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LA CITTÀ INVISIBILE 10 I Cavalieri Inesistenti
Diarcopolis era una città davvero strana, ai limiti del surreale. Come già detto, a Diarcopolis non esistevano edifici, con la sola eccezione di Palazzo Versoil. E se questa inesistenza di edifici era già di per sé strana, ancor più sorprendente era il fatto che a Diarcopolis circolassero degli esseri totalmente invisibili allo sguardo che, proprio per questa straordinaria caratteristica, erano denominati Cavalieri Inesistenti.
Si trattava di burocrati (spesso alti burocrati) caduti, per un motivo o per l’altro, in disgrazia; fatto che ne decretava la trasformazione in Cavalieri invisibili, pur restando vivi e vegeti. Nonostante, la loro decadenza nelle graduatorie di Palazzo Versoil, i Cavalieri Inesistenti conservavano le prebende economiche e le prerogative di casta inererenti al rango degli alti burocrati.
Certo, vederli circolare per i corridoi di Palazzo o per le strade di Diarcopolis faceva una certa impressione. Li si poteva vedere deambulare quasi come degli automi disanimati, con un incedere meccanico privo di quel naturale ondeggiamento, tipico dei bipedi umani. Era come se avessero delle ruote invisibili al posto delle gambe e dei piedi. Quelle immaginarie rotelline rendevano i loro movimenti fluidi e lenti. Sembrava che scivolassero via silenziosi come serpenti sguscianti.
Tutti i Cavalieri Inesistenti erano ricoperti di gualdrappe bianche e prive di qualsiasi fregio o tasca. Il cappuccio era eternamente tirato su, a nascondere l’invisibilità dei loro volti, la cui esistenza si intuiva per il solo fatto che raramente, molto raramente, questi strani esseri emettevano dei flebili suoni, quasi impercettibili, che avevano poco di umano.
All’apparenza i Cavalieri erano tutti uguali, quasi intercambiabili fra loro. Ma, nonostante la difficoltà di distinguerli, esisteva un metodo infallibile per individuarli e senza possibilità di errore: ognuno di loro, infatti, aveva un odore specifico, così penetrante e caratterizzante da rendere impossibile confonderli per chi ne conoscesse lo strano “codice olfattivo”.
Fra di loro spiccava Rullulfo che era il più strambo fra i Cavalieri Inesistenti. Innanzitutto, la sua firma olfattiva era di quelle che non si possono dimenticare: egli emanava, infatti, quell’inconfondibile tanfo che solo i cadaveri in lunga putrefazione possiedono. Fortunatamente, sono in poche le persone ad aver mai sentito in vita loro “puzza di cadavere”, ma quelle che l’hanno sentita, anche una sola volta, non la scorderanno mai più, dovessero campare cent’anni.
Rullulfo, il più inesistente tra i Cavalieri Inesistenti, era riconoscibile anche a grande distanza, proprio a causa degli insopportabili effluvi che il suo corpo invisibile emanava. Era scansato come un lebbroso da chiunque, anche a notevole distanza, sentisse arrivare il suo tanfo premonitore. Soprattutto quando ci si trovava sotto vento, infatti, si poteva pronosticarne l’apparire anche molti minuti prima del suo concreto sopraggiungere. Era stato proprio per questo suo oramai insopportabile puzzo che lo avevano relegato in una sorta di esilio forzato, molto lontano da Palazzo Versoil, in un luogo appartato che qualcuno in gergo chiamava il “Lebbrosario” di via della Foresta.
Eppure, un tempo poi non tanto remoto, Rullulfo era stato un ascoltato e potente burocrate. Prima che gli eventi precipitassero, relegandolo al rango di errabondo Cavaliere Inesistente, Rullulfo era stato per lungo tempo il plenipotenziario matematico, depositario unico dell’Abaco d’Oro e responsabile incontrastato di ogni forma di comunicazione telematica di Diarcopolis, piccioni viaggiatori compresi.
Per cotanta importante funzione era stato prescelto da un vecchio diarca, Sarnataurus, anch’egli oramai caduto in disgrazia, che vedeva in lui un fido e garantito scudiero, sempre pronto ad eseguire ciecamente qualsiasi ordine, anche quegli ordini la cui pedissequa esecuzione poteva determinare conseguenze nefaste e nefande.
Tale fedeltà assoluta di Rullulfo aveva determinato, sotto la reggenza del diarca Sarnataurus, la sua improvvisa e folgorante ascesa che, però, con il declino del suo mentore si era altrettanto rapidamente trasformata nella incontrollabile iattura che lo aveva lentamente ridotto al rango di Cavaliere Inesistente.
A poco erano valsi, infatti, i disperati tentativi della Papessa in Nero, con cui da sempre Rullulfo aveva intrecciato rapporti di reciproca collaborazione e mutuo soccorso. La loro alleanza era stata perfetta nel periodo d’oro in cui Sarnataurus regnava quasi incontrastato sui destini di Diarcopolis. Per ogni innovazione, ogni piccolo strumento, ogni stramba diavoleria meccanica fosse stato possibile introdurre per agevolare il funzionamento di Diarcopolis, il duo Sarnataurus-Rullulfo era sempre stato pronto a chiedere grandissimi sacrifici per le allora apparentemente floride casse del Regno.
Fiumi di talleri, così, avevano per anni inondato i forzieri degli entusiasti mercanti che potevano contare sull’incondizionata fiducia dei due potentissimi numi tutelari.
La fine di Sarnataurus aveva decretato anche l’anticipata conclusione della carriera di Rullulfo che da decano dei Cavalieri Inesistenti era stato definitivamente abbandonato anche dalla Papessa in Nero che per consolarsi da tale lutto stava pensando di riciclarsi come amorevole perpetua del prode Cardinale Ricarlieu.
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