Manifestare è un diritto. Per quanto troppo spesso sia inutile, e per quanto si presti a essere strumentalizzato dalle forze politiche interessate a cavalcarlo (soprattutto a sinistra) – tanto che è davvero difficile oggigiorno (e forse da sempre) ritenere che questo genere di manifestazioni nascano davvero spontaneamente – è comunque uno di quei pochi diritti che permettono a chi non ha voce in capitolo di esprimere il proprio disagio. Certo, esprimerlo per slogan ideologici non è il massimo, ma non esprimerlo affatto in alcuni casi è peggio.
Però è chiaro che un conto è manifestare liberamente e pacificamente, con correttezza e civiltà. Un altro è farlo con violenza e con l’intenzione di distruggere e mettere a ferro e fuoco una città. Quasi che la colpa di quel che accade nel mondo sia di quei negozianti e di quei cittadini, che magari in un altro contesto, sarebbero stati pure solidali con i manifestanti.
E invece niente. La calata dei barbari e delle bestie con le bombolette spray, gli estintori, i bastoni e con la voglia di distruggere in nome dell’anarco-comunismo, non ha mai avuto questo genere di sensibilità. Anzi, in un certo senso dimostra che le manifestazioni in cui si verificano questi fenomeni di bestiale criminalità sono tutto fuorché luogo di espressione di un diritto. E certo non mitiga l’idea che ci fossero pure i cortei dei partecipanti quieti e civili. In un certo senso, questi ultimi sono l’eccezione in un contesto barbaro, dove è la rabbia livorosa dei centri sociali, delle ideologie estreme anarco-comuniste e della criminalità comune a farla da padrone. A spese nostre ovviamente.
Detto questo, una precisazione sul senso di queste manifestazioni modaiole. Per quanto mi riguarda le detesto, e non solo perché originano fenomeni violenti (come quelli anzi descritti), ma pure perché – essendo io una persona piuttosto disillusa e realista – mi rendo conto che sono uno strumento politico più o meno formidabile in mano a chi effettivamente detiene il potere politico e culturale in una società. La tendenza di un certo tipo di popolo a essere «gregge di pecore» che segue al primo cenno del pastore è esemplificato dai vari fenomeni no-globalisti, come appunto il fenomeno degli indignados, dei popoli viola, dei pacifisti convinti e di chi, in un certo senso, pensa che davvero i meccanismi mondiali possano essere smossi da codesti movimenti falsamente spontanei di massa, i quali, anzi, sono originati da quei gruppi di potere che hanno causato gli squilibri contro cui si manifesta. Ovviamente per motivi politici.
Prendiamo gli indignados. Sono nati in Spagna per protestare contro la crisi economica spagnola. Ebbene, se ci soffermiamo un poco a pensare, scopriremo che questo movimento è nato in seno alla sinistra spagnola, e cioè nel grembo ipocrita di quell’area politica che da circa dieci anni governa la Spagna, e che ha portato il paese iberico allo sfascio economico, etico e politico. Zapatero ha demolito il suo paese, e gli indignados sono nati – guarda caso – a ridosso delle elezioni politiche nelle quali i sondaggi vedono la sinistra nettamente sconfitta. Perciò il sospetto è che, tramite questo movimento, la sinistra zapaterista/socialista si è voluta parare il culo e si è voluta rifare una certa verginità di forza politica di opposizione rivoluzionaria, sempre attenta alle esigenze del popolo. Insomma, prima hanno lanciato il masso, demolendo una società, i suoi valori etici e la sua economia, poi hanno ben pensato di nascondere la mano creando o favorendo un contro-movimento di indignados. Un po’ come accadde da noi durante i Governi di centrosinistra, quando Prodi adottava certe misure economiche e i suoi ministri e parte della maggioranza (soprattutto comunista) andava in piazza con sindacati e manifestanti a protestare contro il Governo che loro stessi sostenevano in Parlamento. Una barzelletta.
Tornando comunque alle bestie «romane» (altro non sono), non mi aspetto grandi punizioni e repressioni da parte della nostra giustizia. Quelle sono riservate alle forze dell’ordine quando magari si azzardano a fare tò-tò con il manganello di gomma al «figlio di papà» black-block, che anziché rimboccarsi le maniche, va a fare il manifestante violento con i soldi del proprio genitore. Non mi aspetto nulla, e certo non mi aspettavo sincera solidarietà e indignazione da parte delle forze politiche della sinistra, che anziché scandalizzarsi per l’ennesima vergogna contro il nostro paese, accusano il Governo (tanto per cambiare) di non essere stato capace di gestire il mostro che la loro cultura e la visione politica ha generato. non da oggi, ma da quel lontano e infausto 1968.
Ma del resto, è andato tutto secondo copione. Anche le bestialità di Roma sono colpa di Berlusconi, e ora pure di Pannella, perché i suoi radicali hanno ritenuto offensivo per le istituzioni non far mancare il numero legale durante la seduta in Parlamento per la fiducia. Mi chiedo dove imparino la democrazia certi ignoranti. Un tempo si diceva nel Bignami (un signor libro, in la verità). Oggi è più semplice: sui siti web dozzinali dei comunisti e degli anarcoidi d’ogni risma, i quali – ed è da ridere – per conto loro si sono pure indignati per il sacco di Roma, affermando che i black block sono fascisti. Infatti, talmente lo erano che nei muri e nelle auto distrutte, facevano capolino la sigla degli anarchici e le falci e martello di stalinista memoria… Davvero dei gran fascisti questi black block!
di Martino © 2011 Il Jester