La Consulta limita il ‘legittimo impedimento’, cosa cambia?

Creato il 13 gennaio 2011 da Lalternativa

D’ora in avanti saranno i giudici a valutare l’importanza degli impegni usati spesso, da premier e ministri del governo italiano, come alibi per non presentarsi nelle aule giudiziarie dove sono in corso processi che li vedono imputati. Per capirci, se il Papa è in punto di morte e vuole confessare a Berlusconi l’ultimo mistero di Fatima, può essere che un giudice valuti questo come un buon motivo per non andare in tribunale.

L’obiettivo, secondo la Corte Costituzionale che oggi ha bocciato parzialmente la legge sul ‘legittimo impedimento’, è quello di bilanciare il diritto di difesa dell’imputato premier o ministro, con la tutela della sua funzione di governo, oltre ad una leale collaborazione fra i poteri. Niente più autocertificazione, dunque, da parte di Palazzo Chigi, di un impegno sopraggiunto last minute, e che impedisce a Berlusconi, suo malgrado, di andarsi a difendere nei tribunali italiani. Inoltre, la Consulta ha bocciato anche l’obbligo per il giudice di rinviare l’udienza fino a sei mesi.

In pratica, i commi della legge sul ‘legittimo impedimento’ che la Consulta ha bocciato in tutto o in parte, sono stati dichiarati illegittimi per violazione degli articoli 138 (necessità di una legge costituzionale) e 3 della Costituzione (principio di uguaglianza dinanzi alla legge e irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione).

Berlusconi, si legge sul sito dell’Ansa, appresa la notizia avrebbe dichiarato: “Guardiamo il bicchiere mezzo pieno, è un compromesso accettabile”. “La decisione non influenzerà in alcun modo l’esecutivo: sono tranquillo, andiamo avanti”. Dobbiamo ammettere che avere un presidente del Consiglio che definisce accettabile il fatto di doversi presentare nei tribunali, a un processo sì e a un altro no, un po’ ci preoccupa.
Sarebbe stato meglio avere un prmier che non ha bisogno, per fare il suo lavoro, di una legge che lo tenga lontano dai tribunali dove lo aspettano per i processi Mills, Mediaset e Mediatrade.

Per il presidente della Regione Puglia e leader di Sinistra, ecologia e libertà, invece si tratta di “una bocciatura di un atto di arroganza” e “rappresenta l’ennesimo gioco d’azzardo che non è riuscito a Berlusconi”. “Siamo di fronte – ha commentato oggi a Bari Vendola, nel corso della presentazione di un libro alla quale ha partecipato anche il senatore Pdl Quagliariello – al tentativo del potere politico di sottrarsi dal dovere di partecipare, quando viene convocato per contestazioni specifiche, al pubblico dibattimento dentro al processo”. “Noi – ha rilevato – dobbiamo lavorare per rendere veloce il processo. Per garantire  la parità assoluta tra difesa e accusa” e “la terzietà del giudice”. “Ma – per Vendola – bisogna andare, quando si è oggetto di una imputazione e di un rinvio al giudizio, a difendersi dentro al processo,  e non bisogna difendersi dal processo sabotandolo continuamente”. “Questo – ha precisato – è il punto che la Corte Costituzionale ha ribadito”.

Secondo il vice capogruppo dei senatori Pdl, Gaetano Quaglieriello, “le sentenze non dovrebbero mai essere una sconfitta o una vittoria per la politica. Se qualcuno ha perso oggi è la democrazia, perché questa è una sentenza inutile che non si fa carico dello squilibrio che si è inserito nella nostra Costituzione materiale dopo l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 68”.  “Per questo – ha aggiunto il senatore – il potere giudiziario oggi diventa ancor più un potere irresponsabile”. E “la sacrosanta autonomia” del potere giudiziario – ha rilevato – “che è giusto che abbia, non si può trasformare in irresponsabilità. E la sovranità del popolo è sempre più minacciata da questa iniziativa irresponsabile”. “Per questo – ha concluso – se ha perso qualcuno non è certo Berlusconi, ma è la democrazia”.

Crediamo che finché al potere ci saranno persone che confondono la democrazia con la capacità dei potenti di sottrarsi al giudizio della magistratura, il nostro Paese non farà grandi passi in avanti. Lo dimostra la recente vicenda Fiat a Mirafiori, dove si affamano magliai di operai e di famiglie, per costringerli a firmare, dopo averli messi l’uno contro l’altro, un contratto decisamente peggiore di quello attuale, sotto la minaccia di perdere il lavoro. La democrazia non corrisponde all’offrire una unica via d’uscita, o nel dover scegliere fra la vita e la morte. La democrazia dovrebbe rappresentare, a nostro avviso, il momento in cui, insieme, si decide per il bene della collettività.


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