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La crisi economica a Canicattini vista attraverso i dati IRPEF

Creato il 28 febbraio 2013 da Canicattivi @CaniCatTweet

Introduzione

C’è crisi” è un ritornello col quale ci siamo, purtroppo, abituati a convivere nella nostra quotidianità.

La si respira nell’aria, la si vede nelle strade vuote, nei locali che lavorano sempre meno, nei negozi che chiudono e fra le tante persone disoccupate (sottoscritto compreso).

L’araba fenice della politica italiana, Silvio Berlusconi, ha negato l’evidenza fino a pochi mesi prima che il suo governo cadesse per lasciare spazio alla Premiata Macelleria Sociale Monti che, lungi dall’intervenire su privilegi e furbizie varie, si è scatenata contro coloro che non hanno santi in paradiso nè mezzi per potersi difendere (lavoratori dipendenti, pensionati, giovani).

Ma i numeri, qui a Canicattini, cosa dicono? La tragedia è iniziata subito prima dell’arrivo del pacato amico delle banche o i segnali si potevano avvertire prima?

Bene, mi sono spulciato ed elaborato i dati canicattinesi sui redditi imponibili al fine dell’IRPEF e qualche impressione si può tirare fuori. I dati reperiti si riferiscono agli anni che vanno dal 2005 al 2010 (quindi dal crepuscolo del Berlusconi bis, passando per il Prodi bis e finendo nel pieno del Berlusconi ter) e sono reperibili e consultabili da tutti nel sito comuni-italiani.it.

Quest’analisi non tiene in conto dell’economia sommersa e delle evasioni, non ho i mezzi per affrontarla e quindi finirei soltanto con lo scrivere stupidaggini (e non è escluso che non ne dica parlando dei dati oggettivi).

Quello che dicono i dati

I redditi complessivi dichiarati dai cittadini canicattinesi si assestavano a quasi 39 milioni di euro nel 2005 e, progressimavente, sono arrivati al picco massimo del 2009 (poco sopra i 50 milioni), per subire una flessione nel 2010, dell’ordine di 600 mila euro.

Andamento dei redditi complessivi dei contribuenti canicattinesi (periodo 2005-2010)

Andamento dei redditi complessivi dei contribuenti canicattinesi (periodo 2005-2010)

In base a questi dati, verrebbe da pensare che la crisi sia arrivata a cavallo fra il 2009 ed il 2010. Però….

Se guardiamo lo stesso parametro in termini di crescita rispetto all’anno precedente, la situazione cambia e la prospettiva si sposta.

Variazione percentuale dei redditi complessivi dei cittadini canicattinesi (periodo 2005-2010)

Variazione percentuale dei redditi complessivi dei cittadini canicattinesi (periodo 2005-2010)

Questo secondo grafico ci dice che l’economia canicattinese ha avuto un trend di crescita positiva fino al 2007 e che, da questo momento in poi, l’economia ha subito una frenata fino ad entrare in una spirale recessiva fra il 2009 ed il 2010. Questo coincide con la fine del travagliato governo Prodi ed il governo Berlusconi.

Ma chi ha pagato la crisi?

Per semplificare l’analisi, ho suddiviso i contribuenti in quattro grosse fasce di reddito, in maniera del tutto arbitraria e, se vogliamo, anche criticabile.

La prima fascia comprende quei redditi al di sotto della soglia di povertà, stabilita in 7.500 € annui; nella seconda fascia vi sono i redditi che (pensando al costo della vita canicattinese) possano assicurare un livello livello di vita dignitoso, per quanto pieno di difficoltà, includendo i redditi compresi fra 7.500 e 15.000 € l’anno; la terza fascia comprende cittadini con un reddito che permette una certa tranquillità di vita, con cifre comprese fra 15.000 e 33.500 € annui; la quarta, ed ultima, fascia comprende quei cittadini benestanti, con redditi superiori a 33.500 € l’anno.

Reddito? No problem!

Iniziamo il nostro percorso guardando i nostri concittadini più fortunati, che arrivano a dichiarare imponibili superiori ai 33.500 euro.

Percentuale di dichiarazioni con reddito imponibile superiore a 33.500€ (periodo 2005-2010)

Percentuale di dichiarazioni con reddito imponibile superiore a 33.500€ (periodo 2005-2010)

Non c’è che dire, il dato sembra rincuorante perchè tutto in salita e, apparentemente, mostra che la crisi non ha fatto sfaceli. E’ pur vero che questo dato entusiasmante riguarda una percentuale minima dei cittadini canicattinesi, compresa fra il 6,7% del 2005 e il 9,3% del 2010, quindi meno di un decimo dei contribuenti, cresciuti complessivamente del 2,6% in 5 anni.

Quelli che… arrivano tranquilli a fine mese

La fascia di reddito compresa fra i 15.000 e i 33.500 euro annui rappresenta una fetta sensibile del contribuente canicattinese e, andando a spulciare i dati, il discorso si fa meno entusiasmante.

