La classifica di Les Cahiers Fashion Marketing analizzata punto per punto

Creato il 15 ottobre 2013 da Alessandrapepe @AlessandraPepe

Quello che vorrei fare oggi è spiegare, punto per punto, citando dalle famose FAQ di Les Cahiers Fashion Marketing, il perché io e altre blogger, stiamo combattendo una faida contro la famosa classifica che ogni mese genera ventate e ventate di polemiche destinate a scuotere per ore se non giorni le conversazioni sui social tra di noi, che spesso sfociano in discussioni animate, talvolta anche in litigi.

Ecco, sono qui a spiegarvi perché io, Alessandra Pepe, blogger di professione, presente in questa classifica da sempre (febbraio 2011) a posizioni più o meno altalenanti ma da dicembre 2012 sempre mai sotto la 15, ritengo che questa classifica NON SIA VERITIERA e che oltretutto, se lo fosse, e lo dico contro il mio stesso interesse, io probabilmente non rientrerei nemmeno tra le prime 100. Ma andiamo con ordine, prenderò dei punti particolarmente significativi scritti dalla redazione nelle famose FAQ di cui vi accennavo poco fa e spiegherò il perché, sempre secondo me, sono poco chiari e, spesso, faziosi. Come sempre (e sono nella blogosfera dall’età di 16 anni, quando metà delle blogger di adesso ancora andavano all’asilo) sono pronta a prendermi piena responsabilità di ogni cosa che scriverò.

Tutto ciò che vedrete in neretto da ora in poi sono parole di Les Cahiers, tutto il resto, farina delle mie elucubrazioni.

Offrire un rapido orientamento alla comunità dei maketing manager che ricercano collaborazioni con i fashion blogger (che Les Cahiers considera essere nuovi publisher). Nel mare magnum del World Wide Web, in cui sono disponibili migliaia di fashion blog, la classifica da un’indicazione di massima dei fashion blog indipendenti più seguiti. Vorrei soffermarmi su due concetti espressi in questo primo punto “La classifica da un’indicazione di massima”, ok, allora perché è intitolata “I 100 Fashion Blog più seguiti in Italia”? Dal titolo non trapela affatto che si tratta di “indicazioni di massima”, anzi, sembra un’assioma bello e buono. Secondo punto la parola “indipendenti”. Indipendente in italiano significa “autonomo, libero, non vincolato da una superiore volontà”. Les Cahiers ha deciso di escludere dalla classifica i blog appartenenti a circuiti da loro definiti editoriali e dunque non vediamo da tempo le IT Blogger di Grazia e da questo mese nemmeno quelle che, come me, hanno un contratto PUBBLICITARIO con Leonardo ADV. Perché l’hanno fatto? Perché sostengono che far parte di circuiti di questo tipo genera nei nostri blog dei vantaggi da cui la maggior parte dei blog sono esclusi e soprattutto ci fa uscire dal concetto di “indipendenza”. Ora, senza chiaramente entrare nei dettagli del mio contratto perché per ovvi motivi non lo posso fare, posso dichiarare con una certa  sicurezza, spavalderia e anche con il sorriso sulle labbra che io non ho assolutamente perso la mia indipendenza: contenuti editoriali, scritti, presenze ad eventi e viaggi stampa, recensioni di prodotti, insomma tutto quello che trovate sul blog è farina del mio sacco o del sacco dei miei due collaboratori, che saltuariamente si prestano a scrivere su MOMA le loro opinioni senza ricevere alcun compenso. Continuo ad essere io a scegliere cosa pubblicare e cosa no, vaglio io le proposte di collaborazione. Cosa fa per me Leonardo ADV? Trattandosi di una concessionaria pubblicitaria gestisce tutti i banner che vedete su MOMA che, credo non ci sia bisogno di spiegarvelo, costituiscono un guadagno, ma non perché io sono una cattiva blogger dipendente da qualcuno, semplicemente perché la legge del web vuole che gran parte dei guadagni vengano dalle inserzioni pubblicitarie (da cosa pensate che guadagni un sito come Vogue.it o, per dire, anche Facebook stesso? Ovviamente dall’ADV). Ora, avere dei banner forniti dalla mia concessionaria mi rende meno indipendente di chi li ha perché ha deciso di metterceli tramite accordi privati con brand o aziende? Direi proprio di no, eppure tutte le altre non meritano di essere escluse dalla classifica.

