E non casereccio, come ci tiene a sottolineare lui, Maurizio Cattelan, l’artista più famoso del mondo, definizione attribuitagli dal critico d’arte Francesco Bonami nell’Autobiografia non autorizzata edita da Mondadori. Bonami parla in prima persona come se lui fosse nella testa di Cattelan, come in Being John Malkovich, cercando di ricostruire quelle che sono le tappe fondamentali della sua vita che lo hanno portato a scappare dalla nebbia puzzolente di Padova per diventare quello che è, un artista dissacrante e ironico per alcuni, eccessivamente sopravvalutato per altri. Da quanto ho letto, non poteva andare diversamente, nel senso che prima o poi se ne sarebbe accorto, di essere un artista e allora avrebbe dovuto seguire la sua strada a qualunque costo. Fortunatamente l’illuminazione l’ha avuta abbastanza in tempo da non dover rivoluzionare più di tanto la sua vita che, tra parentesi, è una cosa che gli artisti detestano fare. Sì perchè Maurizio Cattelan forse non lo sa, ma rispecchia e incarna tutte le caratteristiche fondamentali che un vero artista con la A maiuscola deve avere, per essere identificato tale. Essere artista non è un mestiere, è un prototipo caratteriale: ci nasci, non ci diventi. E lui c’è nato, artista, con tutte le sue paure, le sue fragilità, la sua incostanza ma anche e soprattutto, l’abitudinarietà. Tutti pensano che gli artisti siano dei viaggiatori, degli estroversi, degli eclettici. In realtà ciò che più li tranquillizza sono i ricordi infantili, le mura domestiche, il pane inzuppato nel latte. La vita, la società, è qualcosa di estremamente spaventoso per loro, che li porta a cercare le certezze nelle piccole cose, lontane dalla realtà. Ma c’è un qualcosa che li rende inquieti e che li fa fuggire, da tutto e da tutti: l’eterna insoddisfazione.
Una volta mi è stato chiesto di definire cos’è un artista. Ho risposto dicendo che un artista è colui che fagocita idee. Non le elabora, non le fabbrica, non le produce: le fagocita, le visualizza già fatte e le inghiottisce, per poi farle diventare, alla fine del percorso, opere d’arte. Quindi se ci pensate è come se le idee fossero cibo e le opere d’arte escrementi; gli artisti infatti le proprie opere un po’ le considerano escrementi, perchè queste idee che loro con tanto sforzo hanno tentato di rielaborare difficilmente riescono a prendere la forma che volevano dargli e allora è qui che nasce l’eterna insoddisfazione: il tormento di non riuscire pienamente a far vivere materialmente le idee che precedentemente erano state rubate da qualche parte. Perchè il bravo artista, come diceva Picasso, ruba, non copia, e Maurizio, anche se non si crede Picasso, a differenza di tanti altri suoi colleghi, sente di essere un vero artista in quanto ruba: biciclette, in primo luogo, dalle quali non si separa mai, poi idee. Idee che sono figli per lui e che quindi vanno accuditi, curati, educati, nelle quali vengono riposte tutte le energie e tutti i sentimenti. Si definisce anche una formica globale, nel senso che accumula idee per i tempi bui, per quando queste verranno a mancare. Tutto ruota attorno all’arte e nessuno si può frapporre tra l’artista e la sua arte: ecco quindi che Maurizio ammette la sua incapacità di portare avanti una relazione con una donna, le donne lo spaventano e forse assorbono ciò che per diritto deve essere destinato all’arte. Le donne saranno sempre e solo amanti per gli artisti, perchè la vera compagna di vita è sempre e solo l’arte.