Percentuale di dichiarazioni con reddito imponibile compreso fra 15.000 e 33.500€ (periodo 2005-2010)

Percentuale di dichiarazioni con reddito imponibile compreso fra 15.000 e 33.500€ (periodo 2005-2010)

Il dato appare in crescita fino al 2007, poi subisce una flessione nel 2008 e torna a crescere. Complessivamente, si è passati da un segmento che valeva il 42,2% nel 2005 fino al 45,8% del 2010, con una crescita complessiva del 3,6%.

Chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese

Poi c’è chi un reddito ce l’ha, gli permette di vivere ma deve fare bene i conti.

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Percentuale di dichiarazioni con reddito imponibile compreso fra 7.500 e 15.000€ (periodo 2005-2010)

Questa fascia di reddito ha subito un costante tracollo nel periodo considerato, passando dal 40,7% del 2005 al 32,7% del 2010, con un decremento pari all’8% netto.

Parte di questi, magari sono riusciti a migliorare la propria condizione di reddito, una parte è legittimo pensare che abbia visto peggiorare le proprie condizioni.

Gli ultimi (che, probabilmente, non saranno mai primi)

Per descrivere questi cittadini, ho preferito non guardare alla percentuale ma al numero dei redditi, per trasformare un dato statistico in persone e stimolare la riflessione sulle condizioni di tanti nostri concittadini.

Numero di dichiarazioni dei redditi inferiori a 7.500€ annui (periodo 2005-2010)

Numero di dichiarazioni dei redditi inferiori a 7.500€ annui (periodo 2005-2010)

I numeri, relativamente bassi, del 2005 e 2006, hanno iniziato la loro impennata già nel 2007 e sono arrivati a picchi di drammaticità nel 2008 e 2009, dove c’erano ben 343 lavoratori che non riuscivano a superare redditi di 7.500 euro in un anno; la situazione nel 2010 è leggermente migliorata, ma rimaniamo in una situazione che, dal 2005 al 2010, ha visto crescere il peso di questi cittadini nel reddito globale dal 10,4% fino al 12%, con picchi del 12,6% nel 2008.

I conti della serva

Nel periodo analizzato, abbiamo visto come la porzione economicamente tranquilla dei lavoratori canicattinesi (dai 15.000 € in su) sia cresciuta, nel complesso del 6,2%, mentre la componente più povera (sotto i 7.500 €) è cresciuta dell’1,6%. Sommando i due valori, otteniamo un 7,8% che assomiglia a quell’8% di calo nella fascia medio bassa.

Che vuol dire tutto ciò?

Che dal 2007 assistiamo ad un processo, ancora agli inizi ma che è lecito credere che si accentuerà, in cui la forbice che separa i ceti deboli canicattinesi da quelli più agiati si sta allargando, aprendo un baratro in cui rischiano di essere inghiottite quelle famiglie che, pur con tanti sacrifici, finora sono riuscite a sbarcare il lunario.

Mentre i ceti più stabili (parlare di ceti ricchi mi sembra un’esagerazione) appaiono più preparati ad affrontare questi momenti duri, le fasce più deboli della società canicattinese (che costituiscono circa la metà del reddito complessivo) tendono ad indebolirsi ulteriormente, rischiando così di travolgere l’intera economia comunale. Meno reddito, infatti, vuol dire meno disponibilità al consumo e l’economia canicattinese non può trascurare l’apporto alla circolazione monetaria di quella metà di popolazione che produce redditi sempre più bassi.

Come se ne esce?

La campagna elettorale è finita e non ambisco a cariche di governo, quindi non è il caso che mi metta a fare promesse roboanti. E’ anche vero che non sono nè un fine economista, nè uno che ne sa più degli altri, quindi una ricetta che possa salvare la situazione non ce l’ho.

Però un’idea di fondo posso abbozzarla: in questo momento, l’unione può fare davvero la forza. Bisogna smetterla di pensare a livello comunale ed allargare la prospettiva ai comuni limitrofi (penso a quelli della zona montana ma anche a Floridia, Solarino, Avola e Noto), cercando di costituirci in una sorta di metropoli con i quartieri molto distanti, ma che si muovano in armonia per sviluppare un piano comune di offerta turistica, che possa fungere da polo complementare a quello attrattivo costituito da Siracusa. Rinforzando la rete museale, l’offerta di intrattenimento (e quindi coordinare gli eventi estivi, affinchè chi arriva per il festival jazz possa mettere in cantiere il Med Fest e rimanere qualche giorno di più), l’organizzazione dei traporti (lasciando un ruolo marginale al servizio pubblico e cercando aiuto nei privati, con auto, pulmini e minibus) e confezionando un pacchetto turistico complessivo da pubblicizzare mediaticamente e da convenzionare con i maggiori tour operator, facendo così fruttare il nostro patrimonio artistico, culturale e naturalistico.

Riuscire ad attrarre moneta dall’esterno può portare ad un’inversione di tendenza e limitare il fenomeno migratorio che oggi, come agli inizi del ’900, costringe molti di noi a guardare altrove in cerca di prospettive future.

Altrimenti, rischiamo di essere tutti sulla stessa barca, il cui nome rischia di essere Titanic.

Andrea Uccello

 


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