Coloro che visitano con buona frequenza questa TAZ * avranno avuto modo di rilevare il mio scetticismo, le mie critiche, rispetto alla relazione che intercorre tra i tablets e le speranze dei ricavi da parte delle imprese del comparto editoriale [quotidiani & pubblicazioni] riposte in questa piattaforma.
Critiche mosse sotto un profilo “ideologico” di non gradimento di un sistema chiuso quale quello concepito da Apple, generate dalla constatazione delle puerili declinazioni che sono state, ad oggi, fatte nell’utilizzo del format, nonchè dai vincoli che l’impresa di Cupertino impone agli editori.
Lo studio «The Tablet Revolution», pubblicato ieri da PEJ effettua una fotografia dettagliata della situazione attuale e delle prospettive che le applicazioni per i tablet realizzate dagli editori di quotidiani e periodici offrono.
La ricerca, realizzata da «Pew Research Center» in collaborazione con «The Economist», ha coinvolto complessivamente circa 40mila persone negli Stati Uniti, identificando abitudini ed attitudini nell’utilizzo quotidiano dei tablets ed approfondendo usi e propensioni relativamente alla lettura di notizie, nel senso più ampio del termine, attraverso questo device.
I risultati emergenti evidenziano una crescita esponenziale nell’utilizzo dei tablets che hanno ora una penetrazione dell’11%.
La fruzione di notizie, dato che era emerso già dalle precedenti indagini, attraverso questo tipo di device è una delle principali attività da parte di coloro che ne sono possessori. Si tratta di un consumo che è alternativo principalmente a quello che prima veniva effettuato attraverso desktop e laptop [PC fisso e portatile].
La ricerca evidenzia come la lettura di notizie avvenga principalmente attraverso il browser mentre le apps rappresentano una quota assolutamente minoritaria per fruire dell’informazione.
Rispetto alle attese di ricavi, come mostra il grafico di sintesi sottostante, si rileva una scarsissima propensione a pagare per avere le notizie, anche, da parte di coloro che possiedono un iPad, principalmente, o altro tipo di tablet, con soglie d’acquisto che per ottenere volumi interessanti si posizionano a livelli davvero bassi.
Attualmente il 14% degli utenti che consultano le notizie hanno effettuato un esborso per avere accesso all’informazione. A mio avviso è scorretto sommare a costoro quelli che avendo sottoscritto un abbonamento al formato tradizionale cartaceo hanno anche quello digitale, come invece viene fatto, poichè è difficile stabilire quale sia il driver, la motivazione, in termini di formato alla sottoscrizione.
Una propensione a non pagare anche in questo caso che si fonda, nella mia personale decodifica, su un basso livello di coinvolgimento testimoniato da una maggioranza di persone che leggono solo i titoli e confermato da quanto relativamente marginale sia la percentuale di coloro che condividono l’informazione.
L’infografica sottostante riepiloga le principali evidenze emergenti dalla ricerca in caso non aveste voglia o tempo, come personalmente consiglio, di leggere il rapporto integralmente.
La corsa all’oro, la famosa gold rush, ha fatto arricchire più chi vendeva pale e picconi che i minatori che faticavano nelle miniere avare di oro ma piene di grandi illusioni. La mia impressione è che la situazione sia in questo caso la medesima con giornali e giornalisti nei panni dei minatori ed Apple ed altri produttori nelle vesti dei venditori di attrezzatura per gli scavi.
Al momento della redazione di questo articolo, ne parlano anche: CNET News, Folio, VentureBeat, Mashable!, Search Engine Land, mocoNews, Medacity, ReadWriteWeb, Poynter, Marketing Pilgrim, Trends in the Living Networks, Gannett Blog, CyberJournalist.net, NetNewsCheck Latest, HubSpot’s Inbound , FT Tech Hub, Editors Weblog, Multichannel, GigaOM, Broadcasting & Cable, Future of Journalism, Hillicon Valley, TeleRead, Poynter, Reflections of a Newsosaur , Adweek.