Esaltazione: facilita le espressioni e le giustificazioni della violenza. E’ piuttosto forte quando è connessa al gruppo, con spettatori. In tal caso si realizza una sorta di distribuzione delle responsabilità: “Se lo fanno tutti la colpa non è soltanto mia”.
Disumanizzazione della vittima: nello stupro di gruppo e nelle forme di sadismo sui minori e sugli animali la vittima è solo un oggetto sul quale scaricare ogni tipo di istinto e di bestialità.
Indifferenza emotiva nei confronti della vittima: i pianti, le implorazioni, i lamenti, la sofferenza, il dolore delle vittime sono irrilevanti. Si oscilla allora tra il piacere di sentirli, perché esaltano e confermano l’immagine della propria onnipotenza, e il disprezzo di chi li subisce.
Tecnicizzazione: nell’abuso e nel traffico di minori e di animali esotici è costituita dalla rete a maglie fitte di collaborazioni internazionali e di supporti finanziari che le mafie dei vari paesi sono riuscite a utilizzare e in parte a costruire. Se la violenza si sviluppa con la technè, si riscontra come la società contemporanea riesca a moltiplicare i mezzi per diffonderla e renderla sistematica, puntuale, di massa, finalizzata alla produzione e all’arricchimento poichè non esiste, infatti, un limite alla violenza praticabile come estremizzazione di potere all’interno dei rapporti umani inter – relazionali. Purtroppo essa varia quanto l’immaginazione umana. Il solo limite possibile è quello della morte della vittima, che mette fine alla relazione di violenza.
La crisi globale della società contemporanea sta aprendo, perciò, nuovi spazi alla violenza per una ridefinizione di valori della società nello specifico, crisi di certo della razionalità che sostiene l’effimero, l’edonismo e la banalità mentre sottovaluta, umilia e deride tutto ciò che è impegno e implicazione di responsabilità. Siamo forse dinnanzi a una diversa concezione dell’uomo – quella del sè stesso come prassi – e, di conseguenza, di un valore diverso: il sè stesso come potere. L’odierna società del gratuito, delle apparenze e dell’immagine si sostituisce alla società delle persone. A plasmare e a ridefinire le aspettative, gli orientamenti e i valori che l’uomo dovrebbe adottare sono i promotori del consumo attraverso i mass – media, poichè esiste una correlazione tra cultura e violenza: se mutano i paradigmi culturali, la violenza si modifica e può aumentare o sparire del tutto. La violenza è, alla fin fine, una manifestazione della cultura che domina un determinato momento storico. A tale riguardo, si può addurre l’esempio dei combattenti di KENDO, antica arte marziale praticata nel Giappone dei Samurai, scontro la cui violenza era regolata da un preciso codice (anche quando il duello aveva l’intenzione di uccidere l’avversario) che mirava a contenere il più possibile l’aggressività produttrice di violenza gratuita. Sarebbe alquanto utopistico pensare e cercare di attuare nelle nostre culture, spesso insane, a questo proposito, un qualcosa di simile, il quale riesca almeno a diminuire tutta l’irrazionalità della loro violenza?
Francesca Rita Rombolà