Si parla naturalmente di quantità, perché per valutare la qualità non esiste per ora altro strumento se non la strettissima soggettività di ciascuno: ma i freddi numeri, al di là dell’impressione personale che se ne può avere, dicono che la blogosfera sta bene, benissimo, e anzi migliora anno dopo anno.
Certo, si può obiettare sul metro di misurazione, e sarebbe più interessante conoscere come cambia questo dato se anziché un arco temporale di 30 giorni si considerasse un periodo ben più breve periodo, ad esempio la settimana o addirittura le 24 ore del giorno. Ma la rilevazione – relativa ad agosto di quest’anno – si basa su queste tempistiche, e va analizzata seguendo la sua peculiare costruzione. Le stime per il futuro, poi, sono ancora più rosee: la crescita è stimata costante per il prossimo quadriennio, con previsioni che portano a considerare 150 milioni di lettori nel 2014 (a quella data sarebbero il 60% della popolazione del web).
Va bene, è facile essere lettori, ma per quanto riguarda la produzione di contenuti? Cambiano le cifre, come è ovvio che sia, ma non il trend verso l’alto.
I blogger statunitensi, secondo eMarketer, sono infatti saliti a quota 26,2 milioni e rappresentano l’11,9% degli utenti complessivi di Internet, in crescita rispetto ai 22,9 milioni del 2008: anche in questo caso la rilevazione inquadra come blogger attivi quelli che hanno effettuato almeno un aggiornamento mensile (senza preoccuparsi della qualità o lunghezza degli update ma concentrandosi, per necessità di ricerca, su un criterio discutibile eppure, se non altro, almeno assolutamente oggettivo). Le stime di crescita, ancora una volta, portano a supporre un incremento di blogger di qualche milione di unità entro il 2014, quando si ipotizza un approdo a quota 33,4 milioni di autori unici.La blogosfera, dunque, appare ancora viva nonostante i continui annunci mortuari pubblicati da alcuni sedicenti guru della Rete. I social network e il microblogging hanno sicuramente cambiato radicalmente le modalità della produzione di contenuti su Internet, travasando una parte degli sforzi dai blog agli status update, ma hanno al contempo inaugurato nuove forme espressive che prima difficilmente sarebbero venute alla luce.
Non è del tutto vero, dunque, che i media sociali abbiano fagocitato i blog togliendo loro ossigeno e spazio d’iniziativa, perché essi restano tuttora il luogo d’elezione del ragionamento e del contenuto originale: i primi hanno senza dubbio dato sfogo alla pratica del life streaming, questo sì, nonché spostato lo spazio della discussione, come dimostra per altro anche il crollo del numero medio dei commenti e la necessità di dover spesso “correre ai ripari” con servizi esterni capaci di recuperare ciascuna reazione (su Facebook, Twitter, FriendFeed o su altri blog che hanno linkato un nostro post) ai propri articoli; ma i secondi, i blog appunto, rimangono punti fermi nella produzione di contenuti (anche se non sono più i soli) e ai vertici nelle classifiche delle fonti di approvvigionamento di cui sono ghiotte le reti sociali di Internet.