La corazzata Berlusconkin affonda. Chi salverà L'Italia dal naufragio?

Creato il 05 agosto 2010 da Laperonza

E così la corazzata Berlusconkin, la più potente e armata dai secoli dei secoli ora è lì che beccheggia e rolla ad ogni fil di vento, e l’ammiraglio dalla sua cabina di poppa non sa se lasciarla affondare o pompare l’acqua che in abbondanza entra dalle molte falle sotto la linea di galleggiamento. E sì perché è da un po’ che la nave fa acqua, solo che sotto il filo del mare non si vedevano le falle. Ora il danno è evidente.

   Il dubbio amletico che assale il Cavaliere è: andare alle elezioni o cercare di restare a galla? Certo che, con questi numeri alla Camera, parrebbe quasi un miracolo non affondare. Ma il voto è senz’altro un’incognita. Nessuno sa esattamente quanto pesa Fini, ma i segnali – e i numerosi sondaggi, per quel che valgono – non danno modo al leader del PDL di programmare elezioni da vincere a mani basse. Tutto ciò mentre l’indice di fiducia degli Italiani nel premier, il tanto sbandierato indice, cala vertiginosamente.

   Bossi avrebbe vantaggio dalle elezioni. Sicuramente incrementerebbe ancora il suo già cospicuo elettorato. Ma Berlusconi? Se tituba come tituba e minaccia le elezioni senza troppa convinzione probabilmente i suoi fidi sondaggisti gli hanno fornito dati poco rassicuranti. E se Fini beccasse più del 10% povero lui. E poveri anche noi perché, con la legge porcellum, chi ci andrebbe al governo?

   Un’alleanza con Fini parrebbe improponibile ma, attenzione, non impossibile. Certo che implicherebbe la fine della leadership berlusconiana. Il problema, inoltre, sarebbe come assemblare un’alleanza con Bossi e Fini insieme. Togliamo Fini e mettiamo Casini? Può darsi, ma Casini non sembra convinto, anzi. Il rischio è che il suo elettorato in questa fase forse non capirebbe.

   E a sinistra? Lo scenario è sempre quello, con la variabile Vendola che, però, non appare così convincente. Il PD e l’UDC da soli non ce la farebbero. Un accordo con Casini potrebbe risolvere l’alleanza elettorale ma creerebbe un serio presupposto di ingovernabilità. E non si può pensare di richiamare la sinistra radicale perché non si sa e non si può sapere quanto pesa essendo fuori dal parlamento da troppo.

   Quale scenario allora? La soluzione parrebbe essere soltanto il governo di larghe intese di dalemiana e casiniana concezione, una coalizione che si ponga come obiettivo unico la riforma del sistema elettorale per poi votare immediatamente. In teoria un governo a scadenza e di breve durata. In pratica non ce lo leveremmo più perché non pare immaginabile un accordo sul sistema elettorale che possa conciliare tutte le posizioni sul tavolo.

   Berlusconi del resto è contrario alle grandi intese, forse anche e soprattutto perché un governo sì fatto non lo vedrebbe certamente come Presidente. Allora forse l’ipotesi dimissioni a settembre sembra anche praticabile. Il rischio per il cavaliere è che, una volta dimesso, non vi siano i presupposti per sciogliere le Camere, nel caso si formi una nuova maggioranza. Perché Berlusconi fa finta di scordarlo ma le Camere non le scioglie mica lui…

Luca Craia

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