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Gli antichi minoici
Per inquadrare meglio i rapporti dei sardi dell'età del Bronzo con il vicino oriente è necessario descrivere la più importante civiltà marinara dell’epoca, quella minoica. Nelle isole la prosperità delle attività economiche era strettamente legata ai porti, ingresso ai ponti navali che collegavano al mondo degli scambi nel Mediterraneo. Qualunque risorsa, per poter essere scambiata favorevolmente, necessitava di un trasporto verso la terraferma. Con poche settimane di navigazione la mercanzia poteva arrivare dalla Sardegna a qualunque porto orientale, da Cipro a Ugarit, da Creta all’Egitto, Biblos, Tiro e Sidone. Si poteva far rotta anche verso la penisola greca, giungendo al porto di Micene, uno snodo commerciale importantissimo che offriva terraferma e cibo ai mercanti che andavano per mare. Non c’è da sorprendersi dunque se la Sardegna, Creta e Cipro rappresentavano i più importanti centri commerciali dell’epoca.
È interessante fare un approfondimento della civiltà minoica, senza per questo attribuire ad un popolo ben definito, come accade anche per la civiltà mediterranea, gli eventi che caratterizzarono questa cultura. Recentemente la BBC, attraverso il canale televisivo History Channel, ha proposto un’interessante indagine sulla civiltà minoica e, basandosi sulle ricerche che l’archeologo Evans, un secolo fa, fece delle straordinarie scoperte a Cnosso (Creta), racconta di un popolo libero e indipendente che prosperava nella propria isola. Ma dalle ricerche più recenti emerge un quadro abbastanza diverso: fin dall’inizio i minoici si avventurarono al di là delle coste perché non possedevano il materiale che caratterizzò la loro epoca: il bronzo, la lega di rame e stagno estremamente versatile usata per fabbricare una grande varietà di oggetti (scalpelli di precisione, seghe lunghe fino a quasi tre metri e altro). Per i minoici era la tecnologia dalla quale dipendeva il progresso della loro civiltà. Grazie alla sua posizione geografica, a stretto contatto con le culture più avanzate d’oriente, Creta fu presto raggiunta dai segreti della manifattura del bronzo. Probabilmente fu introdotto dagli emigrati dalla odierna Turchia circa 5000 anni fa, 1000 anni prima dell’arrivo nelle regioni più occidentali del Mediterraneo. Sebbene fossero originari di un altro paese, questi “coloni” possono essere considerati i primi minoici, un’avanguardia del futuro il cui arrivo a Creta garantì alla popolazione locale un avanzamento nella fase evolutiva del progresso. Ma senza rifornimenti costanti di rame e stagno, la Creta minoica rischiava di tornare all’Età della Pietra. C’era solo una possibilità: prendere il mare. Gli antichi greci ignoravano che un antico re come Minosse possedesse una flotta a sua disposizione per scacciare i pirati, intimidire i nemici e rifornire, se necessario, il suo popolo. Nel Bronzo la supremazia sul mare era proprio questo. Le barche avevano un solo albero, una fila di rematori ed erano costruite con fibre vegetali e rivestite di pelli, sughero e resina: erano simili ai Kayak. In queste fragili imbarcazioni si avventuravano in acque spesso ostili per barattare e scambiare e, nel contempo, cucivano insieme le culture del Mediterraneo. Purtroppo non abbiamo testimonianze scritte, ma le tracce storiche sono evidenti attraverso le culture con cui vennero a contatto, li conobbero e scrissero su di loro. Nel XV a.C. i mercantili si dirigevano verso l’Egitto e dopo circa 20 giorni di navigazione arrivavano alla foce del Nilo, con la possibilità di proseguire per via fluviale fino a Tebe riuscendo, all’arrivo, a dare un’immagine dei minoici molto diversa da quella descritta da Artur Evans.
