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La Comandante Comanche di Roberto Mengoni. Intervista all’autore

Creato il 11 aprile 2014 da Lundici @lundici_it
copertina

Ogni giorno, o quasi, arrivano a L’Undici mail di scrittori e poeti che chiedono di essere pubblicati o recensiti. Qualcuno è esordiente, altri hanno partecipato ad antologie e concorsi. A volte vengono segnalati dai loro editori. Altre da amici. Spesso si autopromuovono. In genere riesco ad intervistarne uno o due al mese, quelli che mi ispirano di più. Molti vengono esclusi per ovvi motivi di spazio e di tempo, o perchè molto lontani dallo stile della nostra rivista.Dal 2010, anno in cui ho iniziato ad essere Marinda, ho conosciuto tanti scrittori e poeti, ho avuto occasione di leggere libri interessanti che mai avrei saputo esistessero. Ma ho anche affrontato diverse pubblicazioni di cui coglievo lo spessore o la bella scrittura, ma che mai mi sarei sognata di leggere, perchè molto lontani dai miei gusti. Non voglio essere fraintesa. Il tempo per la lettura è quello che è, cioè poco. I gusti negli anni si affinano e cambiano. Se riesco a leggere un libro ogni due o tre settimane, voglio che sia quello che decido io. Possibilmente una scrittura perfetta, che mi introduca in luoghi e storie originali, che mi proponga intrecci e mondi interiori o personaggi che mi sorprendano e mi rimangano dentro.
Dei tanti intervistati e recensiti, alcuni sono rimasti fra i collaboratori dell’Undici, come Antonio Capolongo o Daria Cozzi, o Paolo Agnoli, ottimo saggista scientifico. Poi ci sono altri stimabilissimi autori che pubblicano libri, che hanno una loro vita editoriale, che hanno uno loro pubblico su L’Undici senza che però si sia mai parlato di loro come scrittori di narrativa.
Una di queste è Carmen P. Gueye, che vorrei intervistare prossimamente, e l’altro è Max Keefe, al secolo Roberto Mengoni.

Roberto Mengoni, in uno dei suoi numerosi travestimenti.

Roberto Mengoni, in uno dei suoi numerosi travestimenti.

http://www.robertomengoni.it/
Roberto è una persona colta, intelligente, preparata che ha storie da raccontare. Storie vere di sport, di musica, di politica, di avvenimenti del passato che hanno segnato il nostro presente. In più però, ha anche tanta fantasia. Ha pubblicato libri, edita riviste, ha un sito suo personale. L’ultima sua fatica è “La Comandante Comanche” (ilmiolibro, 2013).
L’ho letto di recente e mi sono molto divertita “Il libro racconta le avventure della Comandante Comanche, leggendaria pilota spaziale pellerossa, una donna ossessivamente innamorata di un uomo sbagliato, Cavallo Pazzo, l’amante di una notte, anche se di una notte lunga sette giorni…”. Soddisfatta della mia esperienza di lettrice, ho deciso di proporre a Max – Roberto 11 domande sul suo libro e su sul suo mondo di autore. Le risposte sono meglio delle domande.

1. Quanti libri hai scritto? Quanti ne sono usciti? Quanti sono stati pubblicati grazie all’auto pubblicazione?
Boh, chi lo sa? Devo avere riempito diverse migliaia di pagine e qualche giga di memoria. Racconti brevi, racconti lunghi. Tre o quattro romanzi vari, e per farsi più male riscritti da capo per tre-quattro volte. Una di queste storie l’ho iniziata nel 1983 e adesso sono alla quinta redazione. La versione definitiva sarà pronta nel 2083, credo. Di tutta questa immensa e sconosciuta produzione (e che forse è meglio che resti tale) ho pubblicato un romanzo per ragazzi “Le dodici rocce dell’orrore” e uno di fantascienza e amore “La comandante Comanche”. Tutti e due autopubblicati con il sito www.ilmiolibro.it, legato alla scuola Holden e al gruppo l’Espresso.

2 . Come funziona la promozione? Perché essere “editore e agente” di se stessi?
Tutti gli scrittori, a parte Vespa e la Parodi, hanno bisogno di autopromuoversi. Bisogna andare a cercare i lettori. Stanarli uno per uno. Convincerli a mollare tutto per immergersi in una storia. La situazione classica è scrivo un libro meraviglioso chiuso in una stanza, vado in cerca di un editore, busso a cento porte e alla fine qualcuno apprezza il mio genio. Beh, oggi possiamo seguire anche altre strade. In attesa di trovare il sacro graal dell’editore visionario, possiamo cominciare a fare una cosa apparentemente banale: mettere la propria storia a disposizione del pubblico. Sfidarlo. E sfidare noi stessi. Ricordarsi che si scrive per delle persone. Oggi, poi, autopubblicare richiede pochissimi investimenti. Bastano poche decine di euro. Ma questo ti costringe a ragionare come farebbe uno scrittore vero: rivedere la trama, cercare gli errori, scovare i passaggi illogici, curare i personaggi. Il sito ww.ilmiolibro.it è, a mia conoscenza, il primo in Italia e anche quello che mi sembra abbia un progetto serio alle spalle, ovvero quello di fare uscire dei talenti che non riescono a trovare alcuna visibilità nell’attuale situazione del mercato editoriale. Anche per questo l’autopromozione può essere una soluzione. Si fa fatica uguale. Non so perché ma se provassi a vendere un paio di mutande rosa fosforescenti a 12 euro avrei più successo che vendere un romanzo allo stesso prezzo. Il libro fa paura. Forse perché non puoi liberartene così facilmente. Ma è bello andare a cercarsi i lettori.

3 – La tua professione non ha niente a che vedere con le lettere. Possiamo dire che scrivi per passione. Cosa significa per te la scrittura? Quanto tempo le dedichi?
In realtà qui al ministero degli esteri, dove lavoro, siamo un po’ tutti degli scrittori. Per lavoro dobbiamo essere capaci di spiegare una situazione politica o economica complessa in poche righe, altrimenti nessuno ti legge. In qualche modo, dobbiamo raccontare una storia, per dire la crisi in Ucraina, di cui spesso siamo anche parte attiva. Da parte mia scrivo storie da quando ho dieci anni. Mi ricordo bene la data e il momento. Marzo 1978. Penso che da allora abbia dedicato gran parte del mio tempo libero a scrivere. Ma scrivere senza lettori non è piacevole. A un certo punto bisogna affrontare l’esame. E questo è davvero l’aspetto peggiore dello scrivere. Quando fai vedere per la prima volta qualcosa di tuo… uff, un sudore gelido sulla schiena.

La _Comandante_Comanche
4 – La Comandante Comanche è una storia surreale,  fra la fantascienza, Stefano Benni e Douglas Adams. Quali sono state le tue ispirazioni?
Hai colto bene le ispirazioni. Benni e Adams sono stati degli scrittori che mi hanno davvero insegnato qualcosa. Dietro la commedia ci sono domande profonde, temi sociali e politici, riflessioni che sono degne di un trattato filosofico. A me è sempre piaciuta questa combinazione di leggerezza e profondità. Anche per questo scrivo sull’Undici, no? Volendo essere un po’ più serio, questo romanzo si ispira a “Le città invisibili” di Italo Calvino, che era una raccolta di città immaginarie.

5 – Nella carrellata di mondi-pianeti che La Comandante incontra, quale il tuo preferito e quale quello in cui non vorresti mai atterrare?
Dipende dai momenti. Mi piacciono tutti. Provo a selezionarne uno, Sekisei, dove gli esseri umani hanno rinunciato al consumismo e alla vita tecnologica ma non alla scienza. La loro filosofia è molto semplice “quando ti svegli la mattina e la cucina automatica ti presenta ottanta tipi diversi di cornetto, è inevitabile che cominci a sorgere qualche problema nervoso… Non hai bisogno di scarpe ammortizzate quando la natura ti fa crescere i calli. Ma non puoi dimenticare che le stelle sono agglomerati di idrogeno ed elio che producono energia tramite la fusione nucleare.” Ah, ovviamente a me piace la tecnologia però non vorrei fare la fine del pianeta Sato dove gli abitanti, a forza di mangiare schifezze per generazioni si sono trasformati in esseri obesi che puzzano di fritto. E nessuno nella galassia si vuole fermare lì.

