E' un periodo intenso e convulso: non sempre cucinare tutti i giorni e tutto il giorno testando prodotti, ingredienti, tempi, tecniche è il massimo della serenità. C'è sempre una specie di ansia da prestazione che alle volte riesce a togliere la poesia e la bellezza che, secondo me, esiste in ogni ingrediente, in ogni manipolazione, in ogni piatto. Non per niente ho sempre considerato la cucina la mia personalissima maieutica.
Vi dicevo nuovi prodotti da provare e anche nuove collaborazioni, come quella con Emile Henry, che mi porterà in giro a cucinare per questa azienda e delle cui collezioni vi racconterò più dettagliatamente fra qualche post. In questi giorni invece avevo voglia di provare le tagliatelle di Luciana Mosconi, dalla quale sono stata contattata qualche tempo fa. E' una pasta all'uovo che mi piaciuta come mi è piaciuta moltissimo la storia che sta alla base di questa azienda e che presto spero di poter visitare.
Ma come si possono cucinare le tagliatelle? E' un piatto della tradizione e quindi le ho provate con il classico ragù, quello napoletano che si inizia a preparare alle 6 della domenica mattina; poi ho preparato anche un ragù vegetariano ed un tipico ragù di corte padovana, con l'anatra, il coniglio e qualche frattaglia. Ma testata la bontà del prodotto bisognava inventarsi qualcosa di nuovo. E così me ne sono andata in giro per le cucine del mondo, un viaggo che amo fare e che ha il potere davvero di rasserenarmi e di rilassarmi, come un breve ma intenso viaggio di piacere.
Per cui oggi vi porto nel mio amato Ghetto di Venezia, con una ricetta dolce, la Frittata di tagliatelle, piatto tipico della tradizione ashkenazita, chiamato anche "kugel" di tagliatelle: kugel in tedesco significa "sfera, palla" e il nome Yiddish si è originato secondo un riferimento alla rotondità che avevano i piatti.
Un elemento tipico della cucina ebraica è la contaminazione, dovuta anche alla diapsora di questo popolo e all'usanza di frequentare le Comunità presenti in Italia e in Europa, dove ci si recava con tutta la famiglia e dove si trovava sempre accoglienza. Di questo piatto infatti si trovano anche varianti tedesche, polacche, ucraine, ungheresi e naturalmente italiane.
La frittata di tagliatelle ha due versioni: salata, con l'aggiunta di verdure, biete e anche pesce, e dolce, dove l'uvetta sultanina e la cannella sono gli ingredienti principe ed immancabili. E' un piatto quindi che può essere servito come piatto unico o come dessert e lo si trova nelle tavole del Sukkot, del Shavuot ma anche a Shabbat.
A Venezia, attorno alla metà del '500, non c'era casa ebraica che fosse sprovvista di "maccaroni di Puglia" cioè di "tagliolini, vermicelli e maccaroni secchi e stagionati" e nelle botteghe del Ghetto si vendevano "lasagne, lasagnie et custole bonissime". A portare il gusto per le paste secche agli ebrei di Colonia, Norimberga, Ratisbona e Costanza, divenuti veneti e lombardi, erano stati probabilmente gli ebrei della Sicilia e dell'Italia meridionale che frequentavano la celebre accademia talmudica ashkenazita di Treviso (cit. Toaff, 2000:91, Cucina del Ghetto).
Sempre durante questo periodo storico fu pubblicato un piccolo prontuario, rivolto alle donne, dove venivano riportati i diversi tipi di pasta fresca e ripiena e dove si sottolineavano gli usi delle comunità presenti a Pavia, Cremona, Padova e Verona nelle quali la donna di casa doveva essere davvero esperta nella preparazione di tagliatelle e maccheroni, pasticci ed altre paste ripiene.
La cucina delle donne per le donne.
Frittata di tagliatelle con noci e
cannella