimento ambizioso che funzionò: il conflitto sociale e ideologico_ diceva_ non si risolvono con il compromesso fra le forze in campo, ma con la sintesi fra le idee”. Questo il suo pensiero.Un anticipatore della crisi attuale. Le fratture che egli tentava di ricomporre, fratture sociali, si sono oggi trasformate in voragini senza fine con il risultato di produrre l’attuale schizofrenia da cui dovremo prima o poi guarire.
Egli capiva che può esistere il binomio profitto/solidarietà. Pensava, infatti, che quanto più il benessere è distribuito, tanto più si possono creare coesione e coinvolgimento attorno alle strategie che un’azienda e/o una comunità perseguono. Olivetti operò sulla via di una sintesi più alta in cui non solo il profitto consentiva solidarietà, ma la solidarietà implicava profitto perché attraverso di essa era più facile coinvolgere la forza lavoro. E’ l’esatto contrario di ciò che viviamo oggi: profitto fine a se stesso, centratura della finanza, una solidarietà a qualche opera filantropica.
Nella sua visione, la cultura migliorava la produzione e i prodotti. Infatti, era alla continua ricerca di persone che utilizzassero il pensiero critico e creativo come risorsa economica, contribuendo a migliorare la qualità e la velocità delle risposte ai problemi quotidiani. Per intenderci, nelle fabbriche olivettiane, l’operaio spesso camminava con libri sotto braccio, segno di una forte cultura orientata alla continua ricerca e alla continua formazione. Impresa e cultura erano parte di uno stesso organismo, si alimentavano e arricchivano reciprocamente.
 Adriano Olivetti aveva una visione antipartitica che nasceva dalla consapevolezza di come gli stessi partiti selezionassero già allora la classe dirigente sulla base della fedeltà e non della competenza, dell’appartenenza e non della capacità critica.Coglieva  in anticipo che il vero costo della politica è quello di legiferare inseguendo i problemi, senza le necessarie competenza tecniche per anticiparli.
Egli immaginava un bicameralismo formato da una camera formata in base ai voti e dunque rappresentativa (perchè una parte della responsabilità rimane dei cittadini!) e una formata in base alle competenze e dunque funzionale. Oggi, i nostri politici non solo sono corrotti, inetti, ma soprattutto sono incompetenti, cosa che non possiamo più permetterci. (Mi permetto di ricordare come una nota rappresentante politica ha affermato poco tempo fa che per fare questo mestiere “non bisogna poi essere tanto competenti”!_ alla faccia delle migliaia di euro che tutti noi cittadini elargiamo tutti i mesi …)
Andando avanti, voglio soffermarmi sul rapporto tra città e campagna. Ancora una volta, le mancate sintesi generano piccoli mostri. Implementiamo il consumo del suolo con nuovi quartieri a discapito del centro costruendo periferie anonime e grigie; nuovi capannoni, nuovi centri commerciali dove si formano di fatto le identità delle nuove generazioni. Non più cittadini della polis, ma consumatori dei centri commerciali.
Attualmente ogni territorio si è impoverito sia dal punto di vista economico che culturale. Mentre nella visione olivettiana, la Comunità concreta era aperta al mondo, animata da una tensione anche culturale internazionale, da “abitanti del territorio e cittadini del mondo”. Già allora, pensava alla globalizzazione sintetizzando il rapporto tra locale e globale.
Fu il primo a domandarsi: perché il profitto non deve coincidere con l’estetica?
Infatti, immagina una fabbrica con una immensa vetrata perché la maggior parte degli operai erano contadini e, quindi, non voleva snaturarli rinchiudendoli nelle quattro mura di uno stabilimento. Tutt’intorno alla fabbrica c’erano boschi, giardini, un vero approccio estetico ed umano. Oggi si parla di impatto ambientale, ma già in quegli anni Olivetti diceva di costruire case al massimo di due piani. Aveva una visione della vita a dimensione d’uomo. Non a caso egli parlava di smart city, non troppo grandi né troppo piccole poiché il suo principio era far integrare l’alto dirigente con l’operaio nello stesso tessuto urbano e con l’ambiente.
Oggi il modello olivettiano dovrebbe essere rivisto a partire dalla visione della comunità, in rapporto con la propria storia e con la bellezza del nostro territorio. Qualsiasi essere umano vive bene se circondato da cose belle, su questo ne sono assolutamente convinta!
Penso che oggi più che mai, l’Italia non abbia più bisogno di leader carismatici o tecnici, ma dovrebbe semplicemente rispolverare le risorse che ha avuto nei momenti migliori. Olivetti dovrebbe essere il punto di riferimento di almeno una buona fetta degli imprenditori e dei governanti ma, penso che attualmente non esista nessun imprenditore e nessun politico di quel tipo.
 "Abbiamo voluto che la natura e la luce accompagnassero la vita della fabbrica per non trasformare nessuno in un essere troppo diverso da quello che vi era entrato"
 

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :