Vado in ordine, e sarò breve, giuro.
Qualche settimana fa, ho letto sul Facebook della traduttrice Gaja Cenciarelli questo status.
E penso: “Perdincibacco, è proprio vero!” Così, dopo una consultazione con me stesso durata circa un minuto, ho pensato che non mi andava più di essere “complice” nel senso indicato da Gaja. E ho scritto questa cosa sul mio, di Facebook:
L’idea mi ronzava in testa già da un bel po’, e un altro colpo in questa direzione era venuto, poco prima dello status di Gaja, da un post pubblicato da Federica Aceto sul suo blog, con cui si invitavano i colleghi e in generale i lavoratori dell’editoria alla solidarietà professionale: sulla base del concetto che “Chi accetta di lavorare per un editore che ha la fama di pagare poco, in ritardo, o di non pagare proprio non lo fa perché ha bisogno di lavorare, non lo fa perché ha…