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La Commedia secondo Dalì

Creato il 31 luglio 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
La Divina Commedia è senza dubbio, assieme alla Bibbia e ai poemi omerici, uno dei testi più conosciuti e studiati al mondo, e non è azzardato dire che il suo autore gode di un'aura mitico-leggendaria al pari di quelli delle altre due opere. Dante Alighieri, infatti, ha ispirato, con la sua opera, letterati e artisti delle epoche successive, da Ariosto a Eliot, da Botticelli a Dorè, che si sono impegnati nell'adattare temi, situazioni, personaggi esattamente come lui aveva fatto rielaborando i materiali tratti dalle Sacre Scritture e dal mito classico (che, però, conosceva principalmente attraverso gli autori latini). Dante, insomma, è collettore di tradizione e ne irradia a sua volta, al punto che ancora oggi è fonte di suggestioni potenti.

La Commedia secondo Dalì

Il congedo di Virgilio da Dante (Pg. XXVII)
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio.


Le illustrazioni artistiche della Divina Commedia sono numerosissime, sterminate se consideriamo anche le miniature medievali. La serie di illustrazioni di Gustave Dorè è la più nota, anche per la sua riproduzione in diversi manuali ad uso scolastico, ma c'è un'altra serie che merita di essere conosciuta. Si tratta delle xilografie realizzate fra il 1951 e il 1960 da Salvador Dalì, che, superando il realismo e il dettaglio di quelle dell'artista francese, restituisce una versione altamente personalizzata, dove ritroviamo tutte le caratteristiche dello stile di Dalì: le figure molli, la dissoluzione delle forme, la crudezza e il macabro, i tratti sottili e le figure allungate all'inverosimile, gli accostamenti di figure apparentemente estranee e perfino i cassetti. Il tutto in un insieme di colori e in un'alternanza di definizione e fluidità che si adatta perfettamente alla lezione dantesca in cui si succedono sequenze estremamente definite (soprattutto nell'Inferno) e altre impossibili da descrivere e tratteggiare con la parola umana, concentrate nel Paradiso. Non sarà un caso che il tratto di Dalì ripercorra questa evoluzione dal fisico allo spirituale, diventando sempre più sfuggente e terso.

La Commedia secondo Dalì

L'angelo caduto (Inf. III)
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.


La Commedia secondo Dalì

Caronte (Inf. III)
Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia.


Fra le espressioni più efficaci della violenza e del tormento infernale si trovano le rappresentazioni dei simoniaci (canto XIX), conficcati in buche nel terreno da cui emergono solo i piedi, sulle cui piante bruciano le fiamme. Ma non meno espressiva è la rappresentazione di Caronte, colto di spalle, con una sorta di abbassamento degli studi michelangioleschi sul nudo, mentre maneggia il remo (canto III). E poi ci sono le creature più abbiette dell'inferno, i pusillanimi, fra cui si trovano gli angeli caduti, che non presero le parti di Dio né quelle di Lucifero nello scontro che li oppose, troppo vigliacchi persino per scegliere il male (canto III). Ma c'è anche un momento di vivacità che quasi allontana l'orrore infernale, nella xilografia dedicata al volo in groppa a Gerione verso le Malebolge (canto XVII).

La Commedia secondo Dalì

I simoniaci (Inf. XIX)
Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d’un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l’altro dentro stava.


La Commedia secondo Dalì

Gerione (Inf. XVII)
Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
e poi ch’al tutto si sentì a gioco,
là ’v’era ’l petto, la coda rivolse,
e quella tesa, come anguilla, mosse,
e con le branche l’aere a sé raccolse.


Solo gradualmente la durezza infernale lascia il posto alla serenità del paradiso: il purgatorio svolge, nelle illustrazioni di Dalì, la stessa funzione che ricopre nella Commedia letteraria, di tramite e di punto di passaggio sia contenutistico che stilistico. Ancora molto cruenta è la rappresentazione di alcuni peccatori, come i superbi, piegati sotto il peso di massi che ne straziano il corpo e, secondo Dalì, lo deformano fino alla rottura (canti X-XII) e straziante appare la magrezza delle anime dei golosi, smunti ai piedi dell'albero delle delizie (canti XXIII). 

La Commedia secondo Dalì

I superbi (Pg. X)
Come per sostentar solaio o tetto, 
per mensola talvolta una figura 
si vede giugner le ginocchia al petto,
la qual fa del non ver vera rancura 
nascere ‘n chi la vede; così fatti 
vid’io color, quando puosi ben cura.
Vero è che più e meno eran contratti 
secondo ch’avien più e meno a dosso; 
e qual più pazienza avea ne li atti, 
piangendo parea dicer: ‘Più non posso’.


La Commedia secondo Dalì

I golosi (Pg. XXIII)
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e ‘n sete qui si rifà santa.
Di bere e di mangiar n’accende cura
l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura. 


Più raccolto è l'incontro con Sordello, anima posta in disparte nell'Antipurgatorio, che Dalì ritrae mentre spiega a Dante come avviene la salita delle anime al purgatorio e come raggiungerne l'entrata (canti VI-VII). Ma c'è anche, nel purgatorio di Dalì e Dante, la speranza che sfuma i contorni e suggerisce che le anime lì radunate saranno in futuro immerse in una grazia entro cui tutte si annulleranno: lo si coglie nella descrizione della barca dei penitenti in arrivo dalle foci del Tevere e guidata dall'angelo nocchiero (canto II) o nel congedo di Virgilio da Dante, descritto come un'incoronazione poetica che autorizza Dante a procedere senza la sua guida e ad essere, quindi, pienamente in grado di poetare da solo (canto XVII).

La Commedia secondo Dalì

Sordello da Goito (Pg. VI)
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ‘nsegnerà la via più tosta


La Commedia secondo Dalì

L'angelo nocchiero (Pg. II)
Poi, come più e più verso noi venne
l’uccel divino, più chiaro appariva:
per che l’occhio da presso nol sostenne,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l’acqua nulla ne ‘nghiottiva.
Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
e più di cento spirti entro sediero.


Se, infine, Dante inonda il paradiso di luce, il suo emulo artistico non può esser da meno: le xilografie dedicate al più alto dei regni oltremondani contengono ed emanano luce, come nell'incontro fra Dante e Cacciaguida, che discende dalla croce di Marte (canti XV-XVII) e nella salita della scala d'oro dal cielo di Saturno (canto XXI).

La Commedia secondo Dalì

L'apparizione di Cacciaguida (Par. XV)
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond’e’ s’accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:
tale dal corno che ‘n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radial trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.


La Commedia secondo Dalì

Lo scaleo d'oro (Par. XXI)
Dentro al cristallo che ‘l vocabol porta, 
cerchiando il mondo, del suo caro duce 
sotto cui giacque ogne malizia morta,
di color d’oro in che raggio traluce 
vid’io uno scaleo eretto in suso 
tanto, che nol seguiva la mia luce. 


Le xilografie di Salvador Dalì sono attualmente esposte a Firenze, presso Palazzo Medici Riccardi, dove resteranno fino al 27 settembre per celebrare i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri. Qualcuno di voi ha già visitato la mostra o ha intenzione di farlo?
C.M.

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