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La Casa dei Popoli implode?

Creato il 28 novembre 2011 da Fernando @fernandomartel2

Perché la Casa può fallire?

Perché qui ognuno ci è arrivato con quello che era, con la sua storia individuale, credendo di poter riscuotere un credito per quello che aveva fatto nella vita, e non impegnandosi per mostrare quello che era ancora capace di fare, di dare. Ognuno si è seduto intorno ad un tavolo ed ha messo sul piano “io sono”…e non era neanche vero, perché il verbo giusto era già al passato. Nessuno si è posto, alla nascita della Casa, come allo starter di una nuova occasione, di un nuovo impegno. Da lì ognuno cominciava senza alcun credito, solo con la possibilità di dimostrare a se stesso, di aver acquisito la capacità bastante per essere tutto quello che era stato, ma non solo quello. In queste condizioni, la Casa fallirebbe anche se restasse interamente intatta come alla nascita. Cristallizzata in una sorta di addizioni di storie del passato che chiedono, sul viale del tramonto, un riconoscimento alla vita e agli altri. Una riscossione allo sportello della vita, di quello che credono di avere depositato e che non gli è mai stato riconosciuto. Ora, è vero che nessuno può chiedere ad altri di non essere quello che è, ma nessuno dovrebbe essere solo quello che é. Non qui, non nella Casa dei Popoli. È lampante sin dall’inizio, dalla propria adesione, che qui si viene ad abitare se, partendo da quello che si è, si ha voglia di dimostrare che si può ancora essere altro. Pur continuando ad essere quello che si è in ogni altro luogo. Ogni associazione che ha aderito alla fondazione della Casa, è rimasta viva in quello che era. Non si è sciolta. Dovrebbe, quindi, continuare ad essere quello che era e fare le stesse cose che faceva a nome della sua associazione. La Casa dei popoli avrebbe il ruolo di dare, perfino una mano, nella realizzazione di obbiettivi propri di ogni associazione partecipante, senza doverne chiedere le ragioni per cui un obiettivo viene perseguito in un modo o in un altro. Se non si comprende questa opportunità, quello che i costituenti hanno dato a se stessi e agli altri con la fondazione della Casa dei Popoli di Giaveno, allora questa può fallire per implosione, cadendo su se stessa rovinosamente. Solo perché nessuno prova a mettere in questo contenitore, qualcosa di suo, ma spreca le sue energie a fermare quello che un altro ci mette col suo impegno, sulle proprie gambe, e solo perché non sarebbe stato sdoganato dalla previa approvazione di tutti.

Perché potrebbe crescere

Potrebbe apparire incredibile, ma per lo stesso motivo che la farebbe fallire, la Casa dei Popoli potrebbe avere un impeto di crescita enorme e contagiosa. L’avevamo già verificato sugli inizi della nostra attività: avevamo suscitato la curiosità di Comuni ed istituzioni limitrofe, i quali ci chiedevano un incontro, un confronto per poter comprendere le nostre idee, le nostre iniziative. Solo la nostra incapacità di trovare energie e volontà di poter soddisfare questa richiesta ci ha impedito di raccogliere il consenso che aveva creato l’azione di pochi impegnati sul territorio. Avigliana, Sangano, la stessa Coazze, sono occasioni perse dalla nostra insufficienza, non da mancata volontà di altri. Limpida ed esemplare la accettazione di un confronto della casa dei Popoli del Comune di Settimo Torinese, la quale sollecitata da noi aveva preparato un incontro verso la fine di settembre per verificare le possibili sinergie da mettere in atto. Quindi noi avevamo letto bene la realtà che ci circonda, e non avevamo costruito uno spumone, bensì avevamo azzeccato la diagnosi e la prescrizione medica. Solo che stiamo facendo morire l’ammalato, lasciando i luoghi in cui viviamo in uno stato di prostrazione maggiore a quando abbiamo iniziato, poiché le nostre diatribe si svolgono su come e a che ora, l’ammalato deve prendere le medicine, non sulla validità delle stesse.

I torti di chi “ha fatto”

