Andiamo per gradi: se cercate su google italia “Italiani a Madrid” il nostro blog esce là, in ottava posizione, dopo il Consolato e un sito di informazioni per i nuovi emigranti. La stessa ricerca avrà fatto la redazione di Ballarò, cercando appoggio logistico ed informativo in zona, inviandomi così una mail. Fa piacere. Perchè non dirlo.
Mi sono quindi attivato alla ricerca di un “italiano tipico” da far intervistare e mi sono presentato con la mia macchina fotografica nel luogo prescelto, proprio di fronte al mio ex posto di lavoro, il Com.It.Es. di Madrid.
Chiaccherando in seguito con Marzia Maglio, la giornalista in missione, ho scoperto la linea del reportage: nel Belpaese si parla tanto di crisi spagnola, ma si sta veramente peggio che in Italia? Zapatero è spesso citato dai politici italici di centro-destra e definito il Che Guevara della sinistra italiana, che con il primo condivide la fine (“Lo osannavate tanto ed ora guardate come sta la Spagna, con il 20% di disoccupazione!!“).
Ora, non dirò certo che in Spagna si stia meglio dell’Italia, qui stiamo vivendo una crisi fortissima della quale non si vede ancora minimamente la fine, ma credo fortemente che la Spagna sia ancora un bel posto dove vivere, un bel posto dove iniziare.
Nonostante la nuova riforma del lavoro che ha dato alle aziende spagnole una grande boccata d’aria, snellendo il licenziamento e abbassando (parliamo del 50%) la liquidazione, i famosi contratti spazzatura che tanto fioriscono in Italia sono qui ancora molto meno diffusi che nel Belpaese. In Spagna è inoltre veramente più difficile evadere le tasse, hacienda (il ministero delle finanze) entra direttamente nel tuo conto in banca e ti chiede spiegazioni su eventuali versamenti periodici non dichiarati. A marzo ti arriva per posta il tuo bel 740 già precompilato, non si scappa.
Appartengo all’infornata di Scienze della Comunicazione, quella laurea definita “inutile” dal Ministro Gelmini ma che ha fatto la salvezza dell’Italia. Riflettiamoci: centinaia di migliaia di neolaureati convinti che la strada obbligata per il lavoro passi per anni ed anni di stage malpagati, lavori in nero, contratti di collaborazione a tempo definito ma che si rivelano in realtà a tempo indeterminato. Senza questo popolo di stagisti non pagati l’economia italiana starebbe senz’altro peggio.
Gli spagnoli inoltre sono ben coscienti della crisi economica che stiamo attraversando e delle difficoltà che dovremmo superare prima di rivedere la Spagna di 5 anni fa ma non hanno per questo cambiato atteggiamento: li vedi sempre sorridenti (tranne quando perde il Real) riempire bar e cinema, teatri e musei. Tutti stanno facendo il loro sforzo per uscire dalla crisi il prima possibile e questa sensazione trasmette fermezza e sicurezza e non fa perdere l’allegria spagnola. Furbo, in Spagna, si dice listillo, ed ha una pessima connotazione: se sei furbo non sei un esempio da seguire. E questo, della Spagna, è un aspetto che adoro.
Concludendo: in Spagna non si sta meglio che in Italia ma almeno si ha la sensazione contraria. Tutti i servizi funzionano, il mercato del lavoro offre ancora maggiori diritti e facilita l’inserimento dei giovani, la gente si sforza per trovare una soluzione, e tutti assieme. Se mi chiedessero: “Conviene venire a lavorare a Madrid?” Risponderei, senza esitare: “Vieni, impari lo spagnolo e, male che vada, avrai qualcosa da raccontare ai tuoi figli”. Tanto, per un ragazzo, peggio che in Italia…