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La campagna di Abe per modificare la Costituzione

Creato il 24 luglio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La campagna di Abe per modificare la Costituzione

La revisione della Costituzione sarà una questione fondamentale nella politica giapponese dei prossimi anni. Il primo Ministro Abe, piuttosto popolare per la sua nuova politica economica, ha pubblicamente dichiarato che il suo governo e il Partito Liberal Democratico (LDP) cercheranno di modificare la Costituzione Giapponese dopo le elezioni della Camera Alta di quest’anno.

Il Ministro Abe e il LDP considerano la Costituzione attuale un ostacolo alla sicurezza nazionale del Paese, una limitazione al controllo politico della società civile e al rispetto per i simboli nazionali del Giappone. Il partito vuole quindi muoversi per cambiare il testo costituzionale. L’obiettivo immediato è la revisione dell’Articolo 96, che prevede delle lunghe procedure legali per i cambiamenti alla Costituzione, per facilitare l’approvazione da parte della Dieta dell’eventuale emendamento costituzionale (prima della fase del referendum). Il Partito della Restaurazione giapponese, il Your e qualche parlamentare del Partito Democratico del Giappone (DPJ), supportano quest’ iniziativa, nonostante i loro diversi punti di vista su una nuova Costituzione.

Un cambiamento della Costituzione potrebbe avere un duro impatto sulle relazioni politiche e sociali in Giappone. La Costituzione scritta rappresenta una legge superiore e la legittimità dei procedimenti politici giapponesi si basa su questo testo. Spesso l’autorità morale e politica deriva da essa. I contenuti della Costituzione costituiscono un’importante guida politica e sociale nella cultura legale e governativa del Giappone. Il Giappone ha mantenuto la sua Costituzione pacifista dal 1947. Sebbene questa limiti l’uso della forza militare (attraverso l’Articolo 9), ha avuto anche il merito di realizzare una società più liberale e benestante. I conservatori del LDP appartenenti alla vecchia generazione cercarono in qualsiasi modo di modificare la Costituzione per consentire la rimilitarizzazione e per ripristinare le tradizioni prebelliche del Giappone – un obiettivo del partito degli anni ‘50 e degli anni 2000 mai realizzato.

La campagna del Partito Liberal Democratico per l’emendamento costituzionale è piena di slogan politici fuorvianti. Evita giudizi equilibrati sull’attuale Costituzione e impedisce un ampio dibattito pubblico, avendo perciò un impatto negativo sulla democrazia in Giappone. In questa campagna politica, gli slogan di Abe e del LDP sono pensati per inculcare nell’opinione pubblica una visione pro-revisionista. Tre principali asserzioni sono usate per giustificare la revisione costituzionale. La prima è che “l’attuale Costituzione non è una Costituzione Giapponese”. Abe rammenta che l’odierna Costituzione fu imposta durante il periodo di occupazione americana (1945-52) e dichiara che il nuovo testo costituzionale dovrebbe essere realizzato dal Giappone stesso. Il suo pensiero riflette la visione tradizionale del gruppo conservatore del LDP. Il partito critica la prefazione pacifista della Costituzione affermando che essa è fin troppo imbarazzante per essere chiamata una Costituzione Giapponese. Ciò nonostante, Abe non considera il fatto che la Costituzione pacifista fu ben accolta da tutti durante l’occupazione e che pose le basi della politica e della società giapponese del dopoguerra. Il collegamento diretto fra l’origine della Costituzione e la necessità di una sua revisione è fuorviante.

La seconda asserzione di Abe e del partito è che la Costituzione attuale dovrebbe essere cambiata perché ormai superata. Essi affermano che la Costituzione dovrebbe rispondere alle esigenze dei tempi attuali, dal momento che il Giappone è l’unico Paese avanzato che non ha mai modificato il suo testo costituzionale. Essi propongono, per esempio, l’introduzione nel testo di nuovi diritti, come il diritto ambientale e criticano l’Articolo 89, il quale proibisce i finanziamenti del governo destinati agli enti religiosi, incluse le loro scuole private. Tuttavia, questa visione non tiene conto dell’accumulo di precedenti da parte del tribunale del Giappone e i piani governativi che hanno risolto molti problemi che il LDP critica. L’ambiente è stato in parte riconosciuto come un diritto costituzionale e il governo può fornire aiuti finanziari alle scuole private tramite un terzo ente, come consentito da una legge esistente.

La terza asserzione di Abe e del LDP, nel loro sforzo di avvicinare il pubblico, è l’enfasi posta sull’importanza di un referendum nazionale nel processo di revisione costituzionale. Essi si appellano al pubblico affermando che il popolo giapponese è sovrano e che ha tutto il diritto di modificare la Costituzione con le proprie mani. Il referendum è difeso come un ideale, ma la rappresentazione democratica diretta può portare a estreme conseguenze. Nel caso del Giappone, la recente ascesa di politici popolari come Junichiro Koizumi, Shintaro Ishihara e Toru Hashimoto è stata resa possibile da un pubblico particolarmente influenzabile dalle commoventi frasi politiche, perlomeno nell’immediato. Nonostante ciò, i risultati delle politiche di questi populisti sono stati assai scarsi. Lo slogan di Abe, “il referendum come volontà sovrana”, mira all’interesse delle persone, come gli slogan usati da quei politici tanto amati.

Queste strategie per modificare tatticamente l’Articolo 96 sfuggono al dibattito pubblico. È preoccupante il fatto che queste mosse possano creare instabilità nella politica giapponese dei prossimi anni, trasformando la Costituzione in una questione di rilievo in ogni elezione nazionale, fino a farla diventare oggetto di facile campagna elettorale per i partiti. L’autorità legale e politica dietro alle politiche giapponesi diventerebbe fragile e instabile. Abbassare la guardia sulla revisione costituzionale dell’Articolo 96 causerebbe un’inutile confusione nella politica del Paese. Continuando le loro pressioni per l’approvazione dell’emendamento costituzionale, Abe e il LDP aprono la strada all’instabilità politica in Giappone.

(Traduzione dall’inglese di Chiara Pasquin)


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