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La costruzione della nazionalità indiana: nazioni ed etnie (Parte 4)

Creato il 28 gennaio 2012 da Davide

La parola «nation», nazione, secondo il Webster’s Ninth New Collegiate Dictionary, entra nell’inglese nel XIV secolo e proviene dal latino natus, participio passato di nasci, che passa nella lingua inglese tramite il francese medievale nation, e il cui significato (2) arcaico è: gruppo, aggregato e quello principale, moderno è: 1) a) “Nazionalità, una nazionalità politicamente organizzata; b) una comunità di persone composta di una o più nazionalità e che possiede un territorio più o meno definito e un governo; c) una divisione territoriale contenente un corpo di persone di una o più nazionalità e di solito caratterizzata da dimensione relativamente grande e status indipendente. Il significato 3) è: una tribù o federazione di tribù (come gli indiani americani). Il Webster’ Third New Collegiate Dictionary è ancora più specifico: i primi due punti sono pressoché uguali a quelli del Ninth, poi il dizionario aggiunge al punto 3 il senso di gruppo di studenti che formano un corpo relativamente indipendente in una università medievale e comprende studenti provenienti (nati) da una particolare località o regione, una classificazione che è ripresa in Scozia dalle università di Glasgow e Aberdeen e, infine, al punto 4 afferma: a) tribù: una federazione di tribù (come quelle degli indiani americani); specificamente: una che ha una certa misura di coesione politica (quella parte della nazione Shawnee che abita l’alto corso del fiume Savannah – Geraldine De Courcy) (le cinque nazioni degli Irochesi); b) il territorio occupato da tale tribù o federazione di indiani americani. Come sinonimo di nazione il dizionario americano Webster offre: razza.
Non c’è nulla in queste definizioni del termine nazione riferito agli indiani americani che si differenzi in modo sostanziale dalle definizioni arcaiche e medievali. Gli indiani sono un aggregato umano che è «nato» nel territorio che abita e ha una certa misura di coesione. In questi termini gli inglesi e i francesi nominano «nazioni» i gruppi indiani che incontrano; come afferma Hobsbawm, «sembra chiaro che l’evoluzione semantica tendeva a sottolineare il luogo o il territorio d’origine, il pays natal d’un’antica definizione francese che spesso e volentieri diventa, se non altro nell’accezione dei tardi lessicografi, l’equivalente di «provincia»; mentre altri sottolinea prevalentemente il gruppo comune da cui si discende, andando pertanto nella direzione dell’etnia, come nel case dell’insistenza olandese sul significato primario di natie, ossia di «totalità degli individui ritenuti appartenere al medesimo “stam”» (Hobsbawm 1991:21) .
Le pretese nazionali e spesso indipendentiste degli indiani attuali si basano su un altro concetto di nazione, come vedremo, la cui nascita è storicamente datata: “L’equazione nazione = Stato = popolo, e in particolare popolo sovrano, rapportò la nazione al territorio dato che la struttura e la definizione degli Stati erano diventate sostanzialmente territoriale. Implicava inoltre una molteplicità di Stati-nazione costituiti su questa base, quale necessaria conseguenza dell’autodeterminazione popolare. Come affermato nella Dichiarazione dei Diritti del 1795 in Francia: «Ogni popolo è indipendente e sovrano, quale che sia il numero degli individui che lo compone e l’estensione del territorio che occupa. Questa sovranità è inalienabile» (Hobsbawm 1991:24). E’ in base a idee simili che gli estensori della Costituzione del 1787 avevano iniziato con il famoso “We, the people”. E’ anche in questo senso, mutuato dalle rivoluzioni americana e francese, pur senza volerlo riconoscere, che il noto esponente dell’American Indian Movement, Ward Churchill, afferma: «I vari popoli indiani americani residenti nel territorio ora conosciuto come Stati Uniti sono nazioni entro la più rigida definizione legale» (Churchill1991:86) .
L’Inghilterra, un tipico stato multietnico, nel XVI e nel XVII secolo trovava perfettamente concepibile che il re non fosse neppure inglese e che non lo fossero gran parte dei suoi sudditi. E’ perciò coerente che gli indiani, pensati come nazioni dipendenti, se non come sudditi, siano stati trasformati giuridicamente in entità legali capaci di fare un trattato per liberare un territorio dal cosiddetto titolo indiano e garantirne l’occupazione legale (agli occhi delle potenze europee rivali). Gli indiani rientravano, quindi, all’interno del “corpo politico” del re come tributari o presunti tali. La Corona fece inviare una serie di doni al capo Powhatan la cui accettazione avrebbe dovuto comportare il riconoscimento del tributo da parte del capo. Questo evento si ripeté nel caso di una discendente di capo Powhatan, Cockacoeske “regina” dei Pamunkey della Virginia, che venne risarcita dei danni subiti durante la cosiddetta Ribellione di Bacon nel 1680. Altri capi fedeli vennero premiati con doni calibrati puntigliosamente a seconda dell’importanza politica e del rango. “Così parecchi dei gruppi indiani tributari dovevano essere posti sotto il dominio dei Pamunkey e tutti i tributari dovevano risolvere le differenze di opinione attraverso l’arbitrato di fronte al governatore” (McCartney 1989:184) .
La tecnica della “nazione favorita” che è riconosciuta preminente di una rosa di tributari venne applicata con molta efficacia dagli inglesi con la Lega degli irochesi, la cui entità politica è tanto frutto di uno sviluppo autoctono quanto della fantasia dei politici coloniali e dei Soprintendenti inglesi. Questa politica portò alla Pennsylvania e a New York notevoli vantaggi e concretizzò la presenza inglese nella valle dell’Ohio (area dell’attuale Pittsburg) in funzione antifrancese.

Hobsbawm, Eric J. Nazioni e nazionalismi dal 1780. Programma, mito, realtà, Einaudi, Torino 1991, p21.
Churchill, Ward, American Indian Self-Governance: Fact, Fantasy, and Prospects, in Z Magazine, ottobre 1991, p.86.
McCartney, Martha W., Cockacoeske, Queen of Pamunkey: Diplomat and Suzeraine, in Wood, P. H. et al., Powhatan’s Mantle. Indians in Colonial Southeast, University of Nebraska Press, Lincoln, 1989, p. 184.


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