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Così Sam Raimi si siede dietro la scrivania del produttore assieme a Bruce Campbell, l'attore protagonista della prima trilogia de La Casa, ed entrambi lasciano che Fede Alvarez si diverta col suo bel giocattolino splatter per quell'oretta e mezza che dura la pellicola. La baita fatta di tronchi e il gruppo di amici che si trasferisce in quel posto maledetto sono gli unici temi che restano uguali, perché le motivazioni (e anche il sesso del protagonista) cambiano radicalmente. Ad interpretare la novella Ash, che in realtà si chiama Mia, c'è Jane Levy, convincente tossicodipendente che viene aiutata dai suoi tre amici e da suo fratello Shiloh Fernandez a disintossicarsi nel bel mezzo del nulla, senza aiuti esterni da parte della società o di qualche esperto in materia. Ma chi se ne frega, l'importante è il sangue, e di sangue ce n'è parecchio: c'è poco da dire in questo caso, Alvarez riesce a coniugare magistralmente gli effetti speciali vecchio stile e la computer grafica moderna, preferendo comunque il buon vecchio lattice allo schermo verde e sporcando continuamente tutto quanto, mettendo in mostra tanto sudiciume indelebile per quasi tutto il film. Braccia che si staccano, lingue tagliate in due, cani mutilati e chi più ne ha più ne metta, il buon Alvarez propone un immaginario visivo che è l'erede di un tipo di cinema che ormai sembra non esserci più, spingendo l'acceleratore sulla componente sanguinolenta e infastidendo gli occhi dello spettatore per buona parte del tempo. Peccato che non si infastidisca né il cuore né la mente di chi guarda il film, ma solo gli occhi: l'autore decide di accantonare tutta la paura claustrofobica e il terrore psicologico che fungevano da colonne portanti del prototipo a cui si ispira per dare ampio spazio alla sola estetica splatter che tanto piace al pubblico dei giorni nostri, ma che non stupisce particolarmente né sconvolge in maniera impressionante, anzi diverte e fa storcere il naso, ma niente di più. C'è tanta voglia di mettersi in gioco e di dimostrare il proprio talento e la propria passione per il cinema, ma facendo più di un passo falso e demolendo la struttura più interessante del film, ovvero la storia, la quale si dovrebbe concentrare più sulla protagonista principale che non su tutto il cast. Tanto lo sappiamo già che moriranno tutti, l'abbiamo già visto, allora perché non focalizzare l'attenzione del pubblico verso la povera, sconsolata e posseduta Mia (come si fa per un paio di ottimi momenti in cui il gruppo la abbandona perché la crede in preda a delle allucinazioni)? Un film che poteva distaccarsi dal suo predecessore mantenendo una sorta di indipendenza più marcata, ma che invece rinuncia a puntare il dito contro qualcosa o a far riflettere lo spettatore per tentare solamente di spaventarlo, schifarlo e fargli girare la testa dal'altra parte. Ci riesce, e intrattiene che è una meraviglia, ma purtroppo si dimentica il giorno dopo.
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