Le classifiche di Les Cahiers Fashion Marketing non intendono esprimere un giudizio sulla professionalità dei fashion blogger. Non intendono, ma lo fanno eccome. Perché lo fanno? Perché escludendo dalle loro classifiche tutti i blog che secondo loro non sono da definirsi “indipendenti”, secondo i criteri opinabili di cui vi ho parlato poc’anzi, esprimono implicitamente un giudizio. Inoltre, avendo ormai escluso per le più svariate ragioni metà della blogosfera old school che opera con serietà e ha fatto del blogging un mestiere ci impediscono di farci conoscere da tutti i nuovi PR o le aziende che per la prima volta si approcciano al nostro mondo. Perché? Perché, anche se in molti non lo ammettono, la classifica è letta SEMPRE dagli addetti ai lavori, tanto che spesso ho ricevuto via mail o di persona dei complimenti per la mia posizione, o semplici ammissioni di avermi “trovata” tramite questa classifica. Ho la fortuna di occuparmi anche di digital PR per vari clienti e quando mi viene chiesto di presentare un progetto in cui rientrano anche delle blogger non mi sono mai e dico mai basata su un criterio quantitativo, né tantomeno sulla classifica di Les Cahiers. Mi sono girata il web in lungo e in largo, ho letto così tanti blog da farmi lacrimare gli occhi e alla fine ho fatto delle scelte, pensando al bene del cliente, pensando a come sarebbero stati elaborati gli scritti, i post, inerenti al progetto, pensando alla salvezza della lingua italiana e alla salvaguardia dell’immagina del brand da me curato, perché finire “tra le grinfie” dei blogger della domenica o finire pubblicizzati su canali social con migliaia di follower comprati di sicuro per l’azienda non rappresenta un vantaggio. Ma ho divagato, dicevo, purtroppo i brand che si approcciano per la prima volta al mondo delle fashion blogger e per farsi un’idea fanno una ricerca su Google, si imbattono inevitabilmente in questa classifica e, senza stare a badare troppo a criteri e FAQ, la prendono per buona. Snellisce il lavoro di ricerca, fa perdere meno tempo…Chi dalla classifica è uscito per i motivi più svariati, come me, non verrà trovato e mancheranno così opportunità di collaborazione. E non venite a raccontarmi che con PR così superficiali voi non volete lavorare, perché nessuno “nasce imparato” in questo lavoro e ho visto e conosciuto moltissimi PR in questi anni maturati moltissimo con il tempo, PR che hanno imparato dopo qualche errore a rapportarsi con la blogosfera in modo efficace, cosa che potrebbe benissimo succedere anche ad altri se solo avessero la possibilità di collaborare con chi il blogger lo fa sul serio e non con chi è rimasto in quella classifica per meriti dubbi (ovviamente sto generalizzando per necessità scrittoria, so benissimo che in classifica ci sono ancora blogger molto validi a fianco ad emeriti sconosciuti o a blogger improvvisati!).

Tutto quello che ho appena scritto contrasta apertamente con un altro punto delle FAQ di Les Cahiers che vado qui di seguito a riportarvi, vi ho appena spiegato perché non è vero, dunque non aggiungo altro: Il fatto di non essere presente nella classifica di Les Cahiers non deve essere inteso come penalizzante. Le nostre classifiche non interferiscono con l’indice di gradimento, che è invece il primo criterio di scelta di un blog da parte di un marketing manager in cerca di collaborazione. Il fatto di non essere presenti nella nostra classifica non significa per un blogger non esistere, né significa non avere chance di poter collaborare con le aziende. Lascio rotolare un po’ di balle di fieno sullo schermo prima di proseguire…

Inseriamo tutte le tipologie di fashion blog. (Ma come??) La nostra classifica mensile dei fashion blog più seguiti include i blog della gente comune, i blog delle celebrities (che già come tali andrebbero classificati a parte perché, in virtù della fama pregressa delle loro curatrici nascono avvantaggiati rispetto ad un’emerita sconosciuta come la sottoscritta e molte altre) (…)

