Finalmente, dopo sette anni, l’hostess di terra Nadia Eweida, 62 anni, cristiana, ha vinto la sua battaglia: era stata licenziata dalla famosa compagnia aerea inglese British Airways perché indossava il crocifisso al collo, sul luogo di lavoro, ma ora la Corte di Strasburgo le dà ragione e condanna la famosa compagnia aerea inglese a versarle un risarcimento di 2.000 euro per discriminazione. Perché in nome della laicità, un’azienda non può impedire di indossare i simboli religiosi, altrimenti è appunto discriminazione. Tanto più che le hostess musulmane della compagnia potevano indossare lo hijab (purchè bianco o blu scuro”) e gli steward il sikh, il tipico turbante (kirpan), purchè nascosto. Nadia no, non poteva indossare il suo simbolo religioso.
Con questa sentenza (anche se non definitiva perché ci sarà il ricorso in appello) la laicità è finalmente tornata ad essere dell’Occidente e del cristianesimo. Un’amicizia che dovrebbe essere naturale, perché è grazie ai valori occidentali e al cristianesimo stesso che la laicità ha potuto affermarsi e continuare. Chi non ricorda il “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che di Dio” detto da Gesù Cristo?
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Eppure, spesso, la laicità (in questo caso presunta laicità) si è ritorta contro il cristianesimo, contro le radici cristiane dell’Europa, portando menti relativiste a credere che il crocifisso a scuola potesse offendere i bambini delle altre religioni, idem con i presepi e i canti di Natale, e giù con i soliti logoranti ed evitabili polveroni. Magari non avendo niente da ridire contro il velo “islamico”, addirittura integrale, che è stato fatto diventare un simbolo religioso, ma è semmai una tradizione che molte volte sancisce la sottomissione della donna musulmana non a Dio, bensì all’uomo. Mentre il crocifisso non può offendere nessuno, se non i fanatici religiosi o anti-cristiani, essendo esso simbolo di amore e fratellanza universali.