Mi inchino ammirato alla perfidia del governo, che finanzia i teatri lirici aumentando il prezzo della benzina. Gli intellettuali ostili non hanno sempre detto che la cultura è il nostro petrolio? E allora si tassi il petrolio degli altri per poter continuare ad attingere a quello metaforico, prodotto dalle viscere della storia patria. «Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare», ha suonato il flauto Gianni Letta. Ma basta una passeggiata sul web per accorgersi che gli italiani non sono lieti per niente. Sono esterrefatti, me compreso, per la faccia tosta della politica, che chiede sempre «sacrifici» e mai ne fa. Che mette le mani nelle tasche degli italiani, ma si guarda bene dallo svuotare le proprie. I 236 milioni destinati a cultura e spettacolo (una miseria per un Paese che a cultura e spettacolo affida quel poco che resta della sua immagine nel mondo) era davvero indispensabile spillarli ai nostri carburatori?
L’accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative di maggio avrebbe permesso, da solo, di recuperare ampiamente il maltolto. Aggiungerei al conto le auto blu e le scorte di statisti del calibro di Scilipoti. Per carità di Patria eviterò di ricordare quanto ci costi il volo di ogni Tornado sopra la Libia in fiamme (32 mila euro all’ora, comunque). Ecco, qualche testa fina starà già pensando: perché sprecare tutti quei soldi per la cultura quando ce n’è così bisogno per i bombardamenti? Che la tassa sul petrolio vada a finanziare la guerra del petrolio: resterebbe uno scippo, ma almeno uno scippo coerente.
MASSIMO GRAMELLINI