I due ricercatori hanno sostenuto che ««uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l’aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile». Essi ritengono lecito l’aborto post-partum finché il soggetto non è «in grado di effettuare degli scopi e apprezzare la propria vita». E’ questo che, secondo loro, significa diventare «persone nel senso di ‘soggetti di un diritto morale alla vita’». Tuttavia «i feti ed i neonati non sono persone, sono ‘possibili persone’ perché possono sviluppare, grazie ai loro meccanismi biologici, le proprietà che li rendono ‘Persone’». E’ lecito ucciderli perché «affinché si verifichi un danno, è necessario che qualcuno sia nella condizione di sperimentare tale danno».
L’indignazione è stata internazionale, anche se nel nostro articolo abbiamo sottolineato come tale pronunciamento da parte dei maggiori esponenti della bioetica laica, ovvero quella che si oppone alla visione cattolica della vita, dimostrano a loro volta l’aberrazione dell’aborto, dato che non vi è alcuna differenza di status morale tra un bambino il giorno prima della nascita e un giorno dopo: «Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto post-nascita», scrivono i due ricercatori. Il presidente della Consulta di Bioetica Onlus, Maurizio Mori, non ha voluto prendere le distanze da Giubilini e Minerva, sostenendo che «non si può, tuttavia, dire», ha affermato, «che la tesi sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili».
Ebbene, l’11 gennaio scorso all’Università di Torino, i due responsabili della Consulta di Bioetica hanno ribadito la loro posizione. Hanno ringraziato Maurizio Mori, direttore del master di Bioetica all’ateneo di Torino, per aver organizzato il dibattito e il loro maestro, il laicismo Peter Singer, secondo il quale: «Nè un neonato nè un pesce sono persone, uccidere questi esseri non è moralmente così negativo come uccidere una persona [...]. «I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli».
Tuttavia Giubilini e Minerva si sono spinti anche oltre: «noi abbiamo aggiunto solo un pezzetto: il fatto che non occorra che il neonato sia disabile per poterlo uccidere». Inoltre, «non basta per esempio provare piacere o dolore, perché ciò avviene anche a un feto, serve uno sviluppo neurologico superiore, cioè avere degli scopi, delle aspettative verso il futuro, provare un interesse per la vita. E un neonato non li ha». Maurizio Mori, presente alla conferenza, ha aggiunto che la loro tesi è un argomento degno di serio dibattito: «Siete troppo modesti. Non avete aggiunto solo un pezzetto, avete anche inventato un nome: aborto post-nascita».
In una situazione “paradossale” si è detto Giovanni Fornero, storico della filosofia e dichiaratamente laico: «la bioetica laica reagisca: come dice Bobbio, non lasciamo ai soli cattolici la prerogativa di combattere affinché il precetto di non uccidere sia rispettato». Presenti all’evento anche i cattolici Assuntina Morresi e Adriano Pessina, che ovviamente hanno smontato le assurde e criminali tesi della bioetica laica.