Secondo una classifica stilata dal MIBAC, il Ministero dei beni e delle attività culturali, la Campania è la capitale del turismo, essendo ben sei i siti che figurano nella graduatoria.
Al primo posto c’è, come era prevedidibile, il Colosseo, e alle sue spalle l’area archeologica di Pompei con 2 milioni e mezzo di visitatoti per un introito di oltre 20 milioni di Euro, meglio degli Uffizi di Firenze che completano il podio. Al decimo posto c’è la Reggia di Caserta, gli Scavi di Ercolano sono 14esimi e subito dopo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Diciottesima la Grotta Azzura di Capri, primo sito naturalistico della classifica, mentre il circuito archeologico di Paestum è al 24esimo posto.
Scavi di Pompei
Se da un lato è da constatare, purtroppo, il decimo posto della Reggia di Caserta che dal 1995 a oggi ha perso circa 600.000 visitatori, passando da poco più di un milione a circa 440.000, dall’altro lato è evidente come la nostra regione nonostante sia penalizzata dall’immagine che ne dànno i giornali e la Televisione, e nonostante sia molto più difficilmente raggiungibile dai turisti a causa dello Stato che non sa (o non vuole) sviluppare le infrastrutture al Sud, è evidente dicevamo che la Campania riesce in ogni caso a competere sia con la Capitale d’Italia che con Firenze. Se le infrastrutture campane fossero più sviluppate, se si mettesse a punto un vero circuito turistico che desse ai visitatori l’opportunità di orientarsi e visitare più agevolmente le nostre bellezze, se si lavorasse alla ricostruzione dell’immagine di Napoli e della Campania (in questo, poco aiuto ci si deve aspettare dallo Stato centrale e dai Media nazionali, ma usando l’intelligenza si può fare), altri siti potrebbero figurare all’interno di questa classifica, come le stupende e preziosissime Regge di Capodimonte e di Portici, mentre quelli già presenti potrebbero migliorare i propri risultati. Come ho già sostenuto in un altro articolo, con la cultura si può e si deve mangiare.
Da sottolineare infine il paradosso di Pompei: il sito archeologico più famoso e visitato al mondo, nonostante le difficoltà, con oltre 20 milioni di introiti, sta cadendo a pezzi giorno dopo giorno perché, dicono, non ci sono i soldi per la manutenzione. Essendo questa una palese bugia, perché tolti gli stipendi ai dipendenti e i costi di gestione resta molto denaro potenzialmente investibile, se ne deve per forza dedurre che il problema è un altro, e cioè che la Soprintendenza Archeologica di Pompei non gestisce direttamente gli introiti cui dà luogo, ma questi giungono a Roma per ritornare (ma non ritornano) a Pompei e nei siti che fanno parte del suo circuito - in questo meccanismo i soldi dunque, a quanto pare, spariscono: che fine fanno secondo voi?