Abbiamo escluso dalla classifica, tutti i blog che si autodefiniscono tali ma che evidentemente non lo sono. In particolare abbiamo escluso: testate giornalistiche (e questo ha un filo logico), testate giornalistiche mascherate da blog (e anche questo ha un senso, perché se entrasse in classifica il blog della Sozzani, ad esempio, o quello della Bignardi che fa parte di Vanity chiaramente non sarebbe giusto), i blog i cui contenuti provengono da agenzie di stampa, comunicati stampa o da canali tradizionali e ufficiali delle testate giornalistiche (no, ora, siete seri? Avete una vaga idea di quanti dei blog attualmente in classifica facciano “di mestiere” solo quello? Ovvero copia-incolla di comunicati stampa e nessuna rielaborazione creativa? Al di là di questo, sempre secondo voi, da chi ci arriva il materiale su cui basarci per i nostri post, dal cielo? Ovviamente ci arriva dai canali tradizionali, gli uffici stampa, gli stessi che utilizzano anche i giornali, quindi, seguendo questa logica tutti i blog andrebbero esclusi), blog non riconducibili ad un solo individuo, seppure di facciata, ma a progetti editoriali più ampi e istituzionali, blog gestiti da anonimi, blog di giornalisti il cui blog sia di proprietà di un gruppo editoriale, blog ospitati da siti di gruppi editoriali (e questo sarebbe il mio caso, ovvero la motivazione per cui sono stata esclusa, ovvero la motivazione che non mi stancherò mai di smentire. Perché voi, sì voi, adesso mi rivogo direttamente alla redazione di Les Cahiers, avete instillato nelle persone che leggono e frequentano il vostro sito, la convinzione che il mio MOMA, Entrophia.it di Nunzia Cillo, Freaky Friday di Sabrina Musco e Miss Pandamonium di Alessandra Nido, siano ospitati da un gruppo editoriale, quando non è vero. Leonardo ADV è una concessionaria pubblicitaria e come tale inserisce dei banner sul nostro sito, compreso uno che rimanda a Leonardo.it che fa parte del loro stesso gruppo, ma con cui noi non abbiamo nessun contratto e a cui noi non forniamo contenuti!), magazine online, blog che, come una testata giornalistica, sono organizzati in rubriche e non i categorie e che, di conseguenza offrono una quantità importante di contenuti diversi (certo, perché adesso differenziarsi e offrire più contenuti differenti ai propri utenti deve essere anche considerato un discrimine), blog aziendali (e qui apro un’altra parentesi per raccontarvi la storia della blogger Virginia Varinelli, esclusa anche lei dalla classifica perché nel suo blog ha un banner che rimanda ad un sito di e-commerce in cui vende gioielli da lei ideati pur non essendo questi gioielli in nessun modo l’argomento primario del suo blog. Mentre la Ferragni che ha il banner delle sue belle Superga ben visibile nel blog va bene? Fatemi capire…), blog di retailers, blog di siti e-commerce, blog che ospitano siti di e-commerce (perché una blogger, che magari è anche designer, non può avere sul proprio sito anche una piccola sezione di e-shop, perché?), blog i cui contenuti costituiscano attività di reblogging, blog che mostrano immagini provenienti dalla grande editoria di moda (rispetta il copyright!), anche quando tali servizi siano stati realizzati da fashion editor che pubblicano gli stessi servizi sul proprio fashion blog (aridaje, dunque cerchiamo di capirci, prima dite che i contenuti devono essere originali e ok, poi dite che non devono provenire dai tradizionali canali di comunicazione, quindi teoricamente i comunicati stampa e il materiale stampa in generale non vi va bene, poi aggiungete che non vi vanno bene nemmeno i blog che usano immagini di repertorio e magari citano persino le fonti perché sono immagini provenienti dalla grande editoria di moda. Ma allora una povera blogger che magari non è ancora invitata alle sfilate ma vuole commentarle che foto utilizza? Io davvero non capisco!).

Ma veniamo alla parte più succosa della questione, i dati.

I dati che la redazione prende in considerazione per valutare un blog sono: numero di accessi al sito, numero di pagine viste, tempo di permanenza sul sito, tasso di abbandono (bounce), tempo di caricamento del sito. Les Cahiers non analizza dunque solo il numero di accessi al sito, che resta in ogni caso il valore più determinante del successo di un blog, ma dà il giusto peso a tutti i dati analizzati, premiando nella fattispecie i siti che riescono a trattenere il lettore sul loro blog/sito (ma come non avevamo detto blog a tutti i costi?) per un tempo maggiore, anche attraverso la navigazione su più pagine. I blog presenti in classifica sono quelli che ottengono i migliori risultati sulla base dell’analisi di tutti questi parametri.

