Magazine Economia
La geopolitica,in questo periodo,non può non essere analizzata:
L’articolo “Islamic banking rises on oil wealth, drawing non-Muslims” pubblicato sul New York Times il 22 novembre 2007 riferiva: ‘La nascente ricchezza petrolifera sta portando il sistema bancario islamico, che aderisce alle leggi del Corano e alla sua proibizione di applicare interessi, verso il mainstream finanziario...Oltre al prestito islamico, ci sono i buoni islamici, le carte di credito islamiche...Prestiti e buoni conformi al Corano sono già disponibili negli Stati Uniti...’
“Questa è un’impresa che si sta trasformando da impresa di nicchia a impresa pienamente globale”, ha sostenuto Khawaja Mohammad Salman Younis, amministratore delegato in Malesia per la Kuwait Finance House, la seconda banca islamica più grande al mondo. “Nel giro di tre-cinque anni vedremo nascere banche islamiche in Australia, Cina, Giappone e in altre parti del mondo”.
“Nel sistema bancario islamico il finanziatore deve dividire i rischi con il beneficiario e quindi il correntista è trattato piuttosto come azionista e guadagna una parte degli introiti. Le offerte finanziarie assomigliano a leasing con diritto di riscatto, piani di accantonamento, contratti di compravendita in comune, o a vere partnership.
“La corsa verso la finanza islamica è soprattutto un tentativo di controllare un flusso di denaro stimato in 1,5 migliaia di miliardi di dollari in fondi del Medioriente, derivanti in maggior parte da più elevati prezzi del petrolio...Questi investimenti hanno ravvivato l’economia attraverso il mondo musulmano e allo stesso tempo hanno accresciuto il conservatorismo religioso dei 1.6 miliardi fedeli all’Islam. Il risultato è una domanda in espansione di servizi finanziari aderenti alla legge islamica...
“E mentre le più grandi banche islamiche si trovano nei ricchi stati del Golfo, i mercati potenziali più interessanti sono in Turchia e nel nord Africa (enfasi aggiunta) e tra i musulmani europei...
“...anche i non musulmani stanno godendo dei rendite competitive offerte dalla vasta gamma di prodotti islamici. Per esempio, David Ong-Yeoh, un manager di pubbliche relazioni stanco di deplorare il crescente tasso d’interesse sul suo mutuo a tasso variabile, lo ha rinegoziato ad un tasso fisso trentennale con un istituto finanziario islamico. Ora paga rate regolari che includono un margine di profitto prestabilito per la banca.
“ ‘I termini sono più convenienti rispetto ai prestiti convenzionali’, ha dichiarato Ong-Yeoh, di 41 anni.
“La finanza islamica evita anche altre pratiche proibite..I banchieri che osservano la Shariah non possono ricevere o fornire fondi che abbiano a che fare con alcol, gioco, pornografia, tabacco, armi o maiali. I sostenitori delle banche islamiche dicono che questi sono limiti che un investitore con coscienza sociale può sostenere, musulmano o no. Un altro fattore d’interesse consiste nella proibizione degli interessi, che proviene dalla proibizione dell’usura da parte del Corano.
“È una visione che ha una lunga tradizione storica e religiosa. Gli interessi sono ripetutamente condannati nella Bibbia. Aristotele li denunciò, i romani li limitarono, e la prima chiesa cristiana li proibiva..
“L’idea che tutte le spese legate agli interessi siano ingiuste è ora alla base della finanza islamica...L’accumulo di denaro non è ben visto nel Corano, così i risparmi non producono profitto a meno che vengano usati per qualcosa di produttivo.
“ ‘Il denaro dovrebbe essere usato per creare valore nel paese o nell’economia’ dice Maraj. ‘I soldi non possono generare soldi’.
“Né le banche islamiche possono semplicemente vendere denaro. ‘Nel modello finanziario islamico, le banche dovrebbero muovere i fondi tramite un concetto di gestione degli stessi’ sostiene Rafe Haneef, capo del sistema bancario islamico in Asia per Citigroup.
“In effetti il sistema bancario islamico dovrebbe funzionare più come un accordo equo tra privati e non come capita nei classici sistemi bancari. Haneef sostiene che ‘l’equità tra privati è un principio islamico’.
