La Cooperazione Internazionale italiana tra ostacoli ed opportunità

Creato il 20 giugno 2012 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Federica Castellana

Il governo tecnico guidato dal prof. Mario Monti è in carica ormai da più di sei mesi: un periodo movimentato in ambito nazionale e globale, in cui alcuni esponenti della compagine governativa hanno inevitabilmente guadagnato maggiore notorietà e risalto rispetto ad altri (ad esempio, gli addetti allo Sviluppo Economico, al Lavoro, agli Interni, agli Affari Esteri, all’Ambiente, alla Giustizia). Eppure nella struttura dell’attuale esecutivo vi è una new entry che richiama particolare attenzione dal momento che non ha precedenti nella storia dell’Italia repubblicana: si tratta del Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, istituito per la prima volta proprio in questa occasione. A guidarlo è stato chiamato il prof. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio [1].

La novità è stata subito accolta con grande soddisfazione dalle ONG italiane, come segnale di forte discontinuità con il passato e di riconoscimento del ruolo cruciale della cooperazione. Il nostro Paese infatti dimostra ancora diverse debolezze per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo, siano essi donazioni o crediti agevolati: a causa dei corposi tagli interni (dal 2008 i fondi derivanti dal Ministero degli Esteri sono stati decurtati dell’88%)[2] e del mancato rispetto degli impegni europei e internazionali, l’Italia si trova attualmente agli ultimi posti nella classifica dei donatori OCSE (stilata dal DAC/Development Assistance Committee) e il volume di contributi dell’APS/Aiuto Pubblico allo Sviluppo è quasi ai minimi storici (0,19% del PIL nel 2011 rispetto all’impegno comune dello 0,7% stabilito per il 2015)[3]. Questa svolta istituzionale potrebbe contribuire al rilancio della cooperazione italiana e alla sua credibilità internazionale, ma nei fatti si trova a fare i conti con una serie di problematiche organizzative e di coordinamento che ne danneggiano le potenzialità rispetto alle performances degli altri Paesi.

Uno sguardo all’estero…

La presenza nella squadra di governo di un Ministro (non Sottosegretario) esclusivamente dedicato alla cooperazione internazionale e distinto da quello degli Esteri è una pratica diffusa in numerosi Stati membri dell’OCSE: succede in Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Regno Unito e Svezia[4]. Tra l’altro, molti di questi Paesi si classificano anche tra i migliori donatori – sia in quantità che in qualità – di aiuti internazionali malgrado la crisi economica; tra i “virtuosi” della lista OCSE/DAC si segnalano soprattutto Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca e Olanda (con livelli di contribuzione superiori allo 0,8% del PIL e vicini persino all’1% ) così come Belgio, Germania, Regno Unito e Finlandia, con percentuali inferiori ma comunque doppie rispetto all’Italia.

Nei diversi ordinamenti nazionali, non sempre il Ministro per la Cooperazione Internazionale dispone anche di un vero e proprio dicastero: spesso condivide l’apparato amministrativo con il Ministro degli Esteri, rispetto al quale si trova in posizione eguale o inferiore. In ogni caso, queste esperienze evidenziano l’importanza che può avere una specifica figura istituzionale nel collegare governo e società civile e nel canalizzare parte del bilancio pubblico a favore di interventi nei Paesi meno sviluppati: dotarsi di un Ministro per la cooperazione internazionale, insomma, fa la differenza.

… e in Italia: il “Ministro senza portafoglio”

Nel nostro Paese la situazione è particolarmente complessa. Innanzitutto Riccardi, pur sedendo per la prima volta nel Consiglio dei Ministri, è uno dei cosiddetti “Ministri senza portafoglio”, cui vengono delegati pieni poteri pubblici direttamente dal Presidente del Consiglio ma che non dispongono di strutture amministrative proprie e che si avvalgono di conseguenza delle risorse di altri dicasteri (una sorta di “Ministri senza Ministeri”). Nella fattispecie, il neo Ministro per la Cooperazione Internazionale deve coordinarsi ed appoggiarsi al Ministero degli Affari Esteri, come previsto dalla legge 49/87. Secondo tale normativa, la cooperazione allo sviluppo costituisce “parte integrante della politica estera”: pertanto la competenza in materia spetta alla Farnesina che la esercita tramite un organo ad hoc (la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, DGCS). Nei governi precedenti, infatti, la delega è stata solitamente affidata ad un sottosegretario agli Esteri (oppure al Vice Ministro, come nel caso del governo Prodi II, 2006-2008). In sostanza, è il Ministero degli Esteri che gestisce i fondi dell’APS, predispone le relazioni programmatiche, approva gli interventi e le strategie da attuare e collabora con gli altri attori della società civile coinvolti nel settore.

In realtà negli anni questo assetto organizzativo non ha consentito una valorizzazione completa della cooperazione internazionale; lo dimostrano i dati poco gratificanti dell’OCSE/DAC sopra citati e i richiami da parte di Organizzazioni Internazionali e ONG nazionali, le quali hanno ripetutamente lamentato un certo disinteresse della Farnesina verso la cooperazione allo sviluppo, insieme alla rigidità dei meccanismi ministeriali e della burocrazia, alla poca trasparenza sulle consulenze di esperti esterni e alla preparazione spesso inadeguata dello stesso personale diplomatico.