Da questo punto in poi parte un pippone infinito sul fatto che loro utilizzano Alexa per stilare le classifiche perché strumento alla portata di tutti, e in più hanno inventato un algoritmo che serve per dare i punteggi alle blogger (quei numeretti che si vedono di fianco al nome della blogger per intenderci, però da nessuna parte ci spiegano qualcosa su questo algoritmo, come l’hanno creato, su cosa di basa, che programmi utilizzano, e noi, visto che alla fine finiamo sbattute o meno su una classifica che gira per tutto il web, avremmo, a vostra cortesia il sacrosanto diritto di saperlo). Spiegano, in effetti  alcuni limiti di Alexa, ma verso la fine cadono in un errore, ovvero in pratica dicono che la famosa Alexa Toolbar non serve a niente e che blogger e visitatori, che l’abbiano installata o meno sul proprio computer, non cambia. Bene signori, mi trovo costretta a smentire questa parte: Alexa è uno strumento di analisi parziale, utilizzato per tanti anni dai web specialist in quanto unico strumento a disposizione nel suo genere, ma abbandonato di recente in favore di analisi certificate, come quella della Nielsen, o in favore del lavoro di figure specifiche che nel web si occupano di analisi dati e web reputation. L’Alexa Toolbar non è affatto un accessorio inutile, infatti, Alexa conteggerà per i vostri siti o blog le visite e i dati che arrivano da computer che hanno installato nel browser di utilizzo l’Alexa Toolbar.

Facciamo un esempio pratico, se mia zia dovesse aprire Internet Explorer, entrare sul mio sito, girarci un po’, aprire parecchie pagine e post, fermarsi a leggere e guardare fotografie, ecco tutto ciò da Alexa non sarebbe percepito perché mia zia non sa nemmeno cosa sia l’Alexa Toolbar, e come lei moltissimi visitatori italiani e del mondo. Da ciò deduciamo che Alexa non è uno strumento di analisi completo ma è uno strumento statistico, io amo paragonarlo, anche in modo un po’ azzardato ma rende l’idea, all’Auditel televisivo. Per calcolare gli spettatori di un programma ci si basa sui dati Auditel, ma l’apparecchio Auditel è in mano solo ad un campione rappresentativo di famiglie italiane, dunque i dati che ne derivano sono statistici. Ecco, l’Alexa Toolbar, essendo installata da un numero limitato di utenti, fornisce inevitabilmente dei dati parziali relativi alla situazione di navigazione di un sito web.

Se Les Cahiers volesse fare un lavoro con i crismi dovrebbe chiedere ad ognuna di noi blogger di fornire ogni mese dati specifici provenienti dai nostri codici di monitoraggio Google Analytics, Nielsen (io li ho entrambi) o comunque da enti certificati. Va da sé che sarebbe un’operazione estremamente complicata, non solo per la difficoltà a star dietro al reperimento di questi dati via mail da parte di tutte le blogger, ma anche perché ci sono blogger che Google Analytics non l’hanno mai installato e non sanno cosa sia.

In conclusione vi consiglio anche la lettura di un articolo illuminante, dal titolo Alexa Rank, se la conosci la ignori, direi che non necessita di ulteriori spiegazioni.

Chiudo augurandomi che prima o poi questa pagliacciata che non sta facendo altro che danneggiarci abbia fine al più presto e che le aziende, specialmente quelle che pagano l’abbonamento a Les Cahiers per vedere la classifica ogni mese in anteprima (e non dopo le canoniche due settimane dopo cui diventa fruibile a tutti i comuni mortali), aprano gli occhi e decidano di scegliere metodi più utili, efficaci ed edificanti per scegliere le proprie collaborazioni.

A tutte le mie colleghe blogger vorrei ricordare che noi non facciamo questo lavoro (o per alcune hobby, ma comunque tant’è), per rincorrere una classifica, lo facciamo per il piacere di scrivere e comunicare, talvolta prevalentemente per immagini come nel caso delle outfit blogger, ma comunque per comunicare. Con i nostri utenti fidelizzati, con quelli occasionali, tra di noi, insomma, se abbiamo delle visite da festeggiare sui nostri blog non lo dobbiamo di certo a Les Cahiers, ma al nostro lavoro quotidiano, che è quello a cui pensare e sui cui concentrare tutti gli sforzi.


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