“I sostenitori del settore dicono che il requisito di condivisione del rischio aiuta a ridurre il genere di abusi che ha portato al disastro dei mutui subprime negli Stati Uniti. Gli studiosi non considerano islamica l’idea di oberare i clienti di debiti o investire in aziende con eccessivi debiti”.
L’articolo del Washington Post ‘Islamic Banking: Steady in Shaky Times’, ottobre 2008, sosteneva che “Mentre i grandi istituti finanziari occidentali traballano per la crisi che si sta verificando da qualche settimana, un altro settore finanziario sta acquistando spessore: il sistema bancario islamico. I sostenitori dell’antica pratica, basata sulla guida della sharia che proibisce gli interessi e fare affari coi debiti, stanno promuovendo la finanza islamica come cura contro il collasso finanziario globale.
“Questa settimana il ministro del commercio del Kuwait, Agmad Baqer, ha affermato che la crisi globale porterà più paesi ad adottare i principi islamici nella gestione delle loro economie. Il segretario del Tesoro americano, Robert M. Kimmet in visita a Gedda ha dichiarato che gli esperti del suo dipartimento stavano studiando le caratteristiche del sistema bancario islamico.
Sebbene il sistema islamico da mille miliardi di dollari stia affrontando difficoltà dovute al crollo dei prezzi degli immobili e delle azioni, i suoi sostenitori affermano che il sistema ha una protezione intrinseca dal tipo di collasso che ha colpito così tanti istituti. Perché l’uso di strumenti finanziari come i derivati, accusati di essere responsabili della caduta dei giganti dei sistemi bancari, assicurativi e d’investimento, è proibito. Così come il rischio eccessivo.
“ ‘Il bello del sistema bancario islamico e il motivo per cui può essere usato come sostituto dell’attuale mercato è il fatto che si promette solo ciò che si possiede [ contrariamente al sistema di riserva frazionaria della banche occidentali]. Le banche islamiche non sono protette se l’economia è in declino, soffrono ma non lasciano nessuno in panne’ sostiene Majed al-Refaie, che dirige la Unicorn Investment Bank con sede nel Bahrain.
“Il principio teologico dietro il sistema bancario islamico è una legge sacra che dichiara che l’accumulo di interessi è una forma di usura, la quale è proibita nell’Islam. Nel mondo moderno questo si traduce in un approccio nei confronti del denaro diverso da quello occidentale: i soldi non possono stare fermi e generare altri soldi. Per crescere devono essere investiti in attività produttive.
“ ‘Nella finanza islamica non puoi ricavare denaro dal nulla’, sostiene Amr al-Faisal, membro del consiglio di amministrazione di Dar al-Mal al-Islami, una holding che possiede diverse banche islamiche e istituti finanziari. ‘I nostri affari devono essere legati a un’attività economica reale, come un bene o servizio. Non si può ricavare denaro dal solo denaro. È necessario avere un edificio che è stato concretamente acquistato, aver reso un servizio, o aver venduto un bene’.
I banchieri di questo sistema islamico assimilano i correntisti a partner – il loro denaro viene investito e loro condividono i profitti o, nel caso, le perdite. (Nelle interviste fatte, i banchieri non sono riusciti a rammentare casi in cui i depositanti avessero perso denaro; a loro dire, questo dimostra che le banche usano quei fondi solo in investimenti a basso rischio)”
È facile capire perché i Rothschild e loro soci delle banche occidentali convenzionali sarebbero minacciati dalla competizione di un più conveniente e conservatore sistema bancario islamico.
Verso la fine del 2008, il ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, ha annunciato l’intenzione della Francia di far diventare Parigi ‘la capitale della finanza islamica’ e ha aggiunto che diverse banche islamiche avrebbero aperto filiali nella capitale francese nel 2009. Fonti francesi stimano che quest’area di mercato finanziario può valere dai 500 ai 600 miliardi di dollari e potrebbe crescere mediamente dell’11 percento annuale.
John Sandwick, amministratore delegato della Encore Management, società di asset management svizzera, ha descritto l’apertura di diverse banche islamiche in Svizzera come ‘la corsa al controllo del primo premio che oggi vale centinaia di miliardi ma nel futuro varrà migliaia di miliardi di dollari di ricchezza islamica.”