Nemmeno il più recente decreto legge 215/2011 in tema di iniziative all’estero, emanato proprio dal governo Monti, ha contribuito a risolvere le problematiche appena delineate, limitandosi a rimandare a momenti successivi la definizione più precisa delle deleghe al nuovo Ministro. Anzi, ha dato origine ad uno spinoso compromesso basato sulla ripartizione incerta di competenze e risorse tra Ministri con conseguenti difficoltà operative e rischio di scarsa efficienza.

Chi è Andrea Riccardi

Nonostante questi limiti che l’attuale quadro istituzionale pone al margine d’azione del nuovo Ministro, la scelta di affidare l’incarico al prof. Andrea Riccardi rappresenta senza dubbio un valore aggiunto.

Romano, classe 1950, Riccardi è una personalità rilevante nel campo accademico e della cooperazione internazionale. Ha insegnato Storia Contemporanea presso le Università di Bari, Roma La Sapienza e Roma Tre ed è considerato uno dei maggiori esperti del mondo laico in tema di Chiesa moderna e contemporanea. I suoi studi sull’ecumenismo e sull’equità globale sono tradotti in numerose lingue e ha conseguito diverse lauree honoris causa in Università europee e statunitensi. Nel 1968, giovanissimo, ha fondato a Roma la Comunità di Sant’Egidio: partendo dal sostegno agli emarginati della capitale, l’associazione ha poi proseguito il proprio impegno sociale nel Sud del mondo e, ad oggi, è presente in ben 72 Stati e conta 50.000 membri [8]. All’insegna della pace e del dialogo interculturale e interreligioso, l’“Onu di Trastevere” opera ormai da decenni – principalmente in Africa e in America Latina – attraverso progetti al tempo stesso consolidati e innovativi (mense, scuole, ospedali, ambulatori, case famiglia) ed è riconosciuta a livello mondiale come una delle realtà più capaci nell’ambito della cooperazione internazionale.

In qualità di fondatore della Comunità di Sant’Egidio e di rinomato promotore di dialoghi per la pace, Riccardi ha ricevuto negli anni una serie di importanti riconoscimenti internazionali. La rivista Time lo ha inserito nel 2003 nell’elenco degli “eroi moderni d’Europa”, distintisi per il coraggio professionale e l’impegno umanitario. Nel 2009 è stato insignito ad Aachen del prestigioso Premio Carlo Magno (Karlspreis) come “esempio straordinario di impegno civile in favore di un’Europa più umana e solidale all’interno e all’esterno delle sue frontiere, per la comprensione tra i popoli, le religioni e le culture, per un mondo più pacifico e giusto”. Tra le altre onorificenze figurano anche il Premio UNESCO per la pace Houphuet-Boigny (1999) e il Premio Balzan per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli (2004).

Ripensare la cooperazione internazionale

Con un Ministro nuovo, specifico e di tale profilo, l’Italia ha ora tra le mani una preziosa occasione per rinnovare la propria cooperazione internazionale, sia come idea che nella gestione pratica.

Da un lato, potrebbe approfittare e sciogliere definitivamente i conflitti di attribuzione con la Farnesina trasferendo le risorse dall’attuale Direzione Generale per istituire un Ministero per la Cooperazione Internazionale effettivo (ovvero “con portafoglio”) oppure, in alternativa, un Dipartimento apposito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. D’altronde anche l’OCSE ha spesso raccomandato all’Italia la creazione di una executing Agency preposta alla pianificazione degli aiuti pubblici allo sviluppo [5].

Dall’altro, è necessario aggiornare una normativa superata e anacronistica in favore di una visione più attuale della cooperazione internazionale. La legge 49/87 ha ormai venticinque anni e rispecchia infatti un sistema mondiale ancora bipolare, nonché poco familiare con tematiche come la globalizzazione, le migrazioni e lo sviluppo sostenibile. La cooperazione resta certamente una parte importante della politica estera, ma in un contesto fortemente integrato come quello di oggi diversi ministeri sono chiamati a responsabilità di respiro internazionale (si pensi agli ambiti economico-sociale, ambientale-energetico, della sicurezza e della difesa) e la fitta rete di ONG possiede importanti conoscenze ed esperienze da mettere a disposizione dell’azione di governo.

Una cooperazione internazionale così trasversale e partecipata richiede perciò un organo specializzato e autorevole, dotato di adeguate competenze e risorse che garantisca il coordinamento, l’efficacia e la coerenza delle varie attività internazionali realizzate dai ministeri e curi i rapporti con gli altri soggetti che vi contribuiscono. È il momento giusto per proseguire con più decisione un cammino di riforma della materia cominciato già da molti anni e purtroppo mai concluso, qualunque sia stata la maggioranza parlamentare.

* Federica Castellana è Dottoressa in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei (Università di Bari)

Per saperne di più:

[1] Il nuovo Ministero ha anche ulteriori competenze in tema di immigrazione, politiche giovanili, antidroga e per la famiglia, servizio civile e adozioni internazionali. Per saperne di più: http://www.cooperazioneintegrazione.gov.it/

[2] Link 2007, La cooperazione internazionale può rinascere, 11.01.2012 (http://www.link2007.org/assets/files/documenti/Lacooperazionepuorinascere11.1.2012.pdf)

[3] http://www.oecd.org/dataoecd/44/13/50060310.pdf

[4] Viciani I., Il ruolo del nuovo ministro per la cooperazione, AffarInternazionali, 21.11.2011

[5] Ciarlo E., Le ambizioni della cooperazione italiana, AffarInternazionali, 17.04.2012


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