Non solo il cielo è popolato di angeli. Anche sotto, quel cielo, c’è un intero universo abitato dalla bellezza. Volti, mani, schiene, pance, piedi, gambe, braccia. Ali. Sono le presenze che popolano l’orizzonte fotografico di Martin Vegas.
Il bello di gestire un blog e una pagina facebook, stando fra le maglie della rete, è la possibilità di conoscere – virtualmente o realmente – persone che hanno più o meno i miei stessi interessi. E in questo oggi le possibilità di incontro sono moltiplicate all’inverosimile; si va subito al sodo. Non c’è bisogno di stringersi la mano per poi scoprire che entrambi amiamo i cimiteri, ma ci conosciamo proprio per via di quell’amore, di quell’interesse. E poi magari ci stringiamo anche la mano.
Ecco, fra i molti incontri mediati dal mio essere Salone del lutto ce n’è uno che ho fatto tempo fa. Martin Vegas ho iniziato a studiarlo a distanza, sedotta dalla bellezza degli scatti che pubblica sulla sua pagina facebook. Il primo che vedo, manco a dirlo, è un angelo. Un angelo berlinese, un angelo donna, col volto lievemente reclinato in basso e la mano sinistra sensualmente appoggiata al petto, sul morbido panneggio della veste. La foto è un bianco e nero che esalta le luci e le ombre, da cui emergono ogni volta dettagli diversi, quasi ti parla. E tu non vedi l’ora di ascoltare.
Alter Domfriedhof der St. Hedwigsgemeinde, Berlin
Poi Martin e io ci siamo conosciuti. Ho scoperto che, oltre al suo sito ufficiale in cui sono raccolti i suoi lavori ad ampio raggio, che comprendono foto dedicate ai cimiteri ma anche ad altre tematiche (ad esempio il lavoro Midnight in Paris, che ci mostra una Parigi onirica e silenziosa, popolata di bianche statue che ce ne restituiscono un’immagine completamente diversa), ce n’è un secondo, forse meno noto, abitato da angeli e ricordi di un tempo passato, cristallizzato nel marmo: arte – celeste – sotto il cielo, Art Under the Heaven. A quel punto la curiosità è salita, ci scriviamo, lo chiamo. E mentre gli parlo al telefono ho sotto gli occhi il suo scatto dell’Angelo della notte, realizzato da Giulio Monteverde nel 1885. Si trova al Verano, a Roma, dove io non sono mai stata. Sembra che stia pensando a qualcosa. A una lontananza dalle stelle forse, perché la lontananza dalle stelle è, etimologicamente, il de-siderio.
Angelo della Notte, Giulio Monteverde, 1885
Quando gli parlo, comprendo che siamo più o meno coetanei, ma in lui questa passione è radicata in modo molto più profondo che in me. Per “anzianità” di frequentazione. E per profondità di approccio. «Ho iniziato a frequentare cimiteri quando avevo 13 anni. Per la prima volta, a Londra, scoprii l’esistenza del churchyard di una chiesa. Da allora, ogni mio viaggio comprende una visita al cimitero, perché è un luogo che può raccontare molte cose della storia e della cultura di un popolo». È profondamente vero, e mentre me lo dice fisso sul video gli occhi magnetici di Desolazione, l’opera di Vincenzo Vela che nel Cimitero della Certosa di Bologna è posta di “guardia” alla cappella Gregorini Bingham. In realtà, dopo poco mi persuado che sia lei a fissarmi, a calamitarmi quasi, un po’ come riesce a fare l’angelo Monteverde, a Staglieno.
Desolazione, Cappella Gregorini Bingham, Vincenzo Vela, 1875
Proprio quell’angelo, con cui in moltissimi si sono cimentati, Martin l’ha immortalato più volte, in modi e con climi sempre diversi, perché «la stessa statua comunica emozioni diverse a seconda dei momenti. C’è lei, c’è la luce, e c’è un trasporto, il mio, che non mi lascia mai indifferente». Ma a Staglieno Martin di foto ne ha fatte moltissime altre, perché tutto il cimitero è uno dei suoi soggetti preferiti, e infatti il suo sito è popolato di corpi sensuali, nudi, forme di abbandono dolce o disperato. A volte il bianco/nero diventa quasi argenteo, luccica e abbaglia. Altre volte si fa colore e si trasforma in una luce aranciata, calda e avvolgente. Mi soffermo, in particolare, su una delle mie sculture preferite, L’ultimo bacio realizzato da Luigi Orengo per la giovane Maria Francesca Delmas, morta a soli 25 anni in un tragico incidente. Ad accompagnarla di là il suo amante: un bacio sulla fronte e due mani a comprenderne tutto il corpo. Morire è come cadere nel sonno. Tutte le volte che contemplo questo addio me ne persuado.
L’ultimo bacio, Tomba Delmas, Luigi Orengo, 1909
Cosa ci racconta, un cimitero? A guardare le foto di Martin, tutte insieme, la prima parola che viene in mente è insieme semplice e complessa: “bellezza”. Una bellezza di braccia aperte contro il cielo, schiene nude, seni che allattano o che si svelano aggraziati e prepotenti oltre la veste, e volti languidi e mani e piedi e pance e abbracci. La bellezza che racconta Martin Vegas è, soprattutto la bellezza del corpo, che fra metà Ottocento e gli inizi del Novecento fu raccontata senza vergogna, a tratti quasi gridata, consegnandoci opere sublimi. «Il mio interesse è innanzitutto estetico, ma poi anche legato alle storie. Ed è un interesse che si è precisato nel corso del tempo, mediato anche da studi e letture. Il tema erotico non l’ho colto da subito, ma è comunque presente nel mio lavoro come un approccio accidentale della mia ricerca estetica». Gli esempi che si potrebbero fornire per corroborare queste affermazioni sono molti. A me, ad esempio, viene in mente la plasticità del corpo di donna adagiato sulla tomba Burrano, sempre a Staglieno, oppure un’opera più recente preservata nel Monumentale di Verona: l’amore e il sesso dall’alto di una balconata.
Tomba Burrano, Pietro da Verona, 1920
Ecco, allora, che questa bellezza non ci resta che invitarvi a scoprirla, attraverso una foto oppure varcando una soglia, quella di un cimitero, senza preconcetti, senza paure, ma con lo spirito adatto a cogliere un qualcosa di sublime e di eterno.
Monumento Lionello Fiumi, 1973, Cimitero Monumentale di Verona
di Silvia Ceriani
Foto Martin Vegas
Informazioni
Per conoscere il lavoro di Martin Vegas si può andare sul suo sito ufficiale www.martinvegas.com o su www.undertheheaven.com, dedicato ai cimiteri italiani ed europei. Questo, invece, è l’indirizzo della sua pagina facebook.
Martin Vegas ha esposto i suoi lavori a New York, Parigi, Dubai e in varie località in Italia. Per contattarlo, scrivete a [email protected]
Se volete saperne di più sulla scultura funeraria fra Otto e Novecento, potete leggere: Franco Sborgi, Staglieno e la scultura funeraria ligure tra Ottocento e Novecento, 1997 Artema, Torino