“Secondo Standard and Poor’s, gli investimenti del sistema bancario islamico sono stati di circa 400 miliardi di dollari in tutto il mondo nel 2009. A novembre del 2010, The Banker ha pubblicato la sua più recente autorevole lista dei 500 migliori istituti finanziari islamici con l’Iran in testa.” (iStockAnalyst, 8 febbraio 2011)
L’International Business Times, nel commentare l’apertura della Zitouna (Islamic) Bank lo scorso 28 maggio, ha riferito che “il Nord Africa ha iniziato ad abbracciare la finanza islamica dopo essere rimasto per anni a guardare in disparte, in parte per incanalare più petrodollari del golfo arabo verso la regione...la Tunisia ha una delle economie più aperte della regione e attrae investimenti sostanziosi dalla UE, trend che dovrebbe essere accelerato nel 2014 cioè quando, secondo il governo, il dinar tunisino sarà pienamente convertibile”.
Il Global Islamic Finance News ha riportato il 31 maggio scorso che “la Zitouna Bank cerca di creare anche una dimensione regionale nelle sue attività, in particolare nel Maghreb, quanto più possibile così da poter diventare la prima banca specializzata che non appartiene a gruppi bancari stranieri... La banca inoltre cercherà di costruire profondi rapporti con le banche del Maghreb e mediterranee per garantire il flusso necessario per le operazioni finanziarie dei propri clienti. I dirigenti della banca hanno rimarcato il fatto che l’istituto finanziario ha stabilito rapporti con 12 banche islamiche in collaborazione con l’istituto delle banche islamiche nel Bahrain.
La formazione della Zitouna bank era stata annunciata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Tunisina il 10 settembre 2009. Tunisia e Marocco hanno autorizzato la finanza islamica nel 2007, in parte per incanalare più investimenti verso i settori a veloce crescita del turismo e immobiliare.
La Zitouna Bank di El Materi, data la sua parentela con Ben Ali, si stava espandendo in Tunisia a livelli di monopolio. El Materi ha costruito un potente impero affaristico: ha operato nel settore delle news e dei media, nei sistemi bancari e servizi finanziari, settore dell’automobile, navigazione e crociere, immobili e agricoltura, industria farmaceutica e lo scorso 22 novembre ha acquistato il 50% delle partecipazioni in Orascom Telecom per 0,2 miliardi di dollari.
L’appena inaugurato Tunis Financial Harbour è stato sul punto di diventare il centro della finanza regionale del Nord Africa e, con la sua posizione strategica nel mar Mediterraneo, di diventare un pontre tra la UE e le crescenti economie nord africane e dell’Africa subsahariana.
Il 20 gennaio 2011, la Zitouna Bank, prima banca islamica della Tunisia è stata confiscata dalla Banca Centrale della Tunisia, dei Rothschild. La banca di proprietà di Sakher El Materi, genero trentenne del deposto leader tunisino Zine El Abidine Ben Ali è stata posta sotto “il controllo” della banca centrale. Materi si trova ora a Dubai. La mossa è stata fatta il giorno dopo l’arresto di 33 persone legate a Ben Ali per crimini contro la nazione. La televisione di stato ha mostrato il materiale sequestrato consistente in oro e gioielli. Anche la Svizzera ha congelato i beni della famiglia di Ben Ali.
In Egitto,per prima cosa sono stati congelati beni del dittatore
In Libia non si fa nulla,ma il congelamento dei beni è già cosa fatta
La sensazione è che la scusa delle democrazia sia solo un'occasione per i grandi enti nazionali Nato,Fed ecc...di congelare fondi, di cui di fatto diverranno proprietari e poi dare una falsa democrazia.
Ma quanto costerà il prezzo di questa ipotetica democrazia??
Se prima privi uno stato delle sue ricchezze,poi gli dai una finta democrazia,ma soprattutto gli fai una marea di prestiti a tassi da usura,questo popolo come farà mai a vedere una luce in fondo al tunnell???
Dott Fabio Troglia
[email protected]
www.lamiaeconomia.com
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