La tomba di Rekhmire, un potentissimo burocrate egizio, si trova nella valle dei re. Le raffigurazioni visibili nelle pareti ci offrono una panoramica completa dei popoli che gravitazionavano nella sfera di influenza egiziana. Gli etiopici, ad esempio, portano incensi e pelli di animale. Il popolo della Nubia dona avorio e oro. I siriani portano vasi e carri. I principi di Keftiu sono forse i più interessanti: potrebbero essere i nostri shardana oppure, più verosimilmente, i minoici, perché gli oggetti che portano sono tipici di Creta, anche se uno di essi porta sulle spalle un lingotto ox-hide perfettamente uguale a quelli ritrovati in Sardegna, prodotti con rame locale ed esportati nel Mediterraneo orientale. Non possiamo trascurare un dettaglio così importante e raffigurato con estrema cura. Se fossero minoici dovremmo pensare che questo popolo aveva strettissimi legami con i sardi e viceversa. La tomba di Rekhmire ci costringe quindi a rivedere la nostra mappa mentale a partire dai nomi. Keftiu potrebbe essere il nome con il quale i minoici chiamavano se stessi, e invece di vedere Creta come l’origine sud-orientale dell’Europa, la dovremmo intendere come l’estensione nord-orientale di ciò che oggi noi intendiamo per Oriente. A giudicare dai prodotti cretesi raffigurati nella tomba di Rekhmire, i minoici si specializzarono nella fabbricazione di ciò che era desiderabile piuttosto che strettamente necessario: vasellame raffinato, cosmetici, stivali di pelle e manufatti metallici eleganti. Diventarono famosi nel dare a oggetti d’uso quotidiano un inconfondibile tocco di lusso. C’era soprattutto un prodotto su cui si basava la fama degli eccezionali artigiani dell’isola, e la vita di questa mercanzia iniziava sott’acqua. Si tratta di piccoli molluschi denominati murici, serpenti marini che si cibano di carne in decomposizione. L’odore è disgustoso ma i minoici riconobbero la sua vera potenzialità: potevano estrarne qualcosa che valeva a peso d’oro. Era conosciuta semplicemente come porpora, una tintura per tessuti. Se il bronzo era identificato con la forza e i muscoli, la porpora significava fascino, status sociale e ricchezza, si trattava di uno dei prodotti più desiderabili dell’antichità. Nell’antichità il porto di Tiro era riconosciuto come la fonte primaria di questa rarità, ma scavi archeologici recenti suggeriscono che alcuni secoli prima i minoici potrebbero aver aperto la strada alla produzione della porpora. Gli archeologi che lavorano nel porto di Kommos hanno trovato migliaia di gusci di murici che risalgono al periodo minoico, molti con un foro nella conchiglia. Questo foro non è opera dell’uomo ma del mollusco.
In natura il murice è sia un predatore sia uno spazzino, dà la caccia ad altri crostacei, ne perfora il guscio e si nutre dell’interno. I murici di Kommos sembrano aver prediletto la loro stessa specie, si è trattato di un atto di cannibalismo di massa. Un comportamento simile suggerisce che queste creature non vivevano bene le une accanto alle altre e siamo di fronte ad una sorta di coltivazione industriale. La produzione industriale è comprensibile poiché dobbiamo pensare che ci volevano oltre 1000 murici per colorare l’orlo di una sola veste. La porpora fece dei cretesi del Bronzo i padroni assoluti del commercio dei beni di lusso nel Mediterraneo. Questo prodotto prezioso e facilmente trasportabile permise loro di sfruttare non solo i fabbisogni, ma i desideri della loro epoca. Ogni volta che un commerciante cretese faceva un affare nel porto di Tiro o nei mercati di Micene, la reputazione dei Keftiu e della loro isola leggendaria veniva amplificata. Ma non erano solo le merci ad attraversare i mari, lo facevano anche le persone. Durante il Bronzo gli architetti, gli artisti e gli artigiani erano in movimento in tutto il Mediterraneo, al servizio di governanti bramosi di impressionare gli stranieri con la raffinatezza e il calibro della propria forza lavoro. Essendo questi viaggiatori creativi e sempre attenti a ciò che li circondava, le possibilità di una contaminazione culturale e di uno scambio di idee diventavano tangibili. Questo potrebbe spiegare l’apparire di un elemento del tutto nuovo a Creta: il palazzo.
...domani la 2° parte
Immagini i link: parodos e menade.go.ilcannocchiale.it
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