6 – La Comandante Comanche è una sorta di Ulisse nella galassia, al femminile, solo più scatenata. C’è qualche esponente del genere femminile che le assomiglia e ti ha ispirato? Oppure pensi alla Comandante come un’ideale donna che vorresti incontrare?
La donna ideale è l’incubo degli uomini. Per questo Cavallo Pazzo scappa. La comandante non ha un’ispirazione precisa ma diciamo che ho diverse amiche che soffrono per amore e che generalmente finiscono piantate da un uomo. Amiche belle, intelligenti, simpatiche, comprensive. Sono quelle che rimangono sempre fregate. E ancora non sono riuscito a capire perché.

7 – E Cavallo Pazzo, l’uomo che lei cerca disperatamente, esiste o rappresenta il tuo ideale di avventura e fuga maschile?
Sai che non so chi sia veramente Cavallo Pazzo? Alla fine in questo libro rimane una figura che non conosco affatto. So solo quello che ha fatto alla Comandante. Ma non so perché l’ha fatto e dove sta andando. Non so neppure se si stia divertendo. Però sicuramente lui sa che la Comandante lo cerca e si diverte a tormentarla, apparendo e poi scomparendo. Non è il mio ideale. Anzi, quando la Comandante lo trova mi sono proprio divertito a trattarlo male. Se lo merita.

8 – Perché hai coniugato fantascienza e nativi americani?
La risposta più semplice è che mentre scrivevo i primi racconti stavo leggendo un libro su Cavallo Pazzo di Vittorio Zucconi “Gli spiriti non dimenticano”. Un libro commovente. Forse dipinge la vita dei nativi americani in modo un po’ idealista ma di fronte ai grezzoni materialisti americani, gli indiani erano persone equilibrate, inserite nella natura, attenti agli altri. Tu pensa che gli omosessuali avevano un posto nella società. Venivano considerati dotati di poteri particolari. Tutto questo è stato distrutto. A me piaceva l’idea che la galassia fosse un posto diverso da quello che ci raccontano Star Trek o Guerre Stellari. Invece di imperi ipertecnologici e navi da battaglia, ho pensato ad una galassia più umana, equilibrata, dove non esistono guerre e dove i mercanti portano da un pianeta all’altro le storie e le musiche, le uniche cose che si possono scambiare. Se vogliamo, la Via Lattea della Comandante sono le grandi pianure nordamericane.

9 – Pubblichi anche Max Keefe, una rivista online, in cui recensisci libri, parli di musica e molto altro. Ma qual’è il tuo autore preferito? Nel pianeta della reincarnazione letteraria in chi ti vorresti reincarnare per dire di aver scritto quale opera?
Grazie di ricordare Max Keefe. E’ la mia rivista personale, il mio spazio per gli esperimenti. Sono solo sei pagine al mese perché così sono costretto a limitarmi, a cercare l’essenzialità. E’ importante scrivere rispettando il lettore. E ho scoperto che meno si scrive e più l’opera acquista profondità. Sugli autori, a me piacciono gli autori brillanti, profondi, che raccontano una storia con dei personaggi memorabili. Ho qualche difficoltà con la letteratura intellettuale e i premi Nobel. E’ un mio limite. Dico qualche nome a caso: Kerouac, Calvino, Forster, Jonathan Coe, Nemirovksy, Paul Auster, Verne, Wells, Philip Dick. Ma sai in chi vorrei veramente reincarnare. In Michael Ende. Ha scritto “La storia infinita”… Ho detto tutto.

10 – E se partissi per un viaggio intergalattico e potessi portarti un solo album musicale, quale sarebbe?
Ma tu sei crudelissima. Come faccio a scegliere? Prendo i Rolling Stones e lascio gli Smashing Pumpkins? Tutto Pink Floyd e niente The Who? Sai che faccio allora? Mi porto Rino Gaetano e partendo con l’astronave dalla Terra canterei “Nuntereggae più”.


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