“Chi fa può sbagliare” si sa da sempre, mentre chi non fa e sta come un falchetto a cercare i lati oscuri in cui mettere le opere degli altri, viene assolto dalla sua assoluta inettitudine dai suoi simili che nulla possono mettere sul piatto del confronto con chi ha fatto. Sembra drammatico che possa capitare che chi fa è condannato da un nucleo di inefficienti scansafatiche ai quali non viene rimproverato il loro non agire, ma diventa un valore aggiunto non aver fatto niente, solo perché la loro azione si sviluppa virulenta all’interno del territorio preferito: quello delle chiacchiere intorno ad un tavolo. La motivazione degli osteggiatori che vogliono bloccare i “lavori di chi costruisce la Casa” è che non tutte le operazioni da questi svolti hanno ottenuto, ha volte non richiesto, il “permesso di azione” di tutti i componenti della casa stessa. A prescindere che metà di coloro che espongono queste resistenze non sono mai stati neppure tesserati alla Casa, o non ne hanno mai ratificato la loro adesione pagandone la tessera, il capo mandatario di un simile drappello é un individuo che si giustificava a fine giugno, di una assenza lunga nel tempo per motivi di salute della sua consorte, a luglio per vacanze non presentandosi ad agosto a niente altro che non fosse un complotto al buio. Il quale in rotta di collisione con chi faceva si era primo autosospeso e poi aveva dato le definitive dimissioni dalla carica di segretario della Casa, per tornare, recuperato da una individuale decisione del presidente Allais, a mettere sotto accusa chi aveva fatto “senza che lui sapesse”. Sembra infantile chiederselo, ma siamo costretti a farlo per non lasciare zone d’ombra nel nostro discorso: abbiamo detto che le associazioni che hanno dato vita alla Casa, non si sono sciolte e che, nel voler operare come associazione, possono farlo senza chiedere il permesso a nessuno della Casa, quindi? Se coloro che hanno operato come “Casa”, avessero cercato una affermazione personale, l’avrebbero trovata proprio se avessero agito come tali! Hanno apprezzato il loro tempo, le loro risorse, in nome della Casa dei Popoli( e solo per la loro azione la stessa è stata riconosciuta dal territorio, e vengono messi sotto accusa per “aver cercato fama personale?” Bestiale vero? Già! Ma scendiamo di un gradino per ragionare dal punto di vista dei detrattori: “ hanno fatto tutto da soli, senza comunicare niente agli altri.” Per quanto chi fa sempre sbaglia ma intanto fa, chi fa a nome di una associazione a chi ha il dovere di comunicare l’intenzione di fare? Sembra di giocare con i bambini, ma diamoci questa chanche, ognuno è bambino quando fa per la prima volta una cosa nuova. All’interno di una associazione, chiunque ha una idea fattiva, ha il dovere di comunicarla al responsabile della stessa. A colui che risponde della legalità della sua funzione, del rispetto della democrazia interna alla stessa associazione: al presidente. Il nostro (haimè) presidente, è stato informato di ogni cosa fatta, di come sarebbe stata fatto e di quando. Alle mail di invio ci sono altrettante mail di risposta e di conferme di condivisione dell’obbiettivo. Da qui in poi, chi era responsabile di dover informare gli altri membri dell’associazione? Di ogni iniziativa esistono volantini affissi che portano la firma del presidente, foto che ne testimoniano la partecipazione, lettere di stima per gli obiettivi centrati. Come è possibile che non si tenga conto di questo? Come è possibile che lo stesso presidente non abbia ritegno di attaccare “la mancata condivisione delle proposte e degli obbiettivi?”

e quelli di chi ha solo accumulato il tempo

A noi sembra quindi, che coloro, che all’interno di questo arco di tempo in cui la Casa vive, hanno operato, lo ha fatto a proprie spese e che grazie a questo si sia costruito una immagine della Associazione attenta e capace di accorrere in aiuto di chi, in stato di bisogno, non ha tempo per affezionarsi alle scartoffie e la burocrazia. Ci pare di poter dire senza paura di essere smentiti che chi ha operato lo ha fatto con la condivisione e l’approvazione del presidente. Che poteva farlo sotto la denominazione di appartenenza senza dover rendere conto a nessuno, ma ha scelto di farlo in nome e a favore della Casa. Che il presidente ne era informato tempestivamente con meticolosità e rispetto e quindi, non è possibile non ritenere che l’attacco che subisce è strumentale e finalizzato solo ed unicamente alla distruzione della stessa associazione. La convinzione di quello che diciamo ci deriva, oltre che dalle cose fin qui prese in esame, dal fatto che Luciano Allais non è parte di nessuna della associazioni fondatrici, e che ha ricevuto espressa richiesta del promotore e candidato alla presidenza della Casa, attualmente il vicepresidente, unicamente per garantire una funzione di limatura degli spigoli e delle diatribe solo intuibili, al parto di una simile esperienza. Un garante proprio per le componenti che ne costituivano l’ossatura, questo e niente altro. Bisogna invece prendere atto che una volta insediato, ha fatto diversamente di quanto richiesto, ergendosi a tutore della Casa solo in quanto giudice, non garante. Esponente di talune associazioni contro altre, coltivando rapporti e riunioni personali non espletate, non richieste e all’oscuro degli altri componenti del direttivo. Difatti la sua condotta è fallimentare sotto il profilo della funzione di pacificatore, fallimentare sotto il profilo di garante del rispetto dei ruoli in quanto il primo attacco al vicepresidente è stato proprio prodotto dal presidente, fallimentare in quanto a capacità di iniziative in quanto ha solo goduto di costruzioni altrui, fallimentare in quanto se all’interno della Casa chi non ha fatto altro che inficiarne la stessa esistenza, gode della sua stima, al contrario di chi lo ha portato sugli scudi di ogni suo intervento, è chiaro che il presidente Allais persegue una via tutta sua che porterebbe alla chiusura della casa. Incomprensibile rimane il fatto che chi non condivide il percorso e l’indirizzo preso dalla Associazione, anche se non ci ha rimesso un centesimo, non ha speso una goccia di sudore, non se ne vada semplicemente, ma chiede a chi l’ha fatta nascere, coltivata e cresciuta, di dovergliela cedere. Se non fosse per farla morire per che altro sarebbe? Per queste cose dette e che possono essere testimoniabili, chiedo che Luciano Allais, si dimetta dalla carica che gli è stata regalata. Che i non iscritti alla casa facciano un passo indietro riservandosi di valutare la loro adesione o meno in base a loro criteri, ma di non farsi strumentalizzare per far morire la Casa. Rivolgo infine un appello a coloro che hanno dato molto alla associazione e alle persone che ne hanno beneficiato e che ora sono lasciate a se stesse, e a coloro che ne hanno notato il lavoro svolto e che non vogliono farlo morire e lasciare il nostro paese senza questo punto di solidarietà umana, di battere un colpo e non lasciare che una cosa buona venga soffocata da degli inetti.

Fernando Martella

Fondatore e vicepresidente della Casa dei Popoli di Giaveno



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