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Tra il sì lo farei e il neanche se mi paghi c'è però un'opzione che non viene presa in considerazione: e se *dovessi*?
Alla zia, Babbo Natale ha portato un paio di tette nuove, eredità fin troppo anticipata e certamente non richiesta. Siccome buon (?) sangue non mente, in famiglia sono iniziate le indagini preventive: oggi è stato il mio turno.
Esame prenotato ai primi di gennaio, lista d'attesa di tre mesi buoni per il S.S.N. A pagamento? Anche domani. Se queste sono le alternative, non è forse il caso di rivedere il sistema? Soprattutto se il medico che mi visita in ospedale è lo stesso che mi visiterebbe a pagamento...no?
Ovviamente a suo tempo avevo detto: "madre, mi hanno lasciata a piedi, prenotiamo la visita e rendiamo utile questo periodo di inanità". Come non detto, tre mesi di attesa e appuntamento che coincide con il lavoro nuovo: la prossima volta che resto a casa, corro a prenotare una bella visita specialistica.
Arrivi in clinica e ti metti in coda per la registrazione: davanti a te cinque persone. Quando la segretaria decide di rispondere al telefono? Quando è il tuo turno e sei già in ritardo, mi pare giusto.
- Prego, la tessera sanitaria.
Porgo il tesserino plasticato fornito dall'ULSS, ma non va bene: vuole quello vecchio, di carta. Ora. Ho capito che siamo in Italia, ma dobbiamo per forza farci così del male?
Ci accomodiamo in sala d'attesa, fornita esclusivamente di opuscoli che pubblicizzano i servizi della struttura. Mi rassegno ad ingannare la noia smozzicando brandelli di conversazione con mamy.
Parentesi: lo so che ho la mia età e che forse non è il caso di andare a una visita con mamy a tenermi la manina, ma mamy, vi ricordo, è (il mio) medico.
Entriamo finalmente in ambulatorio, l'infermiera mi fa spogliare e accomodare sul lettino. Sappiate che mentre in corridoio e in sala d'attesa ci si lessa, in un ambulatorio dove si effettuano visite nature la temperatura scende notevolmente, il che fa pensare a una sponsorizzazione della struttura da parte di un'industria farmaceutica specializzata in medicinali per le prime vie aeree.
Il medico è cortese, chiede il permesso per visitarmi gli airbag e poi mi avvisa che me li avrebbe cosparsi di gel - è un po' freddino, porti pazienza.
Freddino, sì. Mancava poco che schizzassi contro il soffitto per lo choc termico.
E via col rullo compressore (guardi pure il monitor) - scusi dottore, non sarebbe il caso di regolare l'antenna? Vedo solo macchie grigie.
Per fortuna questo è uno di quelli che spiegano chiaramente le immagini, così una non si spaventa troppo - non come quell'altro che mi ha trovato una cisti ovarica e ha cominciato a fare una faccia da allume concentrato, con mia madre lì di fianco bianca come un lenzuolo, e io sul lettino terrorizzata a minacciare "o mi dite cosa caxxo c'è o mi alzo e interrompo le trasmissioni!"
Devo dire che mi è inciampato su un termine tecnico, che en passant non sarebbe niente di che, ma quando hai un albero genealogico costellato di formazioni maligne ti fa un certo che. Fibroqualcosa, dice: non dovrebbe stare lì, ma di solito è benigno, quindi lo si tiene d'occhio e stiamo tranquilli così, è piccolo e potrebbe anche andare via da solo.
Mi sento in colpa verso l'Amazzonia per tutta la carta che ho consumato per tirarmi via di dosso quello schifido gel, avvolgendomi nel rotolone regina come una mummia onde evitare di cospargere di ectoplasmi l'ambulatorio - fatica sprecata, il mio décolleté era così impiastricciato da far invidia a un hamburger al ketchup.
Corro a rivestirmi, sperando che tra maglie e maglione sia rimasto un residuo del mio calore corporeo - sono fortunata, non mi trasformerò in ghiacciolo, non per oggi almeno.
Prima di uscire chiedo nuovamente conferma dell'esito: stia tranquilla, ci vediamo l'anno prossimo.
Bollino blu!
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