La crescita di Monti e quella del PD

Creato il 19 febbraio 2013 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Cosimo Perrotta

Pier Luigi Bersani con Mario Monti e Nichi Vendola (blizquotidiano.it)

In questa campagna elettorale si confrontano due – e solo due – progetti per uscire dalla crisi economica che attanaglia il paese. Uno è quello di Monti (non direi che è anche di Casini), l’altro è del PD. Monti in sostanza ragiona così: l’economia italiana è bloccata dalla bassa produttività, che – a differenza degli altri paesi europei – non aumenta da più di dieci anni. Questo blocco è dovuto al prevalere delle rendite e delle corporazioni, che difendono una selva di privilegi piccoli e grandi, e impediscono che si sviluppi la concorrenza di mercato. La soluzione sta nel combattere le rendite di posizione e riattivare la concorrenza. Questo rialzerà i profitti e allargherà l’occupazione.

Questo modo di pensare non è sbagliato; ma è parziale, in due sensi. Innanzitutto perché le rendite e la bassa produttività sono solo una causa, quella italiana, della crisi. Accanto a questa, ci sono le cause che hanno generato la crisi in tutto l’Occidente: la saturazione dei mercati di beni tradizionali; l’enorme disoccupazione tecnologica generata dalla rivoluzione informatica; la speculazione finanziaria; infine la delocalizzazione dell’industria in paesi con salari più bassi e controlli minori. Nell’altro senso, la tesi di Monti è parziale perché vede le rendite corporative solo nel sindacato (anzi, nella CGIL; gli altri sindacati, essendo suoi alleati, si sono – non si sa come – mondati del corporativismo) , nell’ “eccesso” di welfare, e in categorie come giornalai, barbieri e bottegai. Sono sparite dal suo orizzonte le rendite, ben più pesanti, degli ordini professionali, delle banche, della politica, delle telecomunicazioni. Mentre, non ci sono mai state quelle dell’automobile, del gas, del petrolio; degli oligopoli della distribuzione; della speculazione edilizia e di quella finanziaria. Monti insomma si arma fino ai denti per sparare ai passeri e ignora gli elefanti.

Ma il limite più grave di questa strategia è un altro. Monti crede che basti tagliare le spese e far quadrare i conti per riavviare la produzione. Ma così ci ha gettato nella recessione. Invece di combattere le rendite, come si proponeva, ha combattuto il potere d’acquisto dei ceti popolari e medi, abbassando ancor di più la domanda, che già era scarsa. Come si fa a rilanciare la produzione se non c’è chi acquisti i prodotti? E come si fa a rilanciarla se continuiamo a concentrarci su beni la cui domanda è satura, come automobili, abbigliamento, elettrodomestici, alimentari, ecc.?

Per questo il progetto del PD parte dalla disoccupazione. Bisogna cominciare a riassorbirla in due modi: ricostituendo il potere d’acquisto dei ceti medio-bassi (ad es. con i salari di disoccupazione, finanziati dalla lotta all’evasione); e incoraggiando nuovi settori di produzione, che il capitale privato non ha la forza di promuovere, e che producano beni per i quali c’è una domanda. Ad es. fonti di energia pulita, la raccolta e il riciclo dei rifiuti, i servizi alla persona, l’alfabetizzazione informatica, la socializzazione delle categorie emarginate, il restauro dei beni archeologici, ecc.

Non è vero che queste produzioni si possano fare solo indebitando ulteriormente lo stato. Per alcune basterebbe una normativa più moderna (ad es. l’obbligo di impiantare pannelli fotovoltaici nelle costruzioni nuove o restaurate). Altre si possono finanziare con tasse di scopo, che la gente è più disposta a pagare (si pensi alle fognature, laddove mancano). In alcuni casi basta far pagare adeguatamente il consumo. Infine, in alcuni casi si possono promuovere società specifiche, che vendano titoli garantiti dallo stato su progetti di sviluppo (ad es. il restauro dei beni archeologici, finanziato dall’aumento dei turisti).

Ma per fare progetti di questo genere non si possono “silenziare” le forze sociali (pretesa arrogante e velleitaria). Bisogna coinvolgerle. 

La crescita di Monti e quella del PD Cperrotta


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