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La cognizione del dolore:il male secondo Gadda

Creato il 02 maggio 2014 da Annalina55

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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
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Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

L’intera opera di Carlo Emilio Gadda  è considerata come un affascinante esercizio stilistico, ottenuto grazie al suo continuo giocare con i dialetti e le lingue, palese è, infatti, questo tentativo linguistico che, spesso, sembrerebbe addirittura indebolire la struttura narrativa dei suoi romanzi.

Spesso si è parlato di <<Caso Gadda>> per gli anni Settanta del Novecento, fenomeno molto simile al <<Caso Svevo>> degli anni Venti. Gadda è uno scrittore che si afferma con molta immediatezza e che conquista sin da subito il suo pubblico. Impossibile è scindere la sua vita di uomo da quella di scrittore. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale in cui  viene fatto prigioniero, lavora come ingegnere e verso gli anni 30 comincia a pubblicare i suoi primi lavori per la rivista Solaria. Lo scrittore trascorre molti dei suoi anni in solitudine, lontano da quelli che erano gli ambienti letterari del suo tempo e da alcuni circuiti. Quest’aspetto connoterà chiaramente la sua figura d’intellettuale. In seguito alle sue esperienze più traumatiche, come quella del fascismo, lo scrittore matura la convinzione che scardinare la realtà sia un dovere più che un compito, perché è ben diversa da ciò che immaginiamo, è sporca, coperta da perbenismo, è una realtà che sconvolge. Tra le sue opere più illustri citiamo “La madonna dei filosofi“, “L’Adalgisa“, “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana“, “Eros e Priapo” ma molti sono concordi nel riconoscere il suo capolavoro nella ‘‘Cognizione del dolore“, ed è con questo romanzo che conquista una posizione importantissima nel nostro panorama narrativo. Teatro della vicenda, narrata attraverso uno schema di <<blocchi narrativi>>, è un paese immaginario del Sud America, il Maradagal, davvero molto simile al territorio lombardo e, in particolare, alla Brianza. La figura centrale del romanzo è il Figlio misantropo della Padrona della Villa PirobutirroDon Gonzalo, che conduce la sua esistenza in solitudine  e logorato da un sentimento di ribellione, perseguitato da voci terribili sul suo conto che lo descriverebbero come un essere crudele. Il dottor Lukones è l’uomo che lo visita di volta in volta e al quale Don Gonzalo oppone la sua visione precisa sugli esseri umani e sul mondo, in cui rientrerebbe anche sua madre, proprio tristemente uguale agli altri. Per lei prova certamente affetto ma è pur sempre combattuto, diviso a metà. Ed è su questa scia di disordini e lotte interiori che possiamo leggere le pagine del romanzo. I temi affrontati riguardano, innanzitutto, la demistificazione del mondo e delle sicurezze dei <<beati possidentes>>, emblemi di una società sempre più consumistica e priva di valori e Gadda riesce benissimo a mettere a nudo questi uomini, nel loro essere miserabili e vuoti, contenitori inutili.  In un secondo momento, quasi come conseguenza, verrebbe da pensare che il secondo tema cardine della sua opera consiste proprio nel suo distacco da tutto questo, l’autore ha la cognizione di essere diverso, di non far parte di quell’ammasso di manichini e, per ovvie ragioni, resta solo, inquietato, turbato profondamente,  come risucchiato da una voragine che lo allontana sempre più dalla vita e da quei valori che non riconosce come suoi, ormai  già da molto tempo. Valori che sono di un mondo che si rifiuta di vedere come stanno le cose, non suoi. Un romanzo  frammentario che medita sulla conoscenza e  sui modi del male quindi, una sorta di trattato filosofico, non a caso il titolo stesso rimanda ad un passo di Schopenhauer, citato un paio di volte da  Gadda. Le scene narrative non sono omogenee e si nutrono di simboli, primo fra tutti quello dei Nistitùos ( custodi degli affiliati) che rappresentano i vincoli posti alla libertà, di arcaismi, neologismi e tecnicismi come è nello stile plurilinguista gaddiano caratterizzato da percezioni. Il paradosso, il grottesco, l’elemento barocco per Gadda sono già insiti nelle cose, nelle nozioni comuni, nelle espressioni di costume, nella realtà, nella storia e nella natura, storia e natura che non sono altro che un ripetersi di un tentativo di ricerca da parte dell’Arte e del Pensiero che trascendono la nostra conoscenza. “La cognizione del dolore” come ha acutamente rilevato il critico Roscioni, può iscriversi nella tradizione romanzesca umoristica che ha tra i massimi esponenti lo scrittore Sterne. Un’ opera densa che offre molti spunti di riflessione soprattutto legati alla figura del protagonista , Gonzalo, dominato dal pensiero della morte e ossessionato dalla figura della madre, attraverso il quale Gadda cerca di individuare le ragioni del male che hanno portato il rancoroso Gonzalo ad odiare tutti gli altri, per difendersi dalla vita, dalla quale si è sempre sentito respinto e offeso. L’uomo non risparmia nessuno, nemmeno gli umili e gli sprovveduti (“maree d’uomini e di femmine! con distinguibile galleggiamento di parrucchieri di lusso, tenitrici di case pubbliche, fabbricanti di accessori per motociclette, e coccarde”), ma la sua è un’ira che nasce, paradossalmente, proprio dal suo raziocinio che lo spinge a criticare la dissocialità altrui, insofferente della stupidità del mondo, ma è consapevole che anche lui è parte di questo triste destino, di questa sofferenza comune. Qusta insofferenza verso il mondo e il destino è la causa principale dell’irritazione di Gonzalo e delle sue invettive, dileggi e  pensieri saracastici non il rapporto conflittuale con la madre, che è solo una conseguenza. Un forma di delirio, in definitiva, un delirio interpretativo come lo indicherebbe la psichiatria che però non deve essere pensato come una diagnosi negativa, anzi lo stesso Gadda è benevolo verso il suo protagonista, che non distorce la realtà ma è parte delle deformazioni del costume e del tempo.In poche parole quella di Gonzalo è una reazione ad un trauma motivata da moventi logici e razionali sebbene leggendo il romanzo si ha come prima impressione di essere di fronte ad un personaggio delirante ed allucinato. Di Anna Vitiello.  

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