Terremoto Yokohama / Tokyo 1923
Il tema del rischio tecnologico si ferma davanti a due avvenimenti: i primi sono i disastri bellici in quanto hanno un volontà distruttiva, al contrario di quanto non lo avesse un impianto in avaria. I secondi sono le calamità naturali, come il terremoto e lo tsunami. Ma già in questo secondo caso, la tecnologia ha fatto ingresso, dopo che per secoli e millenni la predizioni di calamità era affidato all’astrologia e veggenti. Con una statistica alla mano e rilevamenti straordinari si tenta di predire in tempi quanto più ampi un evento straordinario. Oltre alla difficoltà tecnica, c’è poi anche un altro problema più sociale: e se la predizione fallisse? Il sistema tecnologico elabora un errore e mette in panico tutti inutilmente? La storia del “al lupo, al lupo” quanto più attuale di quanto non si pensi.E pure sarebbe da chiedersi a volte quanto la conoscenza geologica, meteorologica, biochimica e fisica del nostro pianetta e della nostra vita non sia già sufficientemente matura per poter calcolare seri rischi per la salute delle persone. Il primo settembre 1923 un terribile terremoto di 8.3 sulla Scala Richter ha colpito le città di Yokohama e soli 40 secondi più tardi Tokyo. Scrive Bill McGuire: “Entro alcuni secondi migliaia di edifici, molti fatti delle tradizionali mura di legno e di tetti di tegole pesanti, crollarono in mucchi di macerie, uccidendo coloro che si trovavano all’interno. Il terribile frastuono dei massi in frantumazione e degli edifici che credevano si ridusse a un crepitio, più sordo ma ugualmente terrificante, di fiamme, quando gli incendi, causati dalle migliaia di stufe rovesciate, cominciarono a divorare il legno delle case. Alimentati da un forte vento, milioni di piccoli incendi presto formarono un’indomabile barriera di fuoco che penetrava attraverso le rovine. Uomini, donne e bambini sotto shock cercarono scampo in spazi aperti, ma invano. Le tempeste di fiamme li bruciavano vivi. In un area desolata, 40.000 individui finirono vittime del grande incendio, così pressati l’uno all’altro che i corpi carbonizzati vennero ritrovati ancora in piedi … Il numero reale delle vittime non fu mai accertato, ma si stima che almeno 200.000 persone abbiano perse la vita… “
Terremoto Yokohama / Tokyo 1923
Questo racconto e resoconto non si discosta tanto da quello che è lo scenario di questi giorni nella stessa Giappone, a quasi 90 anni di distanza. Nonostante tutto, quando negli anni 90 il Giappone aveva preso coraggio e iniziato a costruire edifici alti con tutti i sistemi antisismici a disposizione, ha fatto scuola in tutto il mondo con la sua tecnologia, affidabile al punto da resistere ad un terremoto ancora più forte di quello del ’23: Scala Richter 9.0. Gli incendi erano pochissimi, i sistemi di interruzione di elettricità e altri shut down hanno avuto il loro effetto virtuoso.Nel libro “Breve storia del Futuro”, Newth fa cenno al fatto che non c’è niente di più ridicolo che leggere una profezia sul futuro, quando ci si è passato in là nel tempo. In effetti, un piccolo assaggio di questo si ha ogni volta quando si vedono film come “Il ritorno nel futuro II”: di macchine volanti oggi non c’è traccia, per fortuna. Continua a scrivere McGuire nel suo libro “Guida alla fine del mondo – Tutto quello che non avreste mai voluto sapere”, del 2002: “Nei primi anni del nuovo millennio le città gemelle di Tokyo e Yokohama si aspettano ancora un tragico colpo del destino; ma questa volta sarà molto, molto peggio – sia per il Giappone sia per il resto del mondo. Ora il potere industriale e commerciale di questa area rappresenta uno dei maggiori centri del mercato mondiale, con diramazioni che giungono agli angoli più sperduti della Terra, e che fanno funzionare una immensa macchina economica globale, da cui, oggi, dipende la ricchezza di tutte le nazioni del mondo. … Il territorio dei Tokyo e Yokohama, dal punto di vista geologico, è complesso, poiché tre delle maggiori zolle tettoniche della Terra convergono qui. Le tensioni enormi, che si associano ai movimenti relativi di queste zolle, sono periodicamente scaricate da improvvisi spostamenti lungo le faglie locali, che a loro volta portano a terremoti distruttivi, dove, a detta dei sismologhi, tali terremoti sarebbero in ritardi, o perlomeno in procinto di scatenarsi. …” Quindi? Pur sapendo non si fa nulla? La storia si ripete. E ad aiutare che questa calamità diventasse un vero proprio disastro umano in parte ha aiutato anche la stessa tecnologia. Certamente, lo tsunami non può domare nessuno, ma costruire più di 55 reattori nucleari in una zona di così alto rischio sismico assomiglia ad un suicidio. Non è stato un incendio divampante tra le rovine delle casette a generare l’alto numero delle vittime e dispersi, ma l’acqua del mare infuriato come in un quadro di Hokusai. E poi, con un silenzio terrificante, la radioattività dei reattori di Fukushima.