Magazine Cultura

La buona legge di Mariasole, di L. R. Carrino

Creato il 17 aprile 2015 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

 

Ho una passione infantile per i documentari del National Geographic. In particolare sono affascinata dagli animali feroci, nonostante “tifi” sempre per la vittima, perché la loro crudeltà mai gratuita è compensata da atteggiamenti di grande tenerezza. Uso qui termini in realtà riferibili solo all’essere umano, in quanto alla base del loro agire non v’è alcun sentimento. Così il coccodrillo del Nilo: una sorta di dinosauro dalla bocca immensa irta di denti affilati come lame; tra quelle fauci che sbranerebbero uno gnu o un uomo con la stessa imparzialità, mamma coccodrilla protegge dai predatori e trasporta i suoi piccoli appena usciti dalle uova.

Ed è a questa premura sorprendente in un animale selvatico e feroce che mi ha riportata la protagonista de La buona legge di Mariasole, di Luigi Romolo Carrino.

Mariasole è giovane. Mariasole piange il suo uomo. Mariasole ha un figlio. Quante storie si possono intrecciare partendo da questi tre elementi? Storie disperate e di speranza, storie comuni ma anche storie difficili. Soprattutto se l’uomo –il marito, il padre- è uomo di camorra, e le donne –le mogli, le madri- sono consapevoli dei rischi che corrono i loro compagni. Sanno di avere accanto, sempre, un uomo e l’ombra della sua morte, vedove in pectore, l’abito nero già nell’armadio, l’urlo di dolore già sulle labbra.

Ma Mariasole Simonetti è ben più di una vedova, e lungi dall’indossare gramaglie, si ritrova a vestire la corazza del dovere: il peso della continuità del potere è sulle sue spalle, obbligandola a tenere la testa dritta, a ingoiare le lacrime, a occupare il posto che le spetta nella Federazione. Figlia e sposa di camorristi, Mariasole dovrà proteggere “la faccia” e gli interessi di due famiglie all’interno di faide tra clan rivali nel traffico di stupefacenti. La sua incoronazione –in un mondo dove più che mai è il maschio a comandare- avviene per mano della regina madre, la glaciale donna Angela, madre del suocero, vera artefice e manovratrice della famiglia Farnesini.

Queste sono le fauci del coccodrillo, le sue scaglie impenetrabili.

Dietro di esse, oltre la ferocia e il sangue, oltre la carne sbranata e uccisa, l’amore. Amore appassionato e lacerante per suo marito, giustiziato senza pietà –eppure pietosamente- perché scoperto omosessuale in una società che accetta il crimine più efferato, ma non il dubbio sulla virilità. E amore assoluto e totalizzante per suo figlio Antonio, il vero motivo per cui la belva feroce latente in Mariasole, ma scritta nei suoi geni, si risveglia e attacca freddamente, lucidamente. Con una crudeltà pari solo al sentimento che l’ha suscitata. Proteggere Antonio dal suo stesso ambiente che potrebbe stritolarlo, chiuderlo tra le fauci che diventano delicato e sicuro rifugio, fare con il figlio quello che non è riuscita a fare con il padre: a Mariasole non interessa altro, e per ottenerlo non esita davanti a nulla. Accetta un’eredità pesante, contratta sulle vite di esseri umani, simula. Uccide. Non si deve cercar di capire perché un coccodrillo si comporta così. Deve, è nella sua natura.

La narrazione è attraversata dal dialogo muto della protagonista con gli uomini della sua vita, un fiotto continuo di parole mai pronunciate, trattenute e mandate giù a forza, giacché non il sentimento, ma il cervello deve comandare la vita di un camorrista. E ancor più, molto più, se è donna ed è madre. La tazzina ancora sporca dell’ultimo caffè, l’odore delle lenzuola nel letto matrimoniale, la mano del figlio, i giochi e le paure, tutto scorre nel pensiero di Mariasole, fin dal momento del funerale che non la vedrà versare una lacrima. Il lutto si ingoia amaro e, dovesse avvelenare l’anima e annerire il sangue, non si mostrerà mai sul viso. Parola di Mariasole.

 

La malavita è mala vita, è coercizione e tortura, orrore e sangue, è una montagna di feccia, ovunque si trovi, qualunque nome assuma, qualunque abito indossi. Tuttavia, a dispetto degli accenti di vita vibranti nella narrazione, nonostante il dolore acuto che pervade ogni parola scelta dall’autore, questo è un romanzo, ed è scritto con uno stile potente e diretto. Vi piacerà leggere di Mariasole, la ammirerete persino, ignorando i brividi di terrore che suscita il suo malo mondo.

Pur sobbalzando per la vittima, osserverete affascinati il temibile coccodrillo spalancare le fauci.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :