Magazine Poesie

LA CERVA – racconto breve

Da Guidocomin @GuidoComin
LA CERVA – racconto breve

Ne avevano parlato spesso. Scherzando, lei aveva detto che sarebbe ritornata dopo la morte a tormentarlo, in qualche forma. Probabilmente, travestita da animale selvatico. Lui la aveva sempre zittita con dolcezza, assillato com’era da quell’orrendo presentimento. Era sempre stato così lui: quando le cose andavano al meglio, cominciava già a pensare che non potessero durare. Poi, si comportava di conseguenza, rovinando immancabilmente tutto, con il suo pessimismo, assurdo quanto infondato.

Solo che quella volta le sue premonizioni si erano rivelate maledettamente corrette. Era davvero tutto troppo bello per poter essere vero o poter durare. E così fu che non durò… Aveva avuto una grande voglia di dirglielo che ora lei poteva anche fare a meno di ridere di lui, perché la sorte gli stava dando ragione. Ma non ne parlò mai, sapendo che lei ci pensava, di sicuro. Strano però che non scherzasse su questa cosa, lei che si prendeva sempre gioco di tutto, perfino della morte. Anche quando se la vide di fronte.

Era giovane e bella, anche se in un modo piuttosto mascolino. Ed era molto intelligente. Lui aveva subito provato per lei un’irresistibile attrazione, fin da quella prima volta che se l’era trovata, come un’apparizione miracolosa, dall’altra parte del vecchio tavolo a ferro di cavallo dell’aula universitaria. Da serio professionista qual’era, però, non prendeva certo alla leggera la sua responsabilità di docente. Così, aveva usato tutto l’autocontrollo di cui era capace, per evitare qualsiasi coinvolgimento emotivo con la sua splendida giovane allieva. Era ricorso a stratagemmi di ogni sorta, facendo le manovre più ridicole e usando i più incredibili escamotage, pur di evitare di trovarsi da solo con lei, eccetto quando il lavoro lo imponeva, ovviamente. Ma non era servito a nulla e lei aveva subito intuito le sue pur buone intenzioni fin dall’inizio. In seguito, lo aveva poi spesso canzonato in proposito.

Era stata la sua migliore studentessa di tutti i tempi. Lui era perfettamente consapevole del suo potenziale accademico, del tutto unico, e avrebbe fatto qualsiasi cosa, per aiutarla a realizzarlo. Era anche abbastanza generoso il prof, per ammettere che lei era, senza alcun dubbio, un genio, ciò che lui non sarebbe mai stato. Era questa l’unica ragione per cui si era offerto di aiutarla, dedicandole un’attenzione particolare. Non si trattava certo di una delle tante, di un semplice numero fra le centinaia di studenti che avevano frequentato i suoi tutorials durante la sua lunga carriera di professore universitario. Vedeva nella ragazza la stoffa di un Premio Nobel.

*

Avevano spesso scherzato sulla possibilità, fin dall’inizio del loro rapporto. Dopo tutto, la cosa era davvero troppo ovvia e banale: giovane studentessa si innamora di vecchio professore! No, no, questo non sarebbe mai successo. No, non a loro, perché l’unica cosa veramente importante era il lavoro, quel vasto progetto di ricerca al quale lei si era dedicata, anima e corpo. Lui poteva aiutarla e lo avrebbe fatto. Lei rappresentava un patrimonio per il paese, forse per l’umanità. Un dovere, dunque, per il professore, quello di aiutarla a portarlo avanti.

Fu lei a dirgli di smetterla di prendersi in giro. Tranquillamente, come era il suo solito modo di fare, mentre un giorno prendevano il caffè insieme, durante una delle rare e brevi pause che si concedevano. Lui avrebbe fatto meglio a non cercare più di nascondere ciò che era così palese. Insomma, doveva smetterla di dire di no alla vita! Scrutandolo da sopra la piccola montatura metallica dei suoi occhiali fuori moda, come faceva sempre, quando stava per esordire con qualcosa di molto serio, e con un’aria che a chiunque altro sarebbe sembrata più di rimbrotto che un’espressione d’amore, sottolineata com’era anche dalle folte sopracciglia non depilate, lei gli disse, quasi in un sussurro, che anche lei, sì, anche lei lo amava.

Questo matrimonio avrebbe potuto avere gravi ripercussioni sul suo lavoro e studio. Forse avrebbe dovuto trasferirsi in un’altra università. Forse in un’altra città, diceva lui. Ma lei gli rispondeva che comunque la sua ricerca non era poi così importante. Lui si arrabbiava. Lei voleva soprattutto stare con lui. Ma lui si arrabbiava. Dopo tutto, quello della ricerca sulle leucemie era un terreno già battuto da una moltitudine di abilissimi ricercatori. Era quasi una perdita di tempo. Lui si arrabbiava, ma, sempre molto dolce, le appoggiava poi l’indice sinistro sulle labbra, scandendo a bassa voce le parole: lei poteva andare dove voleva, senza però mai abbandonare il suo lavoro! Guai a lei!

*

Certe cose ci aspettiamo di leggerle solo nelle storie. Di sicuro non accadono nella vita reale… La realtà è che la vita è più improbabile, più ingiusta, più inimmaginabile, più crudele, più ironica di qualsiasi storia fittizia. Perché, altrimenti, una ragazza che aveva voluto letteralmente dedicare tutta la propria vita alla lotta contro la leucemia dovrebbe essere stroncata proprio da questa stessa malattia? Con tutte le malattie che esistono! E poi, perché una forma galoppante? Erano bastati pochi mesi, infatti. Il professore un attimo malediva la propria follia nell’aver sposato la ragazza, ma un attimo dopo ringraziava Dio che lei fosse passata, come un angelo o un vento fresco, che l’aveva sconvolta tutta la sua monotona vita. Lei diede prova di essere la più forte dei due. Lui pensò che forse la scienza avrebbe dovuto studiarlo questo fenomeno: perché le donne sono sempre molto più forti, in queste situazioni disperate? Esistono dei motivi genetici, alla base di questi comportamenti?

Lei morì serenamente, una bella mattina di domenica. Il suo grande senso dell’umorismo non l’aveva abbandonata nemmeno alla fine. Eppure aveva appena la forza sufficiente per scherzare che era un po’ prematuro – no? – suonare quelle campane. Non era mica morta, non ancora! Lui si ritrovò a pensare, del tutto involontariamente, a una nota canzone che dice che “è duro morire, mentre tutti gli uccelli cantano nel cielo”. Guardando il viso di lei, che era stato così bello ma ora era solo sereno e reso più pallido da quella sorta di cornice – la federa di lino ricamata dalla nonna – lo sorprese la constatazione che forse tutto questo potesse essere più difficile per chi stava, impotente, a guardare. Intanto, cercava invano di cacciare via dalla testa quel motivo degli uccelli nel cielo, che però vergognosamente insisteva di essere canticchiato ad ogni costo: “… it’s hard to die, when all the birds are singing in the sky…” A volte, pensò, essere un poco anche musicisti può essere una maledizione, proprio come l’essere poeti. Le note, come le parole, talvolta non ti danno tregua.

Lei lo aveva distolto da questi pensieri inutili e inappropriati, dicendogli di guardare fuori, che meravigliosa giornata si stava aprendo, nonostante quelle minacciose nuvole del primo mattino! Poi, gli aveva chiesto di essere carino e di aprirle la finestra, per lasciar entrare il sole. In realtà, lei gli aveva chiesto di aprire la finestra per lasciare che la sua anima volasse fuori. Così almeno lui scelse di ricordarsi quel momento, in seguito. Perché, al suo ritorno accanto al letto, lei non c’era più. Era rimasto solo quel giovane corpo che lui aveva adorato con gli occhi, anzi, quasi idolatrato. Ora così pallido, così pallido… L’uomo capì di colpo e molto chiaramente quanto la amasse davvero. Lei era diventata tutto per lui, tutta la sua vita. Che cosa avrebbe fatto adesso? Normalmente sempre così perfettamente sicuro di se stesso, non si era mai più sentito così perduto dal giorno della morte di sua madre, quando lui non aveva che sette anni. Si sentì scendere addosso un grande freddo e la stanza gli sembrò, all’improvviso, molto buia.

*

Giù, vicino alla loro radura preferita, al limitare del bosco, dove dapprima solo il cane riusciva a sentire il ruscello precipitare sui tronchi marci della piccola cascata e dove lo stretto corridoio creato dai due campi di pannocchie finiva, per lasciare il posto agli alberi: era lì che l’anziano professore amava fare le sue lunghe passeggiate quotidiane, insieme al vecchio cane, il solo compagno nella sua vita ormai quasi da eremita. Era lì che pensava spesso che questo sarebbe stato, di sicuro, il suo ultimo cane. Cagna, per la precisione. E la cagnetta era ancora arzilla e vivace, ma non ne avrebbe comunque presa un’altra, dopo di lei. Allora, non sarebbe probabilmente mai più uscito dal suo studio. Aveva ormai smesso da molti anni di insegnare a tempo pieno, poi aveva accettato un pensionamento parziale, per poter dedicare quello che poteva restargli della sua vita ad un unico fine: portare a termine il progetto che era stato il sogno della sua amata giovane moglie.

Quella mattinata calda ma brumosa, con quel piovigginare che era cessato da poco, il professore aveva chiesto alla cagnetta se non sarebbe stato meglio prendere un altro sentiero, meno fangoso. Al rientro avrebbe dovuto lavarla e lei lo sapeva bene che odiava farsi lavare! Ma la vecchia cagna era testarda. Questo era anche il suo di sentiero preferito. Così pieno di tante cose, cose emozionanti da leggere con il naso, per poi pisciarci sopra, qualche gocciolina di apprezzamento. E qui poteva proprio farlo ovunque. Nessuna regola, qui. Eccetto una, cioè: non vicino alla piccola rudimentale panca di pietra che il suo padrone aveva costruito un giorno per la moglie, usando i lastroni di calcare che il vicino – un pompiere che faceva anche il contadino – aveva scavato dai campi di granturco, tanto per inaugurare il trattore nuovo di trinca, appena acquistato contro il parere della moglie. E ora tutti i più svariati odori della foresta, di creature che lei non aveva mai incontrato, la cagnetta, ma che poteva immaginare con una certa precisione, grazie ai forti odori che lasciavano in giro. C’era sicuramente anche qualche pezzo grosso da queste parti…

L’improvvisa apparizione spaventò uomo e cane. Rimasero immobili per quella che sembrò un’eternità, ma che sicuramente non furono che secondi o frazioni di secondo. O forse il tempo si era fermato. I grandi teneri occhi della creatura lo avevano guardato con tanto amore. Amore? Sì, proprio come lui lo aveva visto una sola volta nella sua vita. Negli occhi della moglie, morta anni prima. Chi o che cosa poteva mai essere questa? Era stato lì lì per chiamare il suo nome a voce alta. Lei stava forse mantenendo la promessa di venire a tormentarlo dall’aldilà? Era qui che si sarebbero incontrati, d’ora in poi? Questo percorso – ricordava bene il vecchio professore – lo avevo scelto lei. A lui era piaciuto meno, a causa delle zecche che lo infestavano, portate dai caprioli. Aveva spesso ripetuto, brontolando, che quei maledetti insetti erano molto pericolosi. Lui ne aveva fatta l’esperienza diretta, sulla proprio pancia.

Stanco, il vecchio si lasciò scappare un automatico “Ferma!” Inutilmente, in realtà, perché la vecchia cagna, ormai mezza accecata dalle cataratte, non mostrava la minima intenzione di inseguire la giovane ed esuberante cerbiatta. Nemmeno quando questa, spaventata dalla voce dell’uomo, non fece più di due agilissimi balzi, per sparire di nuovo nel folto sottobosco. La cagna scodinzolava ancora, in risposta al “Brava cagnetta!” del padrone, quando nella foresta, all’improvviso, echeggiò per tutta la valle un forte botto, un singolo colpo di carabina, seguito da un rumore secco, come di rami spezzati.

“Vieni, l’ho preso! Sicuramente l’ho accoppato!” gridò, non molto lontano, una voce rauca da vino e sigarette. Poi, l’intera foresta rimase mortalmente silenziosa, gli uccelli ancora terrorizzati dallo sparo. A questo punto della passeggiata, la vecchia cagna avrebbe normalmente iniziato ad anticipare il piacere di sguazzare un po’ nel ruscello, che solo lei era in grado di udire in lontananza. Nessun problema con le orecchie della cagnetta! … Invece, ora se ne stava là ferma, non menava nemmeno più la coda. Piangeva. Sì, piangeva, mentre leccava il sudore salato dal viso sorridente del vecchio, che giaceva, senza vita, nell’erba alta, calda e bagnata.

* * *

LA CERVA – racconto breve

* YouTube *
Questo racconto può anche essere ascoltato qui:
LA CERVA – Video di Guido Comin PoetaMatusèl

COMMENT

Prezioso Visitatore, che mi leggi: un breve commento, magari anche solo un saluto, scritto qui sotto, o un ‘Mi Piace’ cliccato, Ti costa solo un piccolo sforzo, però farà un GRANDE piacere a me, che lo trovo! Grazie. :O)

Copyright © 2014 Guido Comin PoetaMatusèl – Belluno, Italy. All rights reserved.

.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines