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Metti insieme il tema scottante e drammatico dei suicidi con un film di animazione ed ecco servito il pandemonio.
E' bastato davvero poco lo scorso anno per accendere la miccia della censura e dei benpensanti, quando Patrice Leconte ha presentato il suo lavoro a disegni che rispecchia in modo ironico e fuori dalle righe la crisi di oggi. Purtroppo, infatti, ancora si è legati all'idea che animazione=film per bambini, con genitori e parentado che si fidano fin troppo di questa regola che potrebbe/può scandalizzarli quando questa animazione è invece rivolta proprio e solo a loro.
Non nuovo all'argomento, questa volta Leconte affronta il suicidio in modo molto diverso rispetto al poetico La ragazza sul ponte, lasciandosi andare a ironia e politically scorrect.
La bottega dei suicidi è ambientata nei nostri tristi giorni, dove la crisi economica, lavorativa e anche sentimentale la fa da padrone, portando i più alla decisione di porre fine a questi dolori. Con il numero sempre in crescendo dei morti, il governo entra in azione, vietando i suicidi in pubblico -pena una salata multa.
In tutta questa depressione, in questo grigiore che contagia anche l'ambiente, c'è chi invece fa affari e guadagna: la bottega di Tuvache, che offre alla sua clientela modi eleganti, sorprendenti e originali per uscire di scena. Nessun sentimentalismo, nessun tentativo di distogliere il cliente dai suoi intenti, ma l'esercizio del commerciante compiuto fino in fondo. Anche perchè, come Mishima dice: "da noi nessuno è mai tornato a lamentarsi!".
Ma qualcosa nella bottega cambia radicalmente alla nascita del terzo figlio. Dopo il voyeur e feticista Vincent, e l'annoiata Marilyn, arriva Alan, sorridente e felice come mai si era visto prima tra quelle mure. Il suo spirito ottimista, la sua ingenuità e freschezza mette da subito -e finalmente- in crisi i genitori, che non ne vedono affatto un buon erede che possa innalzare i loro affari.
Preoccupato e deciso a porre fine a un clima così lugubre, Alan inizierà infatti a progettare un piano che possa finalmente cambiare le cose....
Nonostante il finale ottimista e buonista, La bottega dei suicidi è un film quanto mai drammatico che cerca di far ridere e far riflettere allo stesso tempo su temi scottanti e tristemente reali.
Con protagonisti degni di un Tim Burton dei primi anni (i cui nomi richiamano noti suicidi: Yukio Mishima, Marilyn Monroe, Vincent Van Gogh, Alan Turing), con disegni a mano sopraffini e canzoni orecchiabili che perdono il loro fascino nella traduzione, il film si lascia vedere senza lasciare troppi segni, scandalizzando solo per l'aria allegra che emana e che lascia a più riprese un po' frastornati.
La vera pecca è, infatti, che il racconto in soli 85 minuti risulta sacrificato, accelerato e poco approfondito, soprattutto in luce alla tematica affrontata.
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