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La Carta di Mandé o di Kouroukan Fouga Spazio Storia

Creato il 29 maggio 2014 da Marianna06

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Riscoperta alla fine degli anni ’90, ci rimanda a quegli anni, gli stessi in cui, nelle note isole britanniche, Giovanni Senza terra concedeva ai baroni inglesi la Magna Carta.

E lo fa attraverso il racconto dell’epopea di Soundiata Keita, il fondatore di quello che è stato poi l’impero del Mali.

Iscritta dall’Unesco nella lista del patrimonio intangibile dell’umanità,la Carta di Mandé ci fa sapere, contro chi magari non ne fosse a conoscenza o fosse scettico in merito, che la libertà dell’individuo è stata proclamata in Africa fino  dall’inizio del XII secolo.

Di Soundiata Keita, ci racconta Cheikh Hamidou Kane, l’autore de “L’ambigua avventura”(testo da leggere), attualmente un classico in quasi tutte le scuole dell’Africa francofona.

Soundiata Keita - egli ci dice - era il figlio di un re di uno dei tanti piccoli 12 regni, che si potevano incontrare lungo il corso del fiume Niger, sopravvissuti a stento alla distruzione del grande, famoso e potente impero del Ghana.

Sua madre, una donna menomata e bruttissima, aveva però in cuore il desiderio della rinascita della società e della cultura.

E Soundiata Keita,il figlio di lei, purtroppo per lui paralitico, riuscì, nonostante la sua menomazione fisica, a liberare gli altri 11 regni dalla dominazione e dalla prepotenza di re Sosso, il tiranno.

Nacque così quell’ impero unitario, l’impero del Mali, la cui costituzione era, appunto, la Carta di Mandé.

Un impero in cui il re era il garante dell’integrità fisica e morale di ciascuno dei suoi sudditi.

Ora questi principi, che mettono al primo posto il rispetto dell’individuo e la cooperazione tra i popoli e tra le differenti generazioni (l’anziano , il giovane, il bambino), costituiscono i pilastri della cultura tradizionale africana.

E sono importanti ancora oggi in quell’Africa che include in particolare Mali, Senegal, Niger e Guinea Bissau.

E lo sono proprio contro la cosiddetta cultura della competizione,quella che da subito è arrivata nel continente ,con gli occidentali, agli albori del colonialismo.

E che, ancora adesso, prospera indisturbata grazie alle multinazionali, predatrici fameliche e irrispettose della terra, che le ospita.

Cheikh Hamidou Kane ci tiene a sottolineare che la cultura tradizionale africana privilegia il dialogo e che la conflittualità e il ricorso alla forza rappresentano solo l’extrema ratio.

E noi gli crediamo.

     

Kane

                   

                              a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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