21 FEBBRAIO – A distanza di pochi giorni abbiamo assistito alla caduta di due personaggi che più distanti e diversi fra loro non potrebbero essere, ma che sono accomunati dalla coincidenza dell’avere lo stesso nome: Oscar Pistorius e Oscar Giannino. E tutto questo nella settimana che porta alla mitica “notte degli Oscar”, quella in cui Hollywood celebra sè stessa e in cui vengono consegnate ai divi del cinema le statuette d’oro come premio per la produzione cinematografica dell’ultimo anno.
Una situazione di per sè quasi grottesca, se non fosse che nel caso di Pistorius si sta parlando purtroppo di una sanguinosa tragedia, che ha portato alla morte della bellissima
Reeva Steenkamp, la modella sudafricana compagna dell’atleta. La ragazza è stata uccisa dal suo stesso fidanzato ed è in atto un processo, in questi giorni, che ha grande riscontro mediatico in tutto il mondo. D’altronde non potrebbe essere diversamente: il “Blade Runner” dell’atletica leggera aveva commosso tutti per le sue battaglie, che hanno assunto valore simbolico per tutti gli atleti paralimpici. Grazie alla sua caparbietà, il corridore sudafricano ha potuto gareggiare alle recenti
Olimpiadi di Londra 2012 con i cosiddetti normodotati. Un risultato storico e di per sé davvero significativo. Il ragazzo è stato “adottato” un po’ da tutto il mondo per quel suo sorriso un po’ guascone e quel suo coraggio capace di portarlo oltre ogni ostacolo e difficoltà. Sarà anche per questo che le cronache non hanno mai indugiato troppo sui suoi eccessi nella vita privata. In fondo un “simbolo” vale proprio in quanto tale e non occorre scavare troppo a fondo nelle sue “magagne”. Entrato nel pieno dello showbusiness, Pistorius ha quindi potuto godere di una sorta di immunità diplomatica che in qualche modo gli ha consentito di coprire la non irreprensibile vita, fatta di amore per le armi, violenze domestiche ai danni di qualche ex fidanzata, eccessi con alcool (che hanno causato anche un incidente con il motoscafo in cui ha rischiato seriamente la vita) e altre sostanze più o meno illecite, e così via. Peccati non certo veniali, ma che sono emersi in tutta la loro prepotenza soltanto oggi che, con l’omicidio della fidanzata, l’immunità è improvvisamente caduta e anzi, a quel punto, come un branco di sciacalli, ci si è avventati sulla preda-Pistorius in cerca di ulteriori scoop. Con il senno di poi, forse, viene facile pensare che un po’ meno di superficialità prima avrebbe, chissà, potuto salvare Reeva, poi. Ora ai giudici toccherà capire cos’è successo in quella maledetta notte di
San Valentino. Certamente non ci sono altri responsabili se non lui. Bisognerà solo accertarne le motivazioni, la volontarietà o meno del delitto, l’eventuale uso di sostanze che possano aver alterato le capacità e via dicendo. Pistorius ha rovinato la sua immagine e la sua carriera. I suoi sponsor si sono ritirati uno dietro l’altro, com’era inevitabile che fosse. Una brutta storia, che forse nessun giornalista avrebbe voluto raccontare.
Cambiando totalmente scenario, in Italia, a pochissimi giorni dalle elezioni, abbiamo assistito alla caduta d’immagine di un altro Oscar. Giannino ha dovuto dimettersi a causa di alcune dichiarazioni false sul proprio curriculum dove ha scritto di aver conseguito un master alla
Chicago Booth mai realmente ottenuto. Bugia, peraltro, ribadita in più di qualche intervista. Denunciato pubblicamente da
Luigi Zingales, cofondatore del movimento “Fare per fermare il declino”, Giannino si è dimesso dalla carica di presidente e di candidato premier. Un gesto che in Italia forse non ha precedenti, visto che la motivazione, grave e importante, è sempre stata da noi ritenuta non sufficiente dai nostri politici per rassegnare le dimissioni. Gli esempi sarebbero tantissimi e non vale qui la pena elencarli. Di certo la “bugia” in quanto tale non può più essere tollerata – come peraltro fanno nell’universo anglo-sassone da sempre – in un Paese come il nostro che ha bisogno di un radicale e decisivo rinnovamento, a cominciare proprio dallo stile e dal galateo della politica. Quindi pur biasimando un uomo che evidentemente ha sentito il bisogno di autoaffibbiarsi titoli mai conseguiti (il che lo rende ai nostri occhi pateticamente triste, senza contare l’inutilità del gesto dato che in Italia, i curricula, ormai non li legge più nessuno) va comunque speso un timido plauso per il gesto dimissionario, visto che comunque rappresenta un piccolo esempio per coloro che predicano rinnovamento. “Fare per fermare il declino” ha affidato l’incarico di presidente all’avvocato
Silvia Enrico, la quale si trova ora a dover affrontare questi ultimi giorni di campagna elettorale. C’è da chiedersi cosa possano aver pensato i militanti del movimento che hanno lottato “anema ‘e’ core” in questi mesi per proporre un’immagine di rinnovamento quando il loro leader cade nei soliti vecchi vizi italiani…e gli elettori, quelli soprattutto di centrodestra che, schifati ormai dalla ricetta PdL, si riconoscevano proprio in Giannino come eventuale partito della coscienza…una delusione da cui, è facile prevedere, uscirà vincitore ulteriormente il “Movimento a 5 Stelle” di Grillo.
Ernesto Kieffer