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La chat di Tin

Creato il 20 ottobre 2013 da Marcopress @gabbianone

Chi ha usato la chat di Tin, digitando lo storico “irc.tin.it”, sa di cosa sto parlando. Sostanzialmente viene dal Bronx. Era l’alba di Internet, tempi preistorici, al posto di Facebook ancora le figurine Panini, al posto di Twitter Titti faceva impazzire Silvestro. Tempi in cui ti assegnavano un indirizzo elettronico e se non lo cambiavi in 24 ore eri del gatto. Non a caso la mia prima leggendaria e-mail fu [email protected], più un ruttino che un codice fiscale.
In quella chat, dalle 21 in avanti, accadeva di tutto. Uomini che si fingevano donne, donne che si fingevano troie, troie che facevano le troie, pedofili che facevano i bambini, bambini che erano a letto. Chi ne emergeva in tempo, riusciva almeno a farsi un paio d’ore di sonno.
La premessa serve a rilevare che nel Bronx hanno poi messo qualche panchina e qualche albero in più, ma il livello è in molti casi rimasto quello. Anziché entrare nel merito dei milioni di vicende interessanti proposte in rete, infiniti commentatori hanno un solo obiettivo: dimostrare quanto sono imbecilli. Non parlo dei blogger che i commenti se li inventano, ma di quelli veri. Per restare in zona, il direttore del Messaggero Veneto, con ammirevole pazienza peraltro, ne rimbalza non pochi ogni giorno. Ma è sufficiente entrare in un sito di quotidiano politico, non parlo di sport, per annegare nel becerume.
Siamo alla chat di Tin 2.0. Ci sono le fotine, ma abbondano gli anonimi, il troll nel dna. In un mondo migliore, anche in questo caso, basterebbe applicare le tariffe nei confronti dei commentatori di mestiere. Scrivi un’offesa? Il computer ti si congela per un quarto d’ora. Vai fuori tema? Il tuo megaPentium galattico ti si riduce per un’ora a 286. Passa una settimana e non hai ancora scritto una cosa, non dico intelligente, ma almeno civile? Il tuo Mac esplode come una Big Babol.



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