Continua la serie delle immagini “messianiche”, anche nei titoli. Questa, la n. 96, ad esempio si intitola “Promessa a Gerusalemme”, sulla base di Isaia 54,6-10: “Sorgi! Rivestiti di luce…”. Notare come Chagall prenda alla lettera il testo: un uomo si riveste di un tessuto luminoso, dotato di ali, che gli aderirà addosso e lo trasformerà in angelo, come suggerito dalla figura al centro a destra. Un angelo che vola lungo la curva dell’arcobaleno, come la Iride della mitologia greca, ma soprattutto come il messaggero celeste che annunciava la pace a Noè dopo il Diluvio (vedi illustrazione n. 4).
Già in quell’occasione emergeva un’allusione di Chagall all’idea di “divinizzazione” tipica della teologia della Chiesa ortodossa, il pensiero religioso dominante in Russia. Qui comunque, ancora una volta, Chagall mantiene rigorosamente distinti i piani: per l’umanità, diventare luce, diventare angeli significa partecipare alla condizione del Divino, ma non di Dio nella sua invalicabile trascendenza, HaShem. Lo sottolinea la sfera luminosa con il Nome di Dio, in alto a destra, che si libra a un livello superiore rispetto all’angelo.
Come rimando esterno, anche quest’immagine riutilizza in parte l’iconografia cristiana della Risurrezione. Come rimando interno, la si può interpretare come l’“inveramento” della n. 16 “La lotta [di Giacobbe] con l’angelo”. Uomo e angelo non sono più in lotta, sono diventati Uno. Ma questo è possibile, e sensato, solo quando si sia toccato il punto finale della Storia umana. Fino ad allora, cioè per tutti i secoli dei secoli, il rapporto tra umanità e Dio rimarrà dialettico, “teso”, “contro-verso”, anche ambiguo. Tant’è vero che l’immagine più tragica disegnata da Chagall per la Bibbia si trova ancora più avanti (la n. 101, come vedremo).
Infine, spingendomi un po’ più in là, provo a ipotizzare che il personaggio barbuto raffigurato nell’incisione 96 sia Michelangelo Buonarroti, il grande pittore della Bibbia. È come se Chagall volesse rendere omaggio al suo esimio collega facendogli ricevere il “premio celeste” che merita. Michelangelo aveva scolpito i Prigioni, simbolo dello spirito che fatica a svincolarsi dalla terra; adesso non è più prigioniero, ma avvolto nella luce. Michelangelo, nel Giudizio universale, aveva inserito il proprio autoritratto in forma di una pelle scuoiata; adesso lo riveste una pelle angelica! Anche il gesto delle due braccia richiama il Giudice finale della Cappella Sistina. Se è così, lo humour di Chagall è pari solo al suo